La sentenza della Corte Costituzionale n° 71/2020 (QUI) ha per oggetto la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla magistratura ordinaria, su una norma regionale che fa cessare i diritti di uso civico quando insistano sulle aree di sviluppo industriale.
RAPPORTO TRA
TUTELA PAESAGGISTICA E USI CIVICI
Secondo la sentenza
della Corte Costituzionale 71/2020 (esaminata nelle note che seguono) la tutela
paesistico-ambientale incorpora la salvaguardia del regime dei beni d'uso
civico ed è consustanziale alla seconda, sicché l'esercizio di quest'ultima
deve operare in assoluta sinergia con la tutela paesistico-ambientale.
DIRITTI
DOMINICALI SULLE TERRE CIVICHE: COMPETENZA STATALE
Aggiunge la Corte che sia dopo la riforma del
titolo V della Costituzione ma anche precedentemente è da escludere che il
regime civilistico dei beni civici sia mai passato nella sfera di competenza
delle Regioni. Infatti, la materia "agricoltura e foreste" di cui al
previgente art. 117 Cost., che giustificava il trasferimento delle funzioni
amministrative alle Regioni e l'inserimento degli usi civici nei relativi
statuti, mai avrebbe potuto comprendere la disciplina della titolarità e
dell'esercizio di diritti dominicali sulle terre civiche, come affermato dalla sentenza
Corte Costituzionale n. 113 del 2018 [NOTA1].
PIANIFICAZIONE
PAEAGGISTICA PROPEDEUTICA ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Peraltro, già l'ordinanza della Corte Costituzionale n. 316 del 1998 di
questa Corte aveva chiarito inequivocabilmente che - nell'ambito della
pianificazione del territorio - la valutazione dell'autorità preposta al
vincolo è propedeutica alla pianificazione urbanistica.
In definitiva - quando si verte in tema di pianificazione
paesistico-ambientale e dell'assetto del territorio - l'eventuale
coinvolgimento di assetti fondiari collettivi deve prioritariamente passare
attraverso un rigoroso esame di compatibilità con le esigenze di natura
paesistico-ambientale di competenza statale e con i concreti interessi della
collettività locale che ne è titolare.
L'eventuale coinvolgimento di assetti fondiari
collettivi nella pianificazione urbanistica deve prioritariamente passare
attraverso un rigoroso esame di compatibilità con le esigenze di natura
paesistico-ambientale di competenza statale e con i concreti interessi della
collettività locale che ne è titolare.
CATEGORIA
BENI CIVICI ASSORBITI DAL VINCOLO PAESAGGISTICO AMBIENTALE
Nel vigente quadro normativo la previa assegnazione
a categoria dei beni civici non è più necessaria, in quanto il vincolo
paesaggistico-ambientale è già perfetto e svolge pienamente i suoi effetti a
prescindere da tale operazione, la quale - a sua volta - non è più funzionale
agli scopi colturali, come un tempo configurati, e neppure coerente col
medesimo vincolo paesistico-ambientale. Infatti, l'assegnazione a categoria era
funzionale alla quotizzazione dei terreni coltivabili, il cui fisiologico esito
era l'affrancazione (previo accertamento delle migliorie colturali), cioè la
trasformazione del demanio in allodio, oggi incompatibile con la conservazione
ambientale. È stato in proposito affermato che "la linea di congiunzione
tra le norme risalenti e quelle più recenti, che hanno incluso gli usi civici
nella materia paesaggistica ed ambientale, va rintracciata proprio nella
pianificazione: ai piani economici di sviluppo per i patrimoni silvo-pastorali
di cui all'art. 12 della legge n. 1766 del 1927 vengono oggi ad aggiungersi ed
a sovrapporsi i piani paesaggistici di cui all'art. 143 del d.lgs. n 42 del
2004. La pianificazione prevista da questi ultimi - a differenza del passato -
riguarda l'intero patrimonio dei beni civici e non più solo i terreni
identificati dall'art. 11 della legge n.1766 del 1927 con la categoria a
('terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo
permanente')" (sentenze Corte Costituzionale: n. 103 del 2017 - n. 113 del 2018).
IL
SUPERAMENTO DELLA CATEGORIZZAZIONE DEI BENI CIVICI DEVE COMUNQUE RISPETTARE LA
PANIFICAZIONE PAESAGGISTICA
Venuta meno l'assegnazione a categoria, non sono
stati però travolti gli istituti della verifica demaniale e della
pianificazione (oggi quella paesistico-ambientale subentrata al piano
agro-silvo-pastorale), i quali, alle molteplici funzioni di carattere generale,
aggiungono anche quelle di presupposto necessario delle ipotesi di variazione
del patrimonio civico. Queste ultime sono ben possibili, come detto, nel
perimetro consentito dalla legge statale.
In
definitiva, la norma regionale censurata si pone in contrasto con
il precetto di cui all'art. 9 Cost. (tutela del paesaggio) e invade la
competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell'ordinamento
civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e ne va, di
conseguenza, dichiarata l'illegittimità.
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