La risposta del Ministro è
meramente interlocutoria in quanto si limita ad affermare che convocherà il tavolo
per discutere sulla chiusura della centrale in questione “pur garantendo l’approvvigionamento
energetico necessario alla sicurezza del sistema elettrico e ciò anche con l’apporto
diretto di TERNA – responsabile del rilascio dei pareri relativi alla
adeguatezza del sistema" e coinvolgendo il Ministero dell’Ambiente competente al
rilascio della VIA in relazione ad altri impianti di generazione nel Nord
Italia.
Insomma una mera
ricostruzione semplificata di quelle che sono le competenze e i ruoli nella
vicenda in questione.
Ma la normativa cosa dice
specificamente? Perché a questo punto, vista la confusione del dibattito
politico cittadino sulla vicenda, sarà il caso di descriverla brevemente di
seguito e soprattutto, anche alla luce di questa lettera, cosa occorre fare sulla vicenda continuazione centrale a carbone oppure nuova centrale a gas a Spezia?
COME E CHI
DECIDE DI CONTINUARE L’ESERCIZIO DI IMPIANTI TERMOELETTRICI PER ESIGENZE DI
SICUREZZA DEL SISTEMA NAZIONALE DI DISTRIBUZIONE DELLA ENERGIA ELETTRICA
La norma di riferimento è la
legge 27 ottobre 2003, n. 290 ed
in particolare l’art. 1-quinquies (Disposizioni per la sicurezza e la
funzionalità del settore elettrico) secondo il quale: “1. Gli impianti di
generazione di energia elettrica di potenza nominale maggiore di 10 MVA sono
mantenuti in stato di perfetta efficienza dai proprietari o dai titolari
dell'autorizzazione e possono essere messi definitivamente fuori servizio
secondo termini e modalità autorizzati dall'amministrazione competente, su
conforme parere del Ministero delle attività produttive, espresso sentito il
Gestore della rete di trasmissione nazionale in merito al programma temporale
di messa fuori servizio.”
Ora le denominazioni degli
interlocutori istituzionali sono cambiate: Ministero dello Sviluppo Economico (non più Attività Produttive)
e Terna - Rete Elettrica Nazionale Spa che è la società responsabile della
trasmissione e del dispacciamento dell'energia elettrica sulla rete ad alta e
altissima tensione su tutto il territorio italiano. Attività svolta dal Gestore
della rete di trasmissione nazionale (GRTN) fino al novembre del 2005.
Come si vede formalmente
il parere lo esprime la burocrazia ministeriale ma sostanzialmente l’istruttoria
è di competenza di Terna SpA senza la quale il Ministero non si può pronunciare.
Morale la politica (leggi Ministro) una volta che Terna individua un deficit nell’ambito in cui è divisa la rete elettrica nazionale (nel nostro caso il Nord) tra aumento di capacità produttiva e dismissioni, può fare ben poco se non appunto, come scrive nell’ultima lettera il Ministro al Sindaco spezzino, riconvocare gli interlocutori tecnici ma alla fine l’ultima parola è di questi ultimi.
Vuol dire che quindi il
Ministro non ha alcuna responsabilità? Assolutamente no il problema è che la
responsabilità del Ministro è ad un altro livello: quello relativo alla
programmazione della transizione al 2025 per uscire definitivamente dalle fonti
fossili nella generazione elettrica.
È qui che il Ministro
ed il Governo hanno mostrato in questi anni i loro limiti.
Ma dove potevano intervenire?
Sicuramente nel definire i
parametri (sulle tecnologie e il tipo di fonti energetiche) del mercato della
capacità. Vediamo come...
... IL MERCATO
DELLE CAPACITÀ
Il Mercato o meccanismo
delle capacità è istituito dal Regolamento (UE) 2019/943 (QUI) che lo
definisce all’articolo 2 come la: “22) misura temporanea intesa ad
assicurare il conseguimento del livello necessario dell'adeguatezza delle
risorse, grazie alla remunerazione delle risorse in base alla disponibilità,
escluse le misure relative ai servizi ancillari o alla gestione delle
congestioni;…”.
