Le note che seguono sono finalizzate ad analizzare criticamente la procedura di valutazione del progetto di biodigestore previsto nel Comune di Taggia in Provincia di Imperia.
L’impianto, localizzato in
località Colli, comune di Taggia, tratterà le seguenti categorie di rifiuti
prodotti all’interno dell’ Area Omogenea Imperiese, che comprende la Provincia
di Imperia e i tre Comuni Savonesi Andora, Stellanello e Testico:
• rifiuti urbani residuali
a valle della raccolta differenziata;
• rifiuti organici dalla
raccolta differenziata RSU;
• rifiuti “verdi”
provenienti dalla manutenzione delle aree verdi cittadine e dalla raccolta
differenziata di tali scarti;
• fanghi non digeriti
risultanti dal trattamento delle acque fognarie.
L’impianto è concepito in
maniera tale da poter trattare adeguatamente i rifiuti che saranno conferiti
nelle seguenti quantità:
• Rifiuti urbani
residuali: 49.000 ton/anno
• Rifiuti organici putrescibili
da raccolta differenziata: 26.000ton/anno
• Rifiuti “verdi”:
19.000ton/anno
• Fanghi: 9.000 ton/anno
Quella che segue è la sintesi della mia Relazione al Convegno dello scorso 27 aprile c.a. organizzato dal Movimento 5stelle locale.
PREMESSA STORICA DI CULTURA DI GOVERNO
Consentitemi una premessa storica di cultura di governo con particolare riferimento alle politiche di gestione dei rifiuti. La politica sui territori ormai funziona così: qualcuno che conta (magari in accordo con chi sta fuori dal circuito della stessa democrazia rappresentativa) un bel giorno dichiara: "bisogna fare questa cosa per la città".... da quel momento in poi chi esprime critiche diventa "quello dei no", ma:
1. del come l'idea della "cosa" sia nata,
2. di quali interessi nasconda,
3. di quali altri interessi possa danneggiare,
4. di cosa serva alla città al posto della "cosa",
...NON SI PARLA
Come dire QUELLI DEL "SI ALLA COSA" in realtà sono QUELLI DEL "NO AL PERCHE' DELLA COSA".
In particolare nei rifiuti
la tecnica è più esplicita prima per anni non si rispettano le leggi, si autorizzano
impianti obsoleti dalla nascita e non li si adeguano alle norme europee poi l’Europa
interviene e allora scatta l’emergenza arrivano i commissari, eppoi le scelte a
prescindere senza respiro strategico dettate solo per uscire dalla emergenza. Tutto
questo con cifre da capogiro comprese le multe della UE.
In
tutto questo i cittadini non hanno voce in capitolo. In generale ( tutti quelli
che pagano la tassa sui rifiuti) ed in
particolare (quelli che si beccano gli
impianti vicino casa perche’ c’è l’emergenza e non se ne puo’ fare a meno).
Nel
frattempo soldi pubblici ce ne sono sempre meno, ma niente paura c’è il project
financing e così l’emergenza ha
sicuramente una utilità per i monopolisti locali e per i gestori della
emergenza
chi paga i cittadini tutti
e i residente vicino ad impianti imposti
a scatola chiusa sia per il sito che per la tecnologia usata. ovviamente il
tutto supportato da semplificazioni normative di ogni genere (declassificazione dei rifiuti a materiali –
procedure accelerate in variante ai piani urbanistici – interpretazioni delle
procedure a favore di chi vuole comunque realizzare l’impianto).
Alla fine il cerino acceso
resta in mano a chi si oppone: volete prolungare l’emergenza siete degli
irresponsabili, etc etc…
Vediamo perché
LA PRIMA QUESTIONE è la scelta della procedura. Si è scelto la procedura prevista dal testo unico ambientale che fa assorbire nella VIA tutte le autorizzazioni rimuovendo il fatto che si tratta di un impianto di gestione rifiuti (infatti si citano i piani regionale provinciale per giustificarlo) e che ha dimensioni che richiederebbero la applicazione della autorizzazione integrata ambientale (AIA).
LA SECONDA QUESTIONE
è che lo studio di impatto ambientale rimuove completamente la valutazione
degli impatti sanitari di questo impianto)
LA TERZA QUESTIONE
è che ancora una volta si impone un sito e una tecnologia senza dibattito
pubblico vero che poteva valutare scenari alternativi sia di sito ma
soprattutto di scelta di tecnica di gestione dei rifiuti
LA QUARTA QUESTIONE
è che si spaccia l'impianto e il sito come previsti dai piani provinciali e
regionale ma questo non corrisponde al vero. Infatti il piano regionale non ne
parla anzi per la maggiora parte dei Comuni dell’imperiese sembra favorire il
compostaggio di comunità e quindi piccoli impianti aerobici a livello comunale.
