La Città Metropolitana di Genova ha concluso la procedura di
Autorizzazione Unica Ambientale (per la disciplina di questa autorizzazione
vedi QUI) dell’impianto di trattamento e smaltimento rifiuti solidi
urbani e speciali assimilabili (per il testo dell'AUA vedi QUI).
La procedura ora prevede la formalizzazione della
pubblicazione dell’AUA allo sportello unico attività produttive del Comune di
Genova.
L’impianto in questione aveva visto in precedenza la
conclusione anticipata della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale - VIA
(avviata in data 31/8/2017 in relazione alle modifiche della tipologia di
rifiuti introdotti nell’impianto) con nota della Regione Liguria in data
12/2/2018.
La motivazione era che l’entrata in vigore della ultima
versione del DLgs 152/2006 aveva comportato la abrogazione della norma che non
prevede l’applicazione della VIA ai rinnovi delle autorizzazioni.
Ci risiamo dopo l’Italiana coke in provincia di Savona (vedi
QUI) la Regione Liguria ci riprova ad usare una interpretazione
tutta sua per derogare alla procedura di VIA agli impianti esistenti.
Non solo ma la successiva conclusione della procedura di AUA
all’impianto genovese si basa sulla istruttoria (non completata) della VIA non
affrontando peraltro le annose problematiche sanitarie prodotte nei quartieri
limitrofi.
Vediamo partitamente le due questioni: la VIA annullata e l’AUA.
LA QUESTIONE
DELLA VIA ANNULLATA ALL’IMPIANTO DELLA VOLPARA
La Regione Liguria nel motivare la chiusura anticipata del
procedimento di VIA si rifà alla abrogazione dell'articolo, insieme con il resto della vecchia legge
regionale 38/1998, che prevedeva la applicazione della VIA al rinnovo di
autorizzazione ad impianti che non avevano avuto in precedenza alcuna
valutazione di impatto ambientale.
Si tratta della c.d VIA postuma.
La interpretazione della Regione Liguria non ha alcun
fondamento giuridico in quanto la norma abrogata non era un parto specifico
della legislazione ligure ma frutto dell’attuazione in Liguria di un chiaro
indirizzo della giurisprudenza comunitaria e nazionale (Corte Costituzionale in
primis). Indirizzo che non risulta possa essere abrogato da una legge regionale che semmai dovrebbe adeguarsi a detto indirizzo sovraordinato.
In realtà la Corte di
Giustizia con sentenza del 26 luglio 2017 (causa Causa C‑196/16) ha ribadito i
principi della VIA ex post che una volta applicabili la rendono obbligatoria: la
mancanza della VIA preventiva non può essere regolarizzata dal
rinnovo della autorizzazione ambientale. Non solo ma più recentemente (vedi QUI) la Corte di Giustizia ha confermato la necessità di applicare
i principi della VIA postuma (o ex post) che sono in sintesi:
1. la VIA deve essere applicata, se precedentemente evasa, ad
un impianto esistente
2. la VIA deve essere svolta come se l’impianto venga
realizzato ora, quindi sull’intero impianto e non solo sulle modifiche
intervenute con l’ultima domanda di autorizzazione.
Peraltro che l’impianto in questione non abbia mai avuto una
procedura di VIA è ammesso ufficialmente nella nota della Citta Metropolitane di Genova del 18 agosto 2017.
Ne può reggere l’altra scusa usata dalla Regione Liguria
secondo cui l’azienda che gestisce l’impianto avrebbe rinunciato a trattare
ulteriori tipologie di rifiuti (amianto) considerato che come spiegato sopra la
semplice rinnovazione della autorizzazione richiedeva comunque una procedura di
VIA completa visto che l'impianto non ha mai avuto la VIA. Questa motivazione della Regione poteva valere solo nel caso in cui l'impianto al momento della sua realizzazione avesse avuto una VIA e la nuova autorizzazione non riguardasse una modifica sostanziale dello stesso sotto il profilo del potenziale impatto ambientale e sanitario.
I DISAGI SANITARI PRODOTTO DALL’IMPIANTO
DELLA VOLPARA
I disagi
sanitari (prima di tutto emissioni nauseabonde reiterate da anni) non sono
frutto solo delle denunce dei cittadini residenti ma anche di documenti
ufficiali noti ovviamente sia alla Regione che al Comune e alla Città
Metropolitana (ancor prima alla Provincia di Genova).
