Il
Consiglio di Stato è
nuovamente intervenuto sul rapporto tra pianificazione dell’uso del territorio
da parte di Comuni e principio di
riduzione del consumo suolo.
Di seguito una analisi dei principi affermati in questa nuova sentenza ( sentenza n.1949 del 16 aprile 2015 QUI) ...
OGGETTO E FASI DELLA CONTROVERSIA DECISA DALLA SENTENZA DEL
CONSIGLIO DI STATO
Oggetto
della sentenza è il Piano Regolatore
Generale Intercomunale (di seguito PRGI) dei Comuni di Lavarone, Luserna e
Folgaria, nel quale un’area viene classificata
come zona residenziale consolidata al’interno della quale è possibile
effettuare l’ampliamento di fabbricati esistenti, ma non nuove costruzioni.
Su
iniziativa privata si contestava questa scelta chiedendo invece di garantire
anche nuove edificazioni per nuovi residenti secondo la logica della espansione
edilizia quale volano dello sviluppo economico di un territorio.
Il
Comune respingeva la richiesta privata in quanto “in contrasto con i principi informatori del Piano in merito alle zone
edificabili a scopo turistico” .
Il
TAR confermava la scelta dei Comuni interessati e la parte privata appellava
questa sentenza al Consiglio di Stato
PRINCIPI AFFERMATI DAL PRGI
Il PRGI
afferma i seguenti principi e criteri direttivi per le scelte edilizie puntuali:
1. “ la prospettiva di disattendere la politica di consumo del territorio
attuata in passato con il favorire le seconde case, il cui tasso di occupazione
si è dimostrato molto modesto , mentre va invece privilegiato il disegno di
agevolare nella pianificazione le esigenze abitative della popolazione
residente , particolarmente favorendo il riutilizzo del patrimonio abitativo
esistente”.
2. la relazione illustrativa
del Piano prevede che, tra i criteri unitari di impostazione del PRGI, vi è
quello : “ c) di ridurre le previsioni
edificatorie al minimo indispensabile , con particolare riferimento alle
esigenze della popolazione residente ed alla necessità di consolidamento delle
recenti edificazioni”.
LE MOTIVAZIONI ALLA BASE DELLA
SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO CHE RIGETTA LA IMPUGNAZIONE DEL PRGI
1. le scelte urbanistiche
costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale e
censurabili unicamente per profili di abnormità, illogicità, e travisamento dei
fatti;
2. la scelta
di riduzione della edificazione di zone a vocazione residenziale e quindi
di concentrare lo sviluppo sulle residenze esistenti o comunque le prime case, rientra
nei poterei ordinari delle Amministrazioni Comunali preposte alla funzione di
pianificazione territoriale, all’interno del generale concetto di gestione del
territorio;
3. il criterio direttivo del
PRGI relativo alla esclusione di nuove
residenze e alla previsione di soli ampliamenti e/o ristrutturazioni degli edifici
esistenti, sulla base del principio di riduzione del consumo del suolo costituisce una tipica valutazione urbanistica
e quindi rientra nella disciplina
ordinaria del territorio;
4. la esclusione
di nuove costruzioni prevista dal PRGI, come conseguenza del punto 3, è quindi agganciata
a ragioni di esigenze di disciplina del territorio congrue e razionali;
parimenti non risulta dettata da ragioni di tipo soggettivo, quasi a mò di
discriminazione a danno dei non residenti, ma rispondente ad una esigenza di tipo logico, legata alla natura
del territorio, alla tipologia degli interventi richiesti per modellare lo
strumento di pianificazione alle varie esigenze dell’altopiano, ivi comprese
quelle di tipo economico, direttamente incidenti sullo sviluppo turistico
dell’intero territorio, come adeguatamente e significativamente posto in
rilievo nella documentazione allegata alle determinazioni di adozione e
approvazione del PRGI.
5. occorre convenire come lo strumento
urbanistico di che trattasi sia stato utilizzato da un lato al fine di definire
un preciso modello di sviluppo del territorio, attagliato alle caratteristiche
socio- economiche e urbanistiche del sito, e dall’altro lato al fine di
risolvere il problema abitativo dei cittadini residenti; e di queste scelte,
rimesse alla discrezionalità tecnico- amministrativa dell’Ente locale, nella
specie è stata data negli atti formativi dello strumento urbanistico adeguata
contezza.
Così conclude il Consiglio di Stato: “Ne
deriva che appare plausibile e logica, come condivisibilmente chiarito dal
primo giudice, la direttiva di “disattendere la politica di consumo del
territorio attuata in passato col fiorire delle seconde case il cui tasso di
occupazione si è dimostrato molto modesto, per converso valorizzando soluzioni
che favoriscono il radicamento”.
Si tratta di un indirizzo consolidato della giurisprudenza
del Consiglio di Stato (vedi QUI) , che già nel 2010 (sentenza n.2490) affermava: “la classificazione di un’area come destinata ad uso agricolo non
deve rispondere necessariamente all’esigenza di promuovere l’insediamento di
specifiche attività agricole, potendo trovare una siffatta destinazione la sua
ragion d’essere nella discrezionale volontà dell’amministrazione locale
preposta al governo del territorio di sottrarre parte del territorio comunale a
nuove edificazioni ( cfr questa Sezione n.2166/2010 ). Inoltre, la destinazione di piano regolatore a verde agricolo di
un’area può anche essere funzionale ad un uso non strettamente agricolo della
stessa , ma all’esigenza di conservazione dei valori naturalistici e di
contenimento del fenomeno di espansione dell’aggregato urbano e della
conseguente cementificazione, che tanto negativamente incide sugli assetti
complessivi del territorio . Di qui, allora, la non abnormità o irrazionalità della scelta di
classificare come agricola l’area in precedenza destinata a funzioni
commerciali.”
CONCLUSIONI
La
sentenza sopra descritta conferma i poteri e quindi l’autonomia decisionale dei
Comuni nel bloccare l’espansione
edilizia.
La conseguenza è che dare attuazione al principio di
riduzione del consumo del suolo come ancor di più del consumo zero, costituisce
una scelta politica senza alcun limite giuridico amministrativo, ovviamente se
le scelte sono frutto di adeguate e motivate istruttorie come affermato dal
Consiglio di Stato nella sentenza sopra esaminata.
Mi viene in mente proprio alla luce di quanto
sopra esposto una delle motivazioni con le quali il Comune di Brugnato
giustificava la variante al proprio Piano Urbanistico Comunale (PUC). Una delle
aree interessata dall’outlet era, nel vigente PUC, a destinazione agricola, ma
secondo il Comune di poteva variare perché non era utilizzata….. quando si dice
il territorio visto come un vuoto da riempiere e non come un sistema da
tutelare e valorizzare prima di tutto.
Nessun commento:
Posta un commento