Il TAR Lombardia con una interessante sentenza (per il testo completo
vedi QUI) ha chiarito come deve
funzionare la diffida ai gestori di installazioni che non rispettino le prescrizioni contenute
nella Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA).
La questione riguarda la
autorizzazione degli impianti maggiormente inquinanti, nella nostra Provincia
ad esempio: centrale enel, rigassificatore, discariche, impianto di trattamento
rifiuti di Saliceti e Boscalino, impianto di messa in riserva e recupero rifiuti pericolosi della ditta Ferdeghini.
COSA DICE LA NORMATIVA VIGENTE SULLA DIFFIDA
IN CASO DI VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI AIA
La disciplina dell’AIA prevede che in caso di violazione delle
prescrizioni in essa contenuta l’Autorità Competente al rilascio della stessa
avvio una procedura che può portare prima alla sospensione e poi alla revoca della
stessa AIA.
Il
nuovo comma 9 dell’articolo 29decies DLgs 152/2006 (come modificato dal DLgs
46/2014) prevede che in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie,
l'Autorità Competente (Ministero Ambiente o Provincia delegata dalla Regione)
procede:
a)
alla diffida, assegnando un termine ai gestori per adeguarsi;
b)
alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato,
nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due
volte all'anno;
c)
alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di
mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di
reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per
l'ambiente.
COSA CHIARISCE ULTERIORMENTE LA SENTENZA DEL
TAR LOMBARDIA
La sentenza respinge la richiesta di annullamento di un
atto di diffida di una Provincia che, sulla base del verbale di ispezione dei
carabinieri, ha imposto di rispettare le
prescrizioni dell’AIA nonché ulteriori misure di tutela ambientale. Le prescrizioni riguardavano la:
1. Rimozione di “un deposito incontrollato di rifiuti
provenienti da attività di demolizioni e costruzioni per una quantità di circa
100 mc, depositati ai limiti di proprietà lato ovest dell’azienda”,
2. il
riutilizzo di una quantità di circa
30.000 mc di polveri da abbattimento dei fumi, “con conseguente violazione dell’AIA perché le polveri non vengono
reintrodotte nel ciclo produttivo”.
L’azienda ricorrente
chiedeva l’annullamento in quanto la Provincia non avrebbe fatto precedere la
diffida da una comunicazione di avvio della fase di diffida.
Il TAR respinge il ricorso affermando i seguenti principi:
1. a fronte dell’accertata violazione
di una prescrizione della AIA (vedi nel caso specifico lo stoccaggio illecito
di rifiuti), l’adozione della diffida costituisce la misura minima adottabile,
sicché la diffida diventa atto obbligatorio e quindi vincolato e non ha alcun rilievo che sia preceduta da alcun preavviso, quindi ma
mancanza di detto preavviso non può, in ogni caso, determinare l’annullamento
dell’atto;
2. la diffida è il primo atto
della procedura di contestazione della violazione dei parametri massimi di
sostanze inquinanti, che cumula in sé anche la funzione di portare il
destinatario a conoscenza dell’apertura del procedimento;
3. non avrebbe alcun senso la comunicazione al
momento dell’effettuazione del sopralluogo, perché questo è atto autonomo della autorità
preposta ai controlli
4. è sufficiente che il sopralluogo sia effettuato
alla presenza dell’Amministratore unico e del Direttore e/o responsabile della
installazione, per garantire il contraddittorio tra le parti.
CONCLUSIONI
Nella nostra Provincia questi principi, soprattutto il primo, spesso non sono stati applicati dagli Enti Pubblici competenti o lo sono stati molto in ritardo rispetto ai riscontri delle violazioni delle prescrizioni AIA. Questo vale non solo
per impianti di cui ho già trattato (centrale enel QUI, impianto di saliceti e rigassificatore QUI) ma anche più recentemente per un impianto di recupero e stoccaggio rifiuti pericolosi (vedi QUI).
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