martedì 5 maggio 2020

Consiglio di Stato su AIA impianti rifiuti: conformità urbanistica e industrie insalubri


Interessante sentenza del Consiglio di Stato ( 2733/2020QUI) che affronta l’appello proposto da un Comune con il sostegno di una associazione di cittadini locali per la riforma della sentenza del TAR competente che aveva respinto il ricorso contro il rilascio dell’AIA  per il trattamento di rifiuti pericolosi in un impianto esistente.
La sentenza pur dando ragione alla Regione che aveva rilasciato l’AIA affronta alcune tematiche rilevanti della procedura di AIA e in generale delle autorizzazioni ordinarie ad impianti di rifiuti:
1. conformità urbanistica e AIA
2. ricollocazione industrie insalubri ed AIA
3. poteri in materia di salute pubblica dei Comuni.

Vediamo come…


La sentenza pur dando torto a chi contestava l’AIA fornisce indirettamente una interpretazione interessante per come  il processo/procedimento di AIA debba essere rilasciato e come si possa contestare, sotto il profilo della legittimità, un provvedimento di AIA rispetto alle tre questioni sopra elencate.



I MOTIVI PRINCIPALI DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Relativamente alla conformità urbanistica
Il Consiglio di Stato afferma che la contestazione del Comune sulla parziale non conformità urbanistica dell’impianto e del nuovo ampliamento soggetto ad AIA non è fondata perché l’impianto è esistente è stato autorizzato da anni senza alcuna contestazione del Comune anzi lo stesso aveva rilasciato autorizzazioni edilizie in proposito addirittura anche in sanatoria. In sostanza, secondo il Consiglio di Stato ,  il Comune si è opposto solo con l’avvio della procedura di A.I.A. senza farsi carico in precedenza, sia nell’attività di gestione degli aspetti edilizi dell’area, sia in fase di pianificazione urbanistica, delle questioni problematiche, conseguenti alla vicinanza dell’impianto a strutture “sensibili”.


Relativamente alle contestazioni ambientali e sanitarie del progetto di ampliamento dell’impianto esistente
Il Comune secondo il Consiglio di Stato si è limitato a contestare il rilascio dell’AIA solo con riferimento agli aspetti urbanistici. Peraltro secondo il Consiglio di Stato:
il Comune non è Amministrazione specificamente preposta – con poteri aventi portata ‘prevalente’ - alla tutela di interessi paesistico - ambientali o della salute (con possibile devoluzione del caso alla Presidenza del Consiglio).”.


Relativamente alla localizzazione delle industrie insalubri
Il Comune aveva dichiarato nel suo appello volontà dell’ente di delocalizzare dal centro abitato le industrie insalubri e pericolose come l’impianto in questione. Secondo il Consiglio di Stato: “l’asserita intenzione del Comune di delocalizzare l’impianto non è stata suffragata dall’indicazione delle nuove aree, circostanza che avrebbe potuto portare al rilascio di un’A.I.A. provvisoria, efficace fino alla delocalizzazione.”.  



