Il Consiglio di Stato, con sentenza n° 206 del 7 gennaio 2021 (QUI), è nuovamente
intervenuto sui limiti che i Comuni hanno nel regolamentare la localizzazione
delle antenne di telefonia mobile nel territorio di competenza.
La sentenza è interessante perché pur riaffermando principi noti (non
rimossi neppure dopo il recente decreto semplificazioni, QUI), ne prevede una
applicazione ad una casistica particolare relativa al regolamento oggetto della
sentenza.
AREE PRIORITARIE DOVE COLLOCARE LE ANTENNE SECONDO IL REGOLAMENTO COMUNALE
CONTESTATO
Cosa dice il regolamento comunale
Il
regolamento comunale all’articolo 3 prevede che l’istallazione degli impianti
debba avvenire in maniera prioritaria su aree di proprietà dell’amministrazione
comunale, su aree servite da viabilità, su aree inserite nelle componenti del
piano regolatore quali agro romano, infrastrutture per la mobilità e
tecnologiche, servizi pubblici livello urbano, verde pubblico, eccetera e
infine su aree immobili o impianti di proprietà o in possesso della pubblica
amministrazione, nonché che debba essere privilegiato l’accorpamento degli
impianti su strutture di supporto comuni in aree non densamente abitate, il
loro alloggiamento su strutture già esistenti, la localizzazione su immobili o
aree di proprietà comunale o su edifici che risultino essere i più alti fra
tutti quelli contigui.
Cosa dice la sentenza del Consiglio di Stato
Deve ritenersi
condivisibile la statuizione del primo giudice sull’art 3 del regolamento, in
quanto le prescrizioni ivi contenute sono riconducibili a criteri di
localizzazione e non a limiti generalizzati. Le aree individuate sono infatti
definite come preferenziali ed è espressamente previsto che le restanti aree
possano essere utilizzate in caso le prime “risultino impossibili, inidonee o
insufficienti a garantire la copertura dei servizi”. Inoltre per la specifica
localizzazione vengono indicati criteri “da privilegiare, se tecnicamente
possibile, e compatibilmente con gli obiettivi di minimizzazione
dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. Le previsioni
dell’art.3 quindi sono compatibili con i principi stabiliti dalla
giurisprudenza, che in questa sede devono essere confermati, e in particolare
quello per cui la disciplina regolamentare può stabilire anche divieti di
installazione su ampie aree purchè sia possibile la localizzazione in aree
alternative senza che ciò comporti difficoltà di funzionamento del servizio; è
compito dell’amministrazione, nel confronto con gli operatori, garantire la
corretta interpretazione, nei casi concreti, dei criteri stabiliti dall’art. 3.
DISTANZE DELLE ANTENNE DAI SITI SENSIBILI
SECONDO IL REGOLAMENTO COMUNALE CONTESTATO
Cosa dice il regolamento comunale
L’articolo 4 di detto piano afferma: “è
fatto divieto di installare impianti su siti sensibili quali ospedali, case di
cura e di riposo, scuole ed asili nido, oratori, orfanotrofi, parchi
gioco, ivi comprese le relative pertinenze, ad una distanza non inferiore
a 100 m. calcolati dal bordo del sistema radiante al perimetro esterno”.
Cosa dice la sentenza
del Consiglio di Stato
La
norma dell’articolo del regolamento si
presenta come un divieto generalizzato potenzialmente in grado di impedire la concreta
diffusione della rete sull’intero territorio comunale come affermato nella
relazione tecnica depositata agli atti, non specificamente contraddetta
dall’amministrazione. Il Comune avrebbe potuto indicare invece i siti sensibili
come luoghi in cui non procedere tendenzialmente alle installazioni salvo
comprovata necessità per mancanza di soluzioni alternative. Allo scopo sarebbe
stato sufficiente non inserire al quarto comma dell’articolo 3 le parole “con
l’obbligo del rispetto delle aree e siti di cui all’articolo 4 del presente
regolamento”. Inoltre, il calcolo della distanza a partire dal bordo del
sistema radiante al perimetro esterno, comprendendo anche le pertinenze dei
siti sensibili, appare, specie per gli effetti che può determinare in alcune
aree della città, come un ulteriore elemento di limitazione generalizzata.
RICOLLOCAZIONE
ANTENNE SITE IN AREE DI PREGIO STORICO ARCHITETTONICO E NATURALISTICO SECONDO
IL REGOLAMENTO CONTESTATO
Cosa dice il
regolamento comunale
L’articolo 7 del regolamento
prevede la delocalizzazione delle installazioni ricadenti nella città storica
ed in particolare nel centro storico patrimonio dell’Unesco.
Cosa dice la sentenza
del Consiglio di Stato
Per
quanto riguarda l’art. 7, occorre precisare che gli interventi posti in essere
dal Comune per garantire il rispetto dei limiti di esposizione fissati dalla
normativa vigente appare conforme alle competenze stabilite dalla legge. In tal
senso è legittimo che il regolamento preveda (art. 2 comma 2 lett. d) azioni di
riqualificazione “anche mediante interventi di rilocalizzazione degli
impianti”. La disposizione contestata deve essere interpretata in questo
ambito, laddove precisa che “la riduzione a conformità è un processo che deve
essere attuato ogni volta che venga riscontrato il superamento, con il
contributo di una o più sorgenti, dei limiti di esposizione, dei valori di
attenzione o degli obiettivi di qualità previsti dagli articoli 3 e 4 del DPCM
8 luglio 2003 (QUI),
dal disposto di cui alla legge n. 221 del 2012”. Il richiamo al particolare
contesto delle aree del centro storico si limita a indicare che di esso si
dovrà tenere conto nelle azioni di riqualificazione di cui all’articolo 2 del
regolamento “nei modi concordati anche con gli operatori” per la rimozione e
rilocalizzazione “degli impianti attualmente collocati in siti incompatibili
con i vincoli preesistenti”. Diversamente da quanto afferma l’appellante quindi
l’articolo 7 non prevede “la delocalizzazione delle installazioni ricadenti
nella città storica”, ma la considerazione anche di tale collocazione
nell’attuazione degli interventi di risanamento.