In Italia si tratta di circa
15 miliardi di euro per i prossimi 15 anni. Per il biennio 2020 – 2021 la spesa
sarà di 361,7 milioni di euro.
L’Italia con Decreto
del 28 giugno 2019 (QUI) ha approvata
la disciplina del sistema di remunerazione della disponibilità di capacità
produttiva di energia elettrica. Come affermò il Ministero dello Sviluppo
Economico nel presentare il Decreto : “L’impatto sul mercato
della massiccia penetrazione della generazione da fonti
rinnovabili negli ultimi anni, se da un lato ha avuto l’effetto
positivo di ridurre il prezzo all’ingrosso, dall’altro ha determinato
condizioni per gli impianti di generazione programmabile (principalmente
termoelettrici) via via meno remunerative, tali da metterne in discussione
le ragioni di mantenimento in servizio. Ecco perché il capacity market
rappresenta uno strumento necessario a garantire il passaggio in sicurezza ad
un sistema elettrico carbon-free.”
Insomma la finalità del
Decreto è chiara solo centrali termoelettriche a fonti convenzionali possono
garantire la transizione ad un futuro sistema elettrico fondato solo sulle
rinnovabili. Infatti il risultato per l’asta del 2022 è che sono stati assegnati 40,9 GW di potenza, di cui 4,4 GW di
capacità estera e 1 GW di rinnovabili per un costo totale annuo dell’asta pari
a 1,3 miliardi di euro di cui 19,2 milioni per la capacità estera.
Ma il Regolamento UE imponeva una gestione di detto Meccanismo delle Capacità solo per le fonti fossili?
Il Regolamento (UE) 2019/943 prevede strumenti di flessibilità nell’applicare il Capacity Market. In particolare l’articolo 24 dove si afferma che la valutazione nazionale delle risorse per garantire, nella fase di transizione alle fonti rinnovabili, la stabilità del mercato interno della energia elettrica verrà svolta a livello regionale. Non solo ma il regolamento UE 2019/943 non vincola la istituzione dei meccanismi di capacità all’uso delle fonti fossili nella generazione termoelettrica e quindi neppure a tetti obbligatori da garantire come si evince dagli articoli 21 (Principi generali per i meccanismi di capacità) e 22 (principi di concezione per i meccanismi di capacità).
Non solo ma la Direttiva (UE) 2019/944 del 5 giugno 2019 (QUI) stabilisce norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione, lo stoccaggio e la fornitura dell'energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori, al fine di creare nell'Unione europea mercati dell'energia elettrica effettivamente integrati, competitivi, incentrati sui consumatori, flessibili, equi e trasparenti. In particolare l’articolo 31 di detta Direttiva relativamente ai compiti dei gestori dei sistemi di distribuzione afferma al paragrafo 4: “ 4. Lo Stato membro può imporre al gestore del sistema di distribuzione che effettua il dispacciamento degli impianti di generazione l'obbligo di dare la precedenza agli impianti di generazione che impiegano fonti rinnovabili o cogenerazione ad alto rendimento, a norma dell'articolo 12 (QUI) del regolamento (UE) 2019/943". In particolare il paragrafo 1 dell'articolo 12 del già citato Regolamento 2019/943 recita: "Il dispacciamento degli impianti di generazione e di gestione della domanda deve essere non discriminatorio, trasparente e, salvo diversamente disposto ai sensi dei paragrafi da 2 a 6, basato sul mercato.”
CONCLUDENDO: UN PERCORSO DI AZIONE …
Quindi Il Comune di
Spezia, la Regione Liguria ma soprattutto anche i rappresentanti politici locali
di PD, 5stelle e centro sinistra in generale dovrebbero chiedere al nuovo governo
che riprenda in mano i limiti della impostazione sopra descritta senza perdere
tempo dietro i calcoli di Terna. Perché Terna cambi i suoi calcoli occorre che
cambi il quadro di programmazione energetica frutto di una interpretazione
restrittiva del meccanismo del capacity market.