Il Piano Provinciale prevede un biodigestore senza indicare un sito
specifico cosa che invece i Piani provinciale potrebbero fare visto che
quelli regionali definiscono i criteri generali nella scelte dei siti e delle
tipologie impiantisce senza entrare nel merito della loro collocazione concreta
nel territorio.
LA QUINTA QUESTIONE è che comunque il piano regolatore di Taggia prevede
che interventi come quello in esame richiedano un PUO (progetto urbanistico
operativo) quindi c'è spazio per aprire procedimento di Valutazione Ambientale
Strategica. Non solo ma la destinazione funzionale dell’area interessata
dal progetto di biodigestore richiede una variante quindi è comunque necessaria
la VAS. Sulla questione urbanistica vedi APPENDICE alla fine del presente post
LA SESTA QUESTIONE
è la richiesta di Inchiesta Pubblica che deve essere svolta secondo le linee
guida regionali (DGR 811/2016). Però qui occorre chiarire che il Presidente
deve essere concordato con tutti i gruppi consiliari e comitati e associazioni
se non nella persona almeno nei criteri di scelta. Per capirci non può essere
un funzionario delle pubbliche amministrazione competenti a valutare e
autorizzazione il progetto (Regione e Provincia di Imperia)
LA SETTIMA QUESTIONE
è il ruolo del Comune di Taggia. Recentemente il Sindaco ha incontrato una
associazione locale proponendo la costituzione di un Osservatorio sul progetto.
Questo non è accettabile perché di fatto l'osservatorio avvalla la impostazione
data da Regione e Provincia per cui il progetto si fa e si fa li dove previsto
ma però “controlleremo come verrà
autorizzato con quali prescrizioni e con quali monitoraggi”. La VIA e
l'AIA sono strumenti preventivi e devono essere svolti per scenari (di sito per
la VIA) di tecnologia (per l'AIA). Il biodigestore infatti tende infatti
ad essere una soluzione centralizzata che convoglia i rifiuti in un unico
impianto che non favorisce la raccolta differenziata e soprattutto il
riciclaggio se non con la logica della combustione (biogas e biometano)
escludendo a priori altre soluzioni che sappiamo esistono e sono addirittura
(per l'organico) citate nel piano regionale (compostaggio di comunità). L’Inchiesta
Pubblica, non essendo limitata a controllare l’attuazione del progetto
presentato, deve servire a far emergere questi scenari alternativi
dimostrandone la fattibilità tecnica ed economica.
L'OTTAVA QUESTIONE è che il progetto prevede anche una megadiscarica di
servizio collocata vicino alle 6 esistenti che sappiamo senza che per queste
sia mai stata avviata una procedura di bonifica (mi riferisco alle prime 5, la
sesta come è noto è in funzione) e senza sia mai stata fatta una seria
valutazione di impatto sanitario se non la incompleta indagine
epidemiologica promossa dalla Provincia che peraltro non ha neppure
analizzato tutti i residenti interessati dall'impatto delle discariche
esistenti. La cosa assurda è che la Provincia dice che vuole il biodigestore
per evitare il lotto 7 ma il lotto 7 in realtà è già nel progetto no? Anche
perché a pagina 86 della relazione generale al progetto di biodigestore si
legge che la discarica, per ragioni di flessibilità dell’impianto, potrà anche
essere usata diversamente leggi come quantità qualità dei rifiuti e durata.
LA NONA QUESTIONE è quella della dichiarazione di pubblico
interesse. Come è noto l’impianto in questo verrà realizzato utilizzando
lo strumento di finanziamento del project financing. Lo strumento del
project financing si lega alla decisione a priori di realizzare un progetto
preciso in un sito preciso anticipando,a mio avviso, in modo illegittimo, la
VIA e rimuovendola procedura di AIA.
In sostanza la
pianificazione dei rifiuti urbani assimilati la decide il privato e non più le
autorità pubbliche. In questo quadro la dichiarazione di pubblico interesse
votata dalle amministrazioni locali si configura come una mera ratifica di
quanto proposto dal privato. Questo sotto il profilo dei principi di
pianificazione della gestione dei rifiuti urbani e assimilati.
