giovedì 11 febbraio 2021

Centrale Enel a Spezia: i rapporti epistolari non chiuderanno il carbone e non fermeranno la centrale a gas

Il Ministro dello Sviluppo Economico scrive (vedi lettera a fianco) al Sindaco di Spezia sulla vicenda del rinvio della chiusura definitiva della centrale termoelettrica a carbone

La risposta del Ministro è meramente interlocutoria in quanto si limita ad affermare che convocherà il tavolo per discutere sulla chiusura della centrale in questione “pur garantendo l’approvvigionamento energetico necessario alla sicurezza del sistema elettrico e ciò anche con l’apporto diretto di TERNA – responsabile del rilascio dei pareri relativi alla adeguatezza del sistema" e coinvolgendo il Ministero dell’Ambiente competente al rilascio della VIA in relazione ad altri impianti di generazione nel Nord Italia.

Insomma una mera ricostruzione semplificata di quelle che sono le competenze e i ruoli nella vicenda in questione.

Ma la normativa cosa dice specificamente? Perché a questo punto, vista la confusione del dibattito politico cittadino sulla vicenda, sarà il caso di descriverla brevemente di seguito e soprattutto, anche alla luce di questa lettera, cosa occorre fare sulla vicenda continuazione centrale a carbone oppure nuova centrale a gas a Spezia?

 

COME E CHI DECIDE DI CONTINUARE L’ESERCIZIO DI IMPIANTI TERMOELETTRICI PER ESIGENZE DI SICUREZZA DEL SISTEMA NAZIONALE DI DISTRIBUZIONE DELLA ENERGIA ELETTRICA

La norma di riferimento è la legge 27 ottobre 2003, n. 290  ed in particolare l’art. 1-quinquies (Disposizioni per la sicurezza e la funzionalità del settore elettrico) secondo il quale: “1. Gli impianti di generazione di energia elettrica di potenza nominale maggiore di 10 MVA sono mantenuti in stato di perfetta efficienza dai proprietari o dai titolari dell'autorizzazione e possono essere messi definitivamente fuori servizio secondo termini e modalità autorizzati dall'amministrazione competente, su conforme parere del Ministero delle attività produttive, espresso sentito il Gestore della rete di trasmissione nazionale in merito al programma temporale di messa fuori servizio.”

Ora le denominazioni degli interlocutori istituzionali sono cambiate:  Ministero dello Sviluppo Economico (non più Attività Produttive) e Terna - Rete Elettrica Nazionale Spa che è la società responsabile della trasmissione e del dispacciamento dell'energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione su tutto il territorio italiano. Attività svolta dal Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN) fino al novembre del 2005.

Come si vede formalmente il parere lo esprime la burocrazia ministeriale ma sostanzialmente l’istruttoria è di competenza di Terna SpA senza la quale il Ministero non si può pronunciare.

Morale la politica (leggi Ministro) una volta che Terna individua un deficit nell’ambito in cui è divisa la rete elettrica nazionale (nel nostro caso il Nord) tra aumento di capacità produttiva e dismissioni, può fare ben poco se non appunto, come scrive nell’ultima lettera il Ministro al Sindaco spezzino, riconvocare gli interlocutori tecnici ma alla fine l’ultima parola è di questi ultimi.  

Vuol dire che quindi il Ministro non ha alcuna responsabilità? Assolutamente no il problema è che la responsabilità del Ministro è ad un altro livello: quello relativo alla programmazione della transizione al 2025 per uscire definitivamente dalle fonti fossili nella generazione elettrica.

È qui che il Ministro ed il Governo hanno mostrato in questi anni i loro limiti.  

Ma dove potevano intervenire?

Sicuramente nel definire i parametri (sulle tecnologie e il tipo di fonti energetiche) del mercato della capacità. Vediamo come...

 

... IL MERCATO DELLE CAPACITÀ

Il Mercato o meccanismo delle capacità è istituito dal Regolamento (UE) 2019/943 (QUI) che lo definisce all’articolo 2 come la: “22) misura temporanea intesa ad assicurare il conseguimento del livello necessario dell'adeguatezza delle risorse, grazie alla remunerazione delle risorse in base alla disponibilità, escluse le misure relative ai servizi ancillari o alla gestione delle congestioni;…”.

