Ieri
c'è stato in Commissione Consiliare del Comune di Spezia l'audizione delle
associazioni e comitati di cittadini che criticano il progetto dei nuovi
palazzoni nella zona limitrofa al Parco urbano della Maggiolina. I noti
giuristi che abbondano nella maggioranza che governa il Comune si sono lanciati
in affermazioni tipo:
1.
il progetto è coerente con gli indirizzi di riduzione del consumo del suolo
della legge regionale sulla rigenerazione urbana n° 23 del 2018 (QUI).
2.
comunque l'area privata quindi, ecco il fine giurista, "intervenire in
area privata è come voler scegliere i mobili in casa altrui”.
Non
sono fondate entrambe le tesi, la seconda è addirittura espressione di una
ignoranza “crassa” in materia di diritto urbanistico.
Vediamo perché…
SULLA COERENZA DEL PROGETTO IN QUESTIONE CON LA LEGGE REGIONALE SULLA RIGENERAZIONE
URBANA
Come
è noto il progetto in questione è, secondo l’Amministrazione, attuativa della
legge regionale sulla rigenerazione urbana peraltro approvata da una
maggioranza dello stesso colore politico di quella che governa a Spezia.
La legge regionale ha come finalità: "...di favorire il miglioramento della qualità ambientale, paesaggistica, architettonica e sociale del tessuto edificato, individua la rigenerazione urbana quale alternativa strategica al consumo di nuovo suolo" (comma 1 articolo 1 legge regionale 23/2018).
E’ vero che l’articolo 3 della legge regionale 23/2018 permette, negli ambiti dover realizzare interventi di rigenerazione urbana, di mutare la destinazione urbanistica anche per usi residenziali ma questi devono consistere in: “a) residenza, comprensiva delle civili abitazioni, delle residenze in funzione della conduzione di attività rurali e delle residenze specialistiche per alloggi protetti per anziani, studenti, disabili, case famiglia e comunità civili, religiose, assistenziali, convitti, foresterie, alloggi di servizio per il personale di attività pubbliche, studi ed uffici professionali compatibili con la residenza, strutture ricettive all'interno di unità abitative ai sensi della vigente normativa regionale in materia di attività turistico-ricettive;” (combinato disposto lettera a) comma 1 articolo 3 legge regionale 23/2018 con lettera a) comma 1 articolo 13 legge regionale 16/2008).
È chiaro che il progetto per gli indici edificatori in aumento esponenziale rispetto all’esistente non solo costituisce una inevitabile variante urbanistica ma soprattutto cozza clamorosamente con quanto riportato dalla legge regionale 23/2018
IL CONSIGLIO
DI STATO CONFERMA LA NECESSITÀ DI COORDINARE I PROGETTI CON LA RATIO DELLA
LEGGE REGIONALE SULLA RIGENERAZIONE URBANA
Si tratta del Parere
espresso in Adunanza dal Consiglio di Stato n° 53 del 19 gennaio 2021 (QUI),
che decide il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica di alcuna
associazioni ambientaliste. Il Parere interviene sui rapporti tra questa
legge regionale e le norme ambientali.
Il Parere pur
respingendo le richieste di incostituzionalità di varie associazioni
ambientaliste conferma come qualsiasi progetto attuativo della legge regionale
dovrà rispettarne i principi come pure tutte le norme ambientali vigenti
interferenti con il progetto che non sono per nulla derogata da detta legge
regionale.
Conclude il Consiglio di Stato affermando che i progetti che si richiamano a questa legge regionale: “devono inscriversi nell’ambito della finalità fondamentale di riduzione del consumo di suolo enunciata dall’art. 1 della legge regionale in esame (l’art. 1 individua, nel comma 1, “la rigenerazione urbana quale alternativa strategica al consumo di nuovo suolo” e, nel comma 3, stabilisce che “La presente legge costituisce un elemento di attuazione del percorso previsto dalla Commissione Europea "Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse" (COM/2011/0571), per giungere entro il 2050 all'obiettivo di edificazione su nuove aree pari a zero”),…”
SUI POTERI URBANISTICI DEI COMUNI ANCHE IN AREE PRIVATE
Il Consiglio di
Stato (sentenza n° 135 del 5 gennaio 2021 QUI), al di
la del caso specifico oggetto della controversia, ricostruisce i principi
univoci della giurisprudenza amministrativa in materia di poteri pianificatori
dei Comuni. Ecco i principi:
1. le nuove scelte pianificatorie non possono essere
vincolate dalle precedenti destinazioni urbanistiche;
2. una convenzione di lottizzazione esistente non
esclude una nuova pianificazione;
3. la
pianificazione non regola solo lo sviluppo edilizio ma anche interessi pubblici
di rango costituzionale;
4. le
modifiche di destinazione urbanistica generali non richiedono motivazioni di
tipo puntuale;
5. la legittimità di successive scelte di destinazioni
urbanistiche per le stesse aree per addivenire al crescente riconoscimento
dell’esigenze di tutela del territorio urbano considerato risorsa definita e
scarsa, contenendone il consumo.
6. la
valenza ambientale e paesaggistica della pianificazione urbanistica comunale, considerato
che nella pianificazione urbanistica trovano spazio esigenze di
tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di
evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra
aree edificate e spazi liberi.
7. il criterio direttivo del Piano regolatore relativo
alla esclusione di nuove residenze e alla previsione di soli
ampliamenti e/o ristrutturazioni degli edifici esistenti, sulla base del
principio di riduzione del consumo del suolo costituisce una tipica
valutazione urbanistica e quindi rientra nella disciplina ordinaria del
territorio (Consiglio di Stato sentenza n.1949 del 16 aprile 2015 , per un
approfondimento vedi QUI) .
Mi pare che quanto sopra
sia sufficiente ad affermare che, se c’è la volontà politica e ovviamente
amministrativa, un Comune può fare qualcosa di più in area privata che decidere
“i mobili da collocarvi”!
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