RISANAMENTO E
RICOLLOCAZIONE ANTENNE SECONDO IL REGOLAMENTO COMUNALE CONTESTATO
Cosa dice il regolamento comunale
L’articolo 7 del
regolamento prevede che il Comune possa promuovere interventi di risanamento
degli impianti e la loro rimozione e ricollocazione quando venga riscontrato il
superamento dei limiti di esposizione o la non conformità ai vincoli di
carattere paesaggistico ed ambientale.
Cosa dice la sentenza
del Consiglio di Stato
L’articolo
7 non attribuisce al Comune il potere di adottare piani di risanamento in
contrasto con la normativa statale che riserva tale potere alle regioni, ma
prevede che il comune possa promuovere “azioni di risanamento” proprio
nell’esercizio di quei compiti sussidiari previsti anche dalla legislazione
regionale che attribuiscono agli enti locali compiti di vigilanza e controllo,
come riconosciuto dalla stessa appellante.
RETROATTIVITÀ DELLE NORME DEL REGOLAMENTO COMUNALE CONTESTATO
Cosa dice il regolamento comunale
Gli articoli 4
e 10 del regolamento prevedono
l’applicazione e l’efficacia retroattiva della nuova disciplina.
Cosa dice la sentenza del Consiglio di
Stato
Per
quanto riguarda l’articolo 4 è condivisibile l’osservazione del primo giudice
secondo cui esso non configura l’imposizione di un vincolo di carattere
retroattivo dato che la ricollocazione deve essere preceduta dalla
individuazione e attivazione contestuale di un altro sito utile ai fini
dell’erogazione del servizio. Il punto di equilibrio che la stessa
giurisprudenza richiede per bilanciare le diverse esigenze di tutela degli
interessi in campo è ulteriormente rafforzato alla luce della necessaria
riforma dello stesso articolo 4 nella parte in cui prevede l’automatico divieto
di installare gli impianti a una distanza inferiore a 100 m. dai siti
sensibili; l’individuazione del sito alternativo, attraverso la cooperazione
tra i soggetti, diviene infatti elemento imprescindibile anche per
l’installazione dell’impianto e non solo per la sua eventuale delocalizzazione.
Quanto
all’articolo 10 si deve concordare con l’interpretazione fornita dal Tar in ordine
ad una lettura sistematica del regolamento secondo cui anche la norma
transitoria è funzionale al raggiungimento del contemperamento degli interessi
in gioco. Tuttavia, proprio in questa prospettiva appare illogica e
potenzialmente idonea a violare i principi invocati dall’appellante in materia
di autotutela o di revoca dei provvedimenti la formulazione regolamentare che
estende in modo generalizzato alla totalità degli atti pregressi il possibile
vaglio di illegittimità sopravvenuta. La censura proposta sull’articolo 10 deve
quindi essere accolta anche considerando che l’amministrazione deve procedere
alla rivisitazione delle autorizzazioni concesse in presenza del superamento
dei limiti di esposizione o di non conformità ai vincoli di carattere paesaggistico
ed ambientale da valutare caso per caso e comunque individuando idonee
soluzioni alternative. La questione dell’attribuzione delle relative spese e
degli eventuali indennizzi deve essere valutata in questo contesto tenendo
conto sia della responsabilità degli operatori nell’esercizio della loro
attività sia dell’affidamento maturato nel tempo.
CONFORMITÀ
DELLE NORME CHE PREVEDONO REGOLAMENTO E PIANI COMUNALI CON IL DIRITTO UE
La richiesta della società di telefonia mobile di rinvio alla Corte di Giustizia UE
La
società chiede rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione
Europea sul quesito concernente la compatibilità in particolare con la
direttiva quadro n. 2002/21/CE dell’articolo 8 della legge n. 36 del 2001 che
consentirebbe ai comuni di vietare con i propri regolamenti la localizzazione
degli impianti di telefonia mobile in maniera generica ed inderogabile in
prossimità dei siti sensibili.
La ordinanza
della Corte di Giustizia UE
Con ordinanza (QUI) del 16 gennaio 2020 (causa
C/368-19) la Corte di Giustizia ha già dichiarato manifestamente
irricevibile la domanda pregiudiziale avanzata a suo tempo dal Consiglio di
Stato. Per una analisi di questa decisione vedi QUI.
Il Consiglio di Stato nella sentenza esaminata in questo post, alla luce della decisione della Corte di Giustizia UE, ritiene di non doversi avvalere della possibilità di presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale, non richiesta peraltro dalla società appellante, considerato che dalla stessa ordinanza della Corte di giustizia si ricavano elementi di valutazione utili ai fini della decisione. In particolare, la limitazione di applicabilità agli impianti di telefonia mobile delle sole direttive “quadro” e “autorizzazioni” consente di ritenere che le disposizioni europee relative all’adozione di procedure semplici, efficaci, trasparenti e non discriminatorie e quelle relative all’utilizzo neutrale ed efficiente delle frequenze non siano in quanto tali in contrasto con una normativa nazionale che preveda la potestà regolamentare dei comuni in materia di insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici.
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