domenica 3 maggio 2020

La Corte Costituzionale su proroga attività cava in area Parco e normativa sulla biodiversità

La Corte Costituzionale con sentenza n° 31 del 2020 (QUI) ha giudicato la costituzionalità di una norma regionale relativa alla continuazione di attività di cava in area Parco.
L’articolo della legge regionale impugnato dallo Stato prevede che all’interno del Parco regionale possano essere autorizzate, anche a titolo di sperimentazione operativa, attività di cava per l’estrazione di trachite [NOTA 1], in deroga alle limitazioni contenute nel piano ambientale e nel Progetto Tematico Cave.

 
Perché l’attività in questione venga autorizzata occorre, tuttavia, che i relativi progetti di estrazione...
a) siano caratterizzati da un alto contenuto innovativo, da dimostrare con uno studio di fattibilità sperimentale, dal quale emerga un’effettiva drastica riduzione degli impatti paesaggistici ed ambientali rispetto a quelli derivanti dalle coltivazioni condotte con le usuali tecniche normalmente adottate per l’estrazione della trachite;
b) vengano inoltre sottoposti con esito favorevole a procedura di valutazione di impatto ambientale;
c) l’intervento proposto deve configurarsi come modifica e/o ampliamento di cave in attività alla data di emanazione del D.M. 17 ottobre 2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)” e sul progetto si esprimano favorevolmente il Comune territorialmente interessato e l’Ente Parco Colli Euganei.



La Corte Costituzionale dichiara la costituzionalità di detta norma regionale
Afferma la Corte che con la riforma del Titolo V della Costituzione, la mancata menzione della materia «cave e torbiere» nel nuovo testo dell’art. 117 Cost., ha portato alla riconduzione della stessa – più volte affermata da questa Corte – alla competenza residuale delle Regioni (ex plurimis, da ultimo, la sentenza n. 176 del 2018). Se la disciplina dell’attività di cava, dunque, può essere regolata dalle Regioni, resta, tuttavia, salvo il necessario rispetto degli standard ambientali fissati dalle leggi statali: secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente si deve “confrontare con la competenza regionale in materia di cave, senza che ciò, però, possa importare alcuna deroga rispetto a quanto già affermato da questa Corte in ordine ai principi che governano la tutela dell’ambiente” (sentenze n. 66 del 2018, n. 210 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 199 del 2014 e n. 246 del 2013).
Su questo versante va in primo luogo evidenziato che, ai sensi di quanto previsto dalla legge 29 novembre 1971, n. 1097 (Norme per la tutela delle bellezze naturali ed ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei), nel territorio dei Colli Euganei è stata vietata sia l’apertura di nuove cave e miniere, sia la ripresa di esercizio di cave e miniere in stato di inattività alla data del 1° ottobre 1970, con l’eccezione delle concessioni minerarie da sfruttare mediante perforazione di pozzi (art. 1, commi 1 e 2).
In particolare, secondo l’art. 2, comma 1, della citata legge statale, «le cave e le miniere di materiale da riporto e quelle che forniscono pietrame trachitico, liparitico e calcareo e pietrisco basaltico, trachitico, liparitico e calcareo», devono aver concluso «ogni attività entro il termine perentorio del 31 marzo 1972». Per contro, la «coltivazione e l’esercizio delle altre cave e miniere», in attività alla data di entrata in vigore della citata legge, sono state disciplinate dal successivo art. 3, «salvo che per le miniere il cui sfruttamento avviene mediante perforazione di pozzi, per le quali nulla è innovato» (art. 2, comma 2).
In tali ultimi casi, la continuazione delle attività estrattive, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 1, è subordinata all’approvazione di un apposito progetto di coltivazione da parte del soprintendente ai monumenti, competenza oggi spettante alla Regione.
Il dato normativo statale sopra riferito legittima dunque la continuazione dell’attività di estrazione afferente la trachite limitatamente ai soli casi in cui lo sfruttamento avviene tramite la perforazione di pozzi, risultando la stessa altrimenti vietata dal 31 marzo 1972. Ed in questa cornice di riferimento rientra la disposizione censurata, che nella sua premessa fa esplicito riferimento «alle attività di cava consentite della legge 29 novembre 1971, n. 1097» all’interno del Parco regionale dei Colli Euganei.

Riguardo al rispetto della normativa sulla biodiversità citata sempre dal ricorso statale la disposizione regionale censurata, nel definire il perimetro della possibile attività di estrazione della trachite all’interno del Parco dei Colli Euganei, non incorre nel vizio di illegittimità costituzionale prospettato con il ricorso; ciò, proprio grazie al tenore della previsione contenuta nella lettera c) dell’articolo impugnato, sul quale, invece, si appunta la censura del ricorrente. Detta disposizione, infatti, contiene, come già evidenziato, un esplicito e decisivo richiamo alla fonte statale competente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., tale da permettere un puntuale allineamento della disciplina regionale alle indicazioni della normativa statale di riferimento che è il D.M. 17 ottobre 2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)”.
Aggiunge sul punto la Corte Costituzionale che se è ben vero, come lamenta la difesa dello Stato, che la norma impugnata, nel suo tenore letterale, non riporta testualmente i criteri delimitativi contenuti in detta fonte statale, ma si limita ad un generico riferimento ai siti attivi alla data di emanazione di quest’ultima. Ciò tuttavia non cancella i confini tracciati dalla norma statale richiamata e che possano dunque favorire il rilascio di autorizzazioni per progetti inerenti a siti diversi da quelli previsti in strumenti di pianificazione vigenti alla data di emanazione del d.m. 17 ottobre 2007 o comunque approvati nel periodo di transizione considerato dallo stesso decreto. Del resto, che la norma regionale censurata sia volta ad assentire unicamente l’implementazione, all’interno del Parco dei Colli Euganei, solo dei siti in attività, dedicati all’estrazione di trachite, considerati dai piani generali e di settore vigenti o comunque approvati nell’arco temporale dettato dall’art. 5, lettera n), del decreto ministeriale più volte citato, è valutazione interpretativa che trova una conferma decisiva nello stesso tenore testuale del primo capoverso dell’art. 32 impugnato, laddove prevede espressamente che l’autorizzazione dell’attività di cava per l’estrazione della trachite possa operare in deroga ai limiti imposti «nel piano ambientale e nel Progetto Tematico Cave». Il richiamo ai piani in questione consente di ritenere palese l’intenzione del legislatore regionale di delimitare l’operatività della norma ai soli siti considerati dai detti piani di settore certamente rispettosi, per quanto già evidenziato, del parametro statale interposto, così da tracciare il confine ultimo dell’attività di estrazione della trachite all’interno del territorio del Parco dei Colli Euganei.



[NOTA 1] La trachite (dal greco τραχύς, “dalla superficie ruvida”) è una roccia magmatica effusiva, attualmente dopo estrazione e apposita lavorazione è destinata alla finitura di spazi interni, alla pavimentazione di piazze o a diventare sassi da scogliera.


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