COSA PUÒ FARE IL SINDACO DI TAGGIA PER
AFFRONTARE CORRETTAMENTE IL PROGETTO DI BIODIGESTORE
Concludo con alcuni suggerimenti al Sindaco del Comune
territorialmente interessato dal progetto di Biodigestore.
Chiedere la sospensione della procedura fino ad ora
utilizzata
L’impianto gestisce
rifiuti in quantità che prevedono l’applicazione della Autorizzazione Integrata
Ambientale. Questa autorizzazione fornisce al Sindaco uno strumento
amministrativo importante che è il Parere Sanitario obbligatorio che se ben
motivato può imporre prescrizioni al progetto fino a chiederne il rigetto della
richiesta di autorizzazione. La procedura attuale rimuove l’AIA quindi è
illegittima.
Avviare una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) sulla
Variante al Piano urbanistico del Comune di Taggia
La sospensione è dell’attuale procedimento di VIA in
corso è ulteriormente motivabile con la necessità di avviare la procedura di
VAS sulla Variante al piano urbanistico del Comune. Come si ricavava dalla relazione illustrativa al progetto preliminare di
biodigestore per realizzarla occorrono variante alla pianificazione generale del
Comune. Trattandosi di variante che contiene un progetto sottoponibile a VIA
occorre la procedura di VAS ordinaria. Sottolineo
però in questa sede che svolgere la VAS ora è importante perché potrebbe
evitare che una volta chiuso il procedimento di VIA attualmente in corso in
Regione questo avrebbe efficacia autorizzatoria finale e potrebbe essere interpretato
come variante automatica alla pianificazione comunale rendendo quindi praticamente
inutile svolgere successivamente la VAS sulla relativa variante. Sulla
questione urbanistica vedi APPENDICE alla fine del presente post.
La dichiarazione di pubblico interesse può essere
rivista
Come è noto il
progetto del Biodigestore di Taggia ha avuto una dichiarazione di pubblico
interesse votata nei Consigli Comunali compreso quello di Taggia (nella
sindacatura precedente).
La domanda che
sorge spontanea è: ma dalla dichiarazione di pubblico interesse si torna
indietro oppure no?
Intanto
verrebbe da dire che nessuno obbligava le amministrazioni locali a votare tale
dichiarazione. D’altronde il Consiglio di Stato con sentenza n.676 del 2017 ha
affermato: “l’amplissima discrezionalità di cui
l’amministrazione è titolare nella valutazione e nell’approvazione di progetti
di finanza di progetto ai fini della dichiarazione di pubblico interesse
(compreso la tutela dell’ambiente), così che il diniego (come ovviamente anche
l’approvazione) sfugge al sindacato di legittimità, salva l’ipotesi di
manifesta arbitrarietà, illogicità, irragionevolezza ed irrazionalità… Il Codice degli appalti non offre in realtà
spunti, né letterali, né teleologici, per individuare perentorietà nelle
scansioni procedimentali previste per giungere all’approvazione della finanza
di progetto; le pretese lungaggini invece appaiono largamente giustificate dai
precedenti sofferti dell’intera vicenda, caratterizzata da atti prodromici di
natura urbanistica e anche da concessioni edilizie che sono stati emanati e che
sono stati tutti puntualmente annullati in sede giurisdizionale.“.
Ma soprattutto
se l’atto è adeguatamente motivato si può tornare indietro dalla dichiarazione
di pubblico interesse su un progetto di project financing. Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4177 del
2016 ha affermato che: “Dalla dichiarazione di
pubblico interesse della proposta del promotore privato non deriva alcun
vincolo per l’amministrazione di affidare la concessione, essendo necessaria da
parte di quest’ultima una scelta ulteriore, analogamente a quanto avviene per
qualsiasi decisione di affidare un contratto. In particolare, rispetto ai
tipici moduli contrattuali pubblicistici, la complessiva disciplina dell’istituto
del project financing si contraddistingue perché in questo caso l’iniziativa
non è assunta dall’amministrazione stessa, ma dal privato. Sennonché anche una
volta che la proposta di quest’ultimo sia stata dichiarata di pubblico
interesse, lo stesso non acquisisce alcun diritto pieno all’indizione della
procedura, ma una mera aspettativa, condizionata dalle valutazioni di esclusiva
pertinenza dell’amministrazione in ordine all’opportunità di contrattare sulla
base della medesima proposta.”