È vero che una parte di GW
sono stati assegnati ma è altrettanto vero che:
1. Il
PNIEC (QUI) prevede
come necessari solo 3.000 MWe per la transizione al 2025 (attualmente sono alla
VIA del Ministero dell’Ambiente oltre 13.000 MWe tutti a gas - QUI)
2. Sono alla
verifica di assoggettabilità a VIA del Ministero dell’Ambiente oltre 1200 MWe
di potenziamento (upgrade) di impianti a gas esistenti per il distretto nord
del sistema elettrico nazionale, quello dove, secondo la nota del Ministero
dello Sviluppo Economico, mancherebbero i 500 MWe per far chiudere la centrale
a carbone spezzina entro il 2021
3. come
dimostrato da studi anche di Enea i sistemi di accumulo energetico rappresentati
dai pompaggi idroelettrici presenti in Italia, sono attualmente
sottoutilizzati (come affermano gli stessi dati di Terna). Alla luce della
necessità di incrementare il contributo delle fonti rinnovabili non
programmabili (solare ed eolico), e del ruolo fondamentale che gli accumuli
saranno chiamati a svolgere per assicurare la stabilità della rete elettrica,
appare opportuno richiamare questi impianti, da tempo esistenti ed operativi,
verso un utilizzo adeguato alle necessità della transizione energetica.
4. gli indirizzi nuovi della UE sono di passare dalla
riduzione del 40% di emissioni di gas serra entro il 2030 (rispetto al 1990) a
55% e questo dovrà comportare una revisione degli stessi Piani Nazionali
Integrati Energia Clima (PNIEC).
Quindi se si attuasse velocemente, ovviamente i tempi sono da qui alla fine del 2021 massimo inizio 2022, quanto indicato dai punti 2,3,4 sopra esposti si potrebbe ridurre drasticamente la necessità di tutti i nuovi impianti a gas (compreso quello previsto a Spezia), creare le condizioni per chiudere le centrali a carbone come quella spezzina nei tempi previsti o al massimo sforando di pochi mesi la data del 31/12/2021.
Ma per far questo ci vuole
un Ministero dello Sviluppo Economico che riprenda in mano le decisioni
strategiche sul sistema di produzione elettrico del Paese, un Ministero dell’Ambiente
che nei procedimenti di VIA in corso sulle nuove centrali a gas rilevi sito per
sito le incompatibilità specifiche ma anche le contraddizioni con quanto enunciato
nelle stesse normative UE e nello stesso PNIEC.
Si è perso tempo prezioso in questi due anni nel giocare, da parte di tutto gli interlocutori politici e istituzionali nazionali regionali e locali, allo scaricabarile.
Il governo nazionale come
abbiamo visto ha le sue responsabilità molto gravi ma gli enti locali e la
Regione Liguria devono uscire dalla logica “ho fatto quello che rientra nelle
mie competenze". Questo non basta per
chiudere con il carbone e impedire la nuova centrale a gas: non bastano le varianti
fine a se stesse (superabili dalla autorizzazione ministeriale), non bastano le
osservazioni critiche della Regione senza dichiarare come intende esercitare il
suo potere di Intesa sulla autorizzazione alla centrale a gas (QUI). Ci vuole un gioco
di squadra rimettendo al centro del dibattito e della iniziativa il confronto
con il Governo Nazionale sul rapporto tra scelte locali e programmazione energetica
nazionale. Questa necessità la afferma perfino il Comitato Economico Sociale
della UE (dove sono rappresentate le forze imprenditoriali e sociali europee): “Con
il piano di ripresa e il QFP per il periodo 2021-2028 verranno investiti
centinaia di miliardi di euro in infrastrutture e tecnologie energetiche. È
importante garantire che tali investimenti siano effettivamente utilizzati
nell’interesse di una transizione energetica incentrata sui cittadini piuttosto
che su coloro che finora sono stati tra gli attori del sistema energetico
fossile." (Parere del Comitato Economico e Sociale della UE pubblicato
nella GUCE di Dicembre 2020.)
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