ANNOTAZIONI CONCLUSIVE ALLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Relativamente alla conformità urbanistica
La contestazione del Consiglio di Stato al Comune di non avere mai in precedenza all’AIA da ultimo rilasciata, sollevato la questione di non conformità urbanistica dell’impianto di rifiuti esistente da anni dimostra come il Comune, se lo esercita nei tempi giusti da un punto di vista amministrativo, mantiene il diritto di pianificare anticipatamente le destinazioni d’uso del proprio territorio.
Non solo ma relativamente al riferimento che il Consiglio di Stato fa alla efficacia di variante urbanistica della autorizzazione (sia AIA che autorizzazione unica a seconda del tipo di impianto e delle sue dimensioni) occorre ricordare come una recente sentenza sempre del Consiglio di Stato su un altro caso dove si afferma la non automaticità della autorizzazione (AIA o autorizzazione unica ex articolo 208 dlgs 152/2006) se non dopo approfondita valutazione in conferenza dei servizi, quindi conclude il Consiglio di Stato con sentenza n° 4734 del 2019 : “la norma che attribuisce valenza di variante urbanistica agli atti di approvazione dei progetti di realizzazione/ampliamento di discariche quando l’ente competente approva il progetto, non possa certo essere interpretata nel senso che un progetto debba essere approvato necessariamente”; (per un approfondimento vedi QUI), ovviamente il Comune non potrà limitarsi ad un no generico in conferenza dei servizi ma motivare con: “un’indagine in concreto sulla situazione infrastrutturale della zona piuttosto che essere “astrattamente ricondotte alla destinazione urbanistica dell'area.”.  Principi riaffermati anche con la sentenza del Consiglio di Stato n° 2724 del 2020 (QUI) secondo la quale l’effetto di variante automatica alla pianificazione urbanistica comunale da parte della autorizzazione (nel caso la autorizzazione unica per impianti da fonti rinnovabili e assimilate): “non comporta deroga al riparto di competenze e, segnatamente, alle competenze dei Comuni nel governo del territorio necessariamente coinvolti, invece, nella conferenza di servizi e tenuti in detta sede ad esercitare le prerogative di tutela dell’ordinato assetto urbanistico (e, in generale, degli interessi della comunità di riferimento), senza, però, che ne possa per ciò solo venire paralizzata l’azione amministrativa, nel caso, come quello qui esaminato, in cui il Comune opponga ragioni di impedimento superabili dall’Autorità procedente.” 
Insomma nessun automatismo, affermano le sentenze sia quella esaminata in questo post che quelle precedenti, della autorizzazione sulla pianificazione urbanistica ma la partita si svolge in sede istruttoria di Conferenza dei Servizi dove il Comune se in grado potrà dimostrare la non applicabilità della variante ex lege al caso specifico.


Relativamente alle contestazioni ambientali e sanitarie del progetto di ampliamento dell’impianto esistente
Il Consiglio di Stato afferma la presunta non competenza del Comune in materia sanitaria. In realtà sul punto occorre fare chiarezza. Sicuramente nel caso della sentenza qui esaminata il Comune avendo fondato il suo no al progetto di ampliamento dell’impianto esistente solo sulla sua non conformità urbanistica non ha utilizzato fino in fondo le sue competenze sia istruttorie che procedurali in materia sanitaria. In realtà anche sotto il profilo procedurale, nel caso della sentenza in esame, il Sindaco avrebbe potuto esercitare una funzione proprio di prevenzione sanitaria esplicitamente prevista dal DLgs 152/2006 al comma 6 articolo 29-quater che recita: “6. Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265…”. Peccato che nel caso in esame il Sindaco del Comune interessato non abbia esercitato tale funzioni perdendo la possibilità di presentare motivazioni, anche sotto il profilo procedurale oltre che istruttorio, sicuramente più forti per contestare l’AIA rilasciata. Sul punto rinvio a quando analizzato approfonditamente da ultimo QUI.
Non solo ma rispetto a quanto affermato dal Consiglio di Stato in relazione alla possibilità che il Comune in caso di contestazione delle conclusioni della Conferenza dei servizi devolga la questione al Presidente del Consiglio dei Ministri si veda la sentenza del Consiglio di Stato (n° 983 del 2019 - QUI) dove si conferma il diniego di rilascio di un AIA per un impianto di gestione di rifiuti pericolosi e non per mancata valutazione nella istruttoria del parametro salute. Ma in questo caso il Comune e l’ASL avevano esercitato la funzione sopra citata ex comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006. Invece nella nuova sentenza qui esaminata il Comune non aveva svolto fino in fondo questa istruttoria non fornendo quindi adeguate motivazioni per ottenere dal Consiglio di Stato  l’accoglimento dell’appello a riformare la sentenza del TAR.


Relativamente alla localizzazione delle industrie insalubri
Il Consiglio di Stato nella sentenza qui esaminata afferma che il Comune non ha mai dimostrato con istruttorie precise e relativi atti che le concludessero di voler individuare nuove aree per le industrie insalubri. Anche qui si conferma come il Comune mantenga potere decisionale nel pianificare le industrie insalubri a condizione che lo eserciti  nel merito e non solo con generiche dichiarazioni politiche. Per capire meglio cosa si intenda esercitare tale potere (come confermato da univoca giurisprudenza del Consiglio di Stato) si veda quanto approfondito QUI.


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