CONCLUSIONI GENERALI
Alla luce di quanto sopra
esposto occorre :
1. Avviare da parte del Comune di Taggia la procedura di
Valutazione Ambientale Strategica previa presentazione di Variante come
previsto dalle norme del vigente Piano Regolatore Generale del Comune;
2. Sospendere il procedimento di VIA in corso al fine di
integrare lo studio di impatto ambientale costruendolo per scenari alternativi
sia di sito che di tecnologia, sviluppando proprio per la parte rimosse (dal
progetto attuale) dei piani regionali e provinciali;
3. integrare lo studio di impatto ambientale con una
valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario;
4. affiancare la procedura di valutazione/approvazione
con una Inchiesta Pubblica regolamentata in modo da garantire una presenza
della comunità locale, con un presidente garante della terzietà della procedura
di valutazione quindi non espressione degli enti competenti ma frutto di un
accordo tra questi ultimi, i consigli comunali (minoranze comprese) e comitati
e associazioni locali;
5. Una volta con la VIA definito sito e tecnologia
adeguati a chiudere il ciclo dei rifiuti in Provincia di Imperia applicare, se
venisse confermata la realizzazione di un progetto di gestione rifiuti di
grandi dimensioni, la procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale.
APPENDICE
: LA QUESTIONE URBANISTICA E LA VAS
Dalla relazione
illustrativa al progetto preliminare di biodigestore: “L’analisi relativa alla conformità con gli
strumenti di pianificazione territoriale non ha evidenziato particolari fattori
di incompatibilità (è comunque emersa la necessità di apportare varianti
agli strumenti urbanistici).”
Le varianti sono
necessarie visto che una parte dell’area è secondo il vigente piano
urbanistico comunale a destinazione agricola
In questo caso quindi sarebbe
in generale applicabile la procedura di verifica di assoggettabilità a VAS ai
sensi del comma 2 articolo 3 legge regionale 32/2012. Ma prevedendo la variante
un progetto sottoponibile a VIA deve essere applicata la procedura di VAS
ordinaria come previsto dalla lettera a) comma 2 articolo 6 del DLgs 152/2006.
Comunque anche se
prevalesse, e a mio avviso non sarebbe fondata, la tesi per cui non trattasi di
variante sostanziale al piano regolatore vigente, la VAS sarebbe comunque
applicabile per un altro motivo
Il Piano Regolatore del
Comune di Taggia prevede che : “Con PUO
sono ammessi interventi di nuovo insediamento alla attuazione delle previsioni
della pianificazione provinciale in materia di ciclo dei rifiuti. Il PUO dovrà
altresì individuare l’eventuale esigenza di delocalizzazione di insediamenti e
attività residenziali negativamente impattate dalle previsioni”
Il PUO è uno strumento di
pianificazione e come tale va valutato a prescindere quindi dalla VIA. La
procedura per valutarlo è quella della Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
Ora come è noto il Piano urbanistico generale del Comune di Taggia non ha avuto
la VAS perché quando venne approvato non era prevista in Liguria (su questo ci
sarebbe da discutere ma ai fini nostri per il momento lasciamo perdere). Il
nuovo PUC è stato solo adottato dalla precedente amministrazione.
Ebbene un piano attuativo
di un piano regolatore generale che non
ha avuto la VAS deve avere almeno una verifica di assoggettabilità a VAS (Corte
di Giustizia con sentenza 10 settembre 2015 (causa C-473/14). Ma come scritto nel paragrafo precedente,
contenendo il PUO un progetto sottoposto a VIA dovrebbe essere applicata la VAS
ordinaria e non la procedura di verifica di assoggettabilità.
Peraltro visto quanto
sopra riportato ciò permetterebbe di valutare l’impatto (citando il PRG di Taggia) sull’area vasta e
non solo nel sito scelto per biodigestore.