In Italia si tratta di circa 15 miliardi di euro per i prossimi 15 anni. Per il biennio 2020 – 2021 la spesa sarà di 361,7 milioni di euro.  

L’Italia con Decreto del 28 giugno 2019 (QUI) ha approvata la disciplina del sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica. Come affermò il Ministero dello Sviluppo Economico nel presentare il Decreto : “L’impatto sul mercato della massiccia penetrazione della generazione da fonti rinnovabili negli ultimi anni, se da un lato ha avuto l’effetto positivo di ridurre il prezzo all’ingrosso, dall’altro ha determinato condizioni per gli impianti di generazione programmabile  (principalmente termoelettrici) via via meno remunerative, tali da metterne in discussione le ragioni di mantenimento in servizio. Ecco perché il capacity market rappresenta uno strumento necessario a garantire il passaggio in sicurezza ad un sistema elettrico carbon-free.”

Insomma la finalità del Decreto è chiara solo centrali termoelettriche a fonti convenzionali possono garantire la transizione ad un futuro sistema elettrico fondato solo sulle rinnovabili. Infatti il risultato per l’asta del 2022 è che sono stati  assegnati 40,9 GW di potenza, di cui 4,4 GW di capacità estera e 1 GW di rinnovabili per un costo totale annuo dell’asta pari a 1,3 miliardi di euro di cui 19,2 milioni per la capacità estera.

Ma il Regolamento UE imponeva una gestione di detto Meccanismo delle Capacità solo per le fonti fossili?

Il Regolamento (UE) 2019/943 prevede strumenti di flessibilità nell’applicare il Capacity Market. In particolare l’articolo 24 dove si afferma che la valutazione nazionale delle risorse per garantire, nella fase di transizione alle fonti rinnovabili,  la stabilità del mercato interno della energia elettrica verrà svolta a livello regionale. Non solo ma il regolamento UE 2019/943  non vincola la istituzione dei meccanismi di capacità all’uso delle fonti fossili nella generazione termoelettrica e quindi neppure a tetti obbligatori da garantire come si evince dagli articoli 21 (Principi generali per i meccanismi di capacità) e 22 (principi di concezione per i meccanismi di capacità).

Non solo ma la Direttiva (UE) 2019/944 del 5 giugno 2019 (QUI) stabilisce norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione, lo stoccaggio e la fornitura dell'energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori, al fine di creare nell'Unione europea mercati dell'energia elettrica effettivamente integrati, competitivi, incentrati sui consumatori, flessibili, equi e trasparenti. In particolare l’articolo 31 di detta Direttiva relativamente ai compiti dei gestori dei sistemi di distribuzione afferma al paragrafo 4: “ 4. Lo Stato membro può imporre al gestore del sistema di distribuzione che effettua il dispacciamento degli impianti di generazione l'obbligo di dare la precedenza agli impianti di generazione che impiegano fonti rinnovabili o cogenerazione ad alto rendimento, a norma dell'articolo 12 (QUI) del regolamento (UE) 2019/943". In particolare il paragrafo 1 dell'articolo 12 del già citato Regolamento 2019/943 recita: "Il dispacciamento degli impianti di generazione e di gestione della domanda deve essere non discriminatorio, trasparente e, salvo diversamente disposto ai sensi dei paragrafi da 2 a 6, basato sul mercato.

  

CONCLUDENDO: UN PERCORSO DI AZIONE …  

Quindi Il Comune di Spezia, la Regione Liguria ma soprattutto anche i rappresentanti politici locali di PD, 5stelle e centro sinistra in generale dovrebbero chiedere al nuovo governo che riprenda in mano i limiti della impostazione sopra descritta senza perdere tempo dietro i calcoli di Terna. Perché Terna cambi i suoi calcoli occorre che cambi il quadro di programmazione energetica frutto di una interpretazione restrittiva del meccanismo del capacity market.