Infatti:
1. tali disagi sono stati formalmente recepiti
nel PTC Provinciale che relativamente all’impianto della Volpara lo indica fra gli elementi di criticità
dell’Ambito 1.3 per le problematiche connesse alla sua dislocazione all’interno
dell’area urbana (criticità insediative) e per il suo impatto paesistico.
2. già nel 1996 il Comune di Genova manifestava
alla USL dell’epoca la necessità di approfondire gli effetti delle emissioni dell’impianto. Nonostante ciò in questi anni,
con la motivazione della chiusura di Scarpino, sono notevolmente aumentati i
quantitativi e le tipologie di rifiuti in entrata all’impianto senza che le
autorizzazioni rilasciate valutassero adeguatamente gli impatti ulteriori e
definissero l’introduzione, prescrittiva, di misure di mitigazione adeguate a
tali impatti.
3. la sentenza del Tribunale di Genova n. 1291/15 che ha
condannato per getto di cose pericolose
la gestione dell’impianto in relazione alle emissioni polverose maleodoranti
derivanti dall’attività di carico e
scarico dei rifiuti dai camion
utilizzati per il servizio di raccolta rifiuti verso le presse in funzione
dell’area di stoccaggio nonché dalla perdita dei rifiuti sul luogo di raccolta
e compattamento
4. i disagi di tutti
questi anni non sono stati adeguatamente valutati sotto il profilo dell’impatto
sanitario, questo nonostante continuino come confermato indirettamente dalla
lettera della Città Metropolitana del 18 agosto 2017 inviata ai cittadini
rappresentanti del Comitato Spontaneo Difesa Salute e Ambiente Gavette
Valbisagno.
AUA E VIA NON HANNO AFFRONTATO LE PROBLEMATICHE
SANITARIE DELL’IMPIANTO
Non solo l’impianto
in questione non ha mai avuto una procedura di VIA, ma neppure la procedura VIA avviata in data 2/8/2017, fino a quando è rimasta aperta, aveva affrontato le
problematiche di emissioni odorigene prodotte dall’impianto in chiave di
impatto sanitario. Questo nonostante che al momento dell’avvio del procedimento
di VIA (31 agosto 2017) era in vigore la
DGR n. 1295 del 30/12/2016 che
disciplina le modalità con le quali all’interno della procedura di VIA regionale
sia svolta una Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS). Ovviamente non risulta dalla
istruttoria svolta (fino alla chiusura anticipata della stessa come sopra
riportato) che la documentazione prodotta sia stata integrata dalla VIIAS o
quanto meno sia stata prodotta la verifica della non necessità della VIIAS.
La
questione delle emissioni odorigene e dei relativi disagi sanitari della zona
interessata dall’impianto in questione è stata rimossa anche dalla Città
Metropolitana nella conclusione del procedimento di AUA, avvenuta
con atto n. 731/2018. Infatti in questo atto si cita la nota delle Regione del
21/3/2018 con la quale quest’ultima mette a disposizione l’istruttoria tecnica
del procedimento di VIA “non
concretizzatosi in un provvedimento finale”. Ma in quella istruttoria l’impatto
sanitario è stato totalmente rimosso ne si è data la possibilità di integrarlo
come avevano richiesto con apposita Istanza i cittadini residenti nella zona.
A conferma di quanto sopra l’AUA della Città Metropolitana sotto il profilo
delle emissioni in atmosfera si limita, a richiamare le autorizzazioni alle
emissioni precedenti a partire da quella del 2011. Questo nonostante che la autorizzazione per modifica non sostanziale n. 91
del 2017 citi la Nota della stessa Città Metropolitana n. 25449 del 20/3/2015
dove si afferma: “ che era in fase di studio di fattibilità di una sistema di
confinamento della zona di accoppiamento pressa-camion con aspirazione e
convogliamento dell’aria all’esistente impianto di abbattimento asservito ai
silos dell’impianto di trasferimento RSU”. Tutto ciò, alla luce della nuova AUA, dimostra la palese esistenza di un problema di prescrizioni inadeguate che
nascono prima di tutto dal modello impiantistico di ricezione dei rifiuti da
compattare privo di spazi di compensazione preliminari (adeguatamente depressurizzati)
prima dello scarico vero e proprio del rifiuto.
Non solo ma la istruttoria
della nuova AUA ha rimosso inoltre DLGS 183/2017 (vedi QUI) che ha introdotto il nuovo
articolo 272-bis del DLgs 152/2006 secondo il quale la normativa regionale o le
autorizzazioni possono prevedere misure per
la prevenzione e la limitazione delle emissioni
odorigene a tutti gli impianti ed alle attività che producono
emissioni in atmosfera.
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