Ne vale nel caso in esame
la tesi che le autorizzazioni agli impianti rifiuti costituiscono variante automatica al PRG o
PUC e quindi non richiedono la VAS. Questo può avere un senso giuridico da un
punto di vista urbanistico ma non ambientale.
due sentenze consiglio di
stato 3119/2015 e 5658/2015 giocano a sfavore di questa automaticità ex lege
anche considerando l’impianto in oggetto, come sopra dimostrato,assimilabile
agli impianti di gestione rifiuti. Infatti secondo queste sentenze
il Comune mantiene potere decisionale nel senso che la variante deve essere
subordinata:
1. paesaggio quale valore
“primario”, di “morfologia del territorio”
2 .tutela della salute
pubblica
3 .alla dimostrazione che
esistano interessi superiori a quelli della pianificazione urbanistica comunale
4 .rispetto obbiettivi
(nazionali ed europei) di razionale gestione del ciclo dei rifiuti
In sostanza non è
sufficiente applicare la automaticità ex lege per bypassare la mancanza di
conformità urbanistica ma occorrerà svolgere una istruttoria adeguata non
tipo lotto 6 per capirci da parte di tutti Comuni interessati (Sanremo e Taggia
in particolare nel caso in esame), il come lo spiegano i principi
affermati dalle sentenze del Consiglio di Stato sopra citate:
1. è
legittimo un piano urbanistico che ponga un divieto generalizzato in un area
del Comune ai fini di tutela ambientale e del suolo in particolare
2. la
definizione di impianto nuovo o di ampliamento deve rispettare la finalità di
tutela ambientale del divieto posto nello strumento di pianificazione
urbanistica
3. i vincoli
ambientali posti dallo strumento di pianificazione legittimano la revoca di un
provvedimento favorevole di VIA
4. la
giurisprudenza costituzionale su Impianti rifiuti e variante automatica al
piano urbanistico comunale
La questione della
conformità urbanistica costituisce questione pregiudiziale al corretto
svolgimento della procedura di VIA in quanto “la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente
contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006, non può non costituire
presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti,
atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la
preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le
specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione
urbanistica dell’area;…” Consiglio
di Stato Sez. III sentenza n. 4689, del 24 settembre 2013
Il Consiglio
di Stato (Sez.
VI, 28/8/2008 n° 4097, QUI) ha precisato che nella VIA “La
conformità urbanistica del progetto alle previsioni urbanistiche comunali […]
costituisce, contrariamente a quanto prevede l’appellante, elemento
indispensabile della valutazione […] relativa alla verifica di impatto
ambientale, che […] elenca tra i documenti da produrre a cura dell’interessato
‘una relazione sulla conformità del progetto alle previsioni in materia
urbanistica, ambientale e paesaggistica’: un tale obbligo indica, del tutto
logicamente, il valore di presupposto indispensabile della congruenza del
progetto con le previsioni che la documentazione richiesta è chiamata ad
attestare”.
In coerenza con quanto
sopra la questione della conformità dell’opera agli strumenti di pianificazione
deve essere intesa nel
senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento
anche agli eventuali profili di tutela ambientale si veda anche TAR
Basilicata 805/2004 (QUI).
Questa sentenza afferma,
confrontando norma regionale urbanistica e sulla VIA, quanto segue:
“ il
cit. art. 6, comma 3, L. reg. n. 47
dl 1998
richiede anche che “la realizzazione del progetto sia conforme agli strumenti
di pianificazione e programmazione vigenti”, ma la norma in questione va
ragionevolmente interpretata nel senso che il giudizio di conformità deve
essere reso con riferimento anche agli eventuali profili di tutela
ambientale rinvenibili
nei suddetti strumenti, come risulta:
a) dall’
inequivoco rinvio operato dalla stessa norma, in sede di individuazione
del parametro di riferimento da assumere agli effetti del giudizio di
compatibilità, alle finalità perseguite dalla suddetta legge regionale
(“tutelare e migliorare la salute umana, la qualità della vita dei cittadini,
della flora e della fauna, salvaguardare il patrimonio naturale e culturale, la
capacità di riproduzione dell’ecosistema, delle risorse e la molteplicità della
specie”);
b) dall’impegno
formalmente assunto dallo stesso legislatore regionale di voler disciplinare la
materia afferente alla valutazione di impatto ambientale e alla tutela
dell’ambiente nel rispetto delle direttive CEE 85/377 e 97/11;
c) dalla
considerazione che la conformità del progetto agli strumenti di pianificazione
nei diversi settori, compreso quello urbanistico, costituisce oggetto di altri
procedimenti, normativamente disciplinati e affidati ad organi diversi dalla
Regione;
d) dall’art. 1, comma
2, D.P.C.M. 27 dicembre 1988 che, nel dettare le norme tecniche per la
formulazione del giudizio di compatibilità, prescrive che quest’ultimo sia reso
con esclusivo riferimento agli effetti che l’opera progettata sarà in grado di
produrre “sul sistema ambientale”, e non sulle materie oggetto di strumenti di
pianificazione e programmazione.”
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