È vero che una parte di GW sono stati assegnati ma è altrettanto vero che:

1. Il PNIEC  (QUI) prevede come necessari solo 3.000 MWe per la transizione al 2025 (attualmente sono alla VIA del Ministero dell’Ambiente oltre 13.000 MWe tutti a gas - QUI)   

2. Sono alla verifica di assoggettabilità a VIA del Ministero dell’Ambiente oltre 1200 MWe di potenziamento (upgrade) di impianti a gas esistenti per il distretto nord del sistema elettrico nazionale, quello dove, secondo la nota del Ministero dello Sviluppo Economico, mancherebbero i 500 MWe per far chiudere la centrale a carbone spezzina entro il 2021

3. come dimostrato da studi anche di Enea i sistemi di accumulo energetico rappresentati dai pompaggi idroelettrici presenti in Italia, sono attualmente sottoutilizzati (come affermano gli stessi dati di Terna). Alla luce della necessità di incrementare il contributo delle fonti rinnovabili non programmabili (solare ed eolico), e del ruolo fondamentale che gli accumuli saranno chiamati a svolgere per assicurare la stabilità della rete elettrica, appare opportuno richiamare questi impianti, da tempo esistenti ed operativi, verso un utilizzo adeguato alle necessità della transizione energetica.

4. gli indirizzi nuovi della UE sono di passare dalla riduzione del 40% di emissioni di gas serra entro il 2030 (rispetto al 1990) a 55% e questo dovrà comportare una revisione degli stessi Piani Nazionali Integrati Energia Clima (PNIEC).


Quindi se si attuasse velocemente, ovviamente i tempi sono da qui alla fine del 2021 massimo inizio 2022, quanto indicato dai punti 2,3,4 sopra esposti si potrebbe ridurre drasticamente la necessità di tutti i nuovi impianti a gas (compreso quello previsto a Spezia), creare le condizioni per chiudere le centrali a carbone come quella spezzina nei tempi previsti o al massimo sforando di pochi mesi la data del 31/12/2021.

Ma per far questo ci vuole un Ministero dello Sviluppo Economico che riprenda in mano le decisioni strategiche sul sistema di produzione elettrico del Paese, un Ministero dell’Ambiente che nei procedimenti di VIA in corso sulle nuove centrali a gas rilevi sito per sito le incompatibilità specifiche ma anche le contraddizioni con quanto enunciato nelle stesse normative UE e nello stesso PNIEC.

Si è perso tempo prezioso in questi due anni nel giocare, da parte di tutto gli interlocutori politici e istituzionali nazionali regionali e locali, allo scaricabarile.

Il governo nazionale come abbiamo visto ha le sue responsabilità molto gravi ma gli enti locali e la Regione Liguria devono uscire dalla logica “ho fatto quello che rientra nelle mie competenze". Questo non basta per chiudere con il carbone e impedire la nuova centrale a gas: non bastano le varianti fine a se stesse (superabili dalla autorizzazione ministeriale), non bastano le osservazioni critiche della Regione senza dichiarare come intende esercitare il suo potere di Intesa sulla autorizzazione alla centrale a gas (QUI). Ci vuole un gioco di squadra rimettendo al centro del dibattito e della iniziativa il confronto con il Governo Nazionale sul rapporto tra scelte locali e programmazione energetica nazionale. Questa necessità la afferma perfino il Comitato Economico Sociale della UE (dove sono rappresentate le forze imprenditoriali e sociali europee): “Con il piano di ripresa e il QFP per il periodo 2021-2028 verranno investiti centinaia di miliardi di euro in infrastrutture e tecnologie energetiche. È importante garantire che tali investimenti siano effettivamente utilizzati nell’interesse di una transizione energetica incentrata sui cittadini piuttosto che su coloro che finora sono stati tra gli attori del sistema energetico fossile." (Parere del Comitato Economico e Sociale della UE pubblicato nella GUCE di Dicembre 2020.)  

 

 

 





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