Secondo il presidente degli Agenti Marittimi genovesi, (vedi oggi sul Secolo XIX) il futuro per ridurre le emissioni da navi nei porti non è nella elettrificazione ma nel gas.
Affermazione che in se potrebbe avere degli aspetti di verità ma come sempre quando si parla di scelte a potenziale impatto ambientale si esprimono ragionamenti fondati solo su logiche tecnocratiche o peggio di mercato mai legate al principio base di ogni seria valutazione di impatto ambientale di una scelta.
Affermazione che in se potrebbe avere degli aspetti di verità ma come sempre quando si parla di scelte a potenziale impatto ambientale si esprimono ragionamenti fondati solo su logiche tecnocratiche o peggio di mercato mai legate al principio base di ogni seria valutazione di impatto ambientale di una scelta.
Eppure la questione è semplice se usiamo il gas dobbiamo avere molti depositi e da questi depositi ci vogliono navette che lo trasportino (ne ho scritto QUI per il progetto previsto a Spezia e QUI per il progetto previsto a Chioggia).
Ora il punto è che questi depositi e il gas sono portatori potenziali di un rischio di incidente e di rilasci nell'ambiente di sostanze altamente pericolose e quindi dovranno essere valutati attentamente i siti anche e soprattutto in termini di aumento del rischio di incidente.
Tutto questo in una situazione dove ai porti italiani non si applica più la normativa Seveso (ne ho scritto QUI) e quindi è diminuita, a prescindere dai nuovi depositi di gnl e/o gpl ad esempio, la pianificazione della prevenzione del rischio come ammesso dal sistema nazionale delle agenzie per la protezione ambientale.
Quanto sopra andrebbe valutato anche in termini di esternalità dei costi economici oltre che ambientali sia di prevenzione che di risanamento per un potenziale incidente
Ma di questo nessuno si preoccupa perché il punto vero, come quasi sempre mi accade di verificare seguendo vertenze ambientali in giro per l'Italia, è che le scelte sull'uso dei territori vengono fatte a priori rimuovendo il principio cardine di ogni seria VALUTAZIONE AMBIENTALE: LA SPECIFICITÀ DEL SITO.
Ma questo non è un problema, direbbero i soloni del “fare” tanto poi si farà la VIA o qualcosa di "simile". Si certo una VIA stravolta che da strumento preventivo di verifica della sostenibilità di una scelta rispetto ad uno sito è ormai trasformata in strumento di giustificazione a posteriori di scelte fatte a prescindere secondo logiche che nulla hanno a che fare con i territori dove verranno collocate.
Non è un caso che il professore Virginio Bettini che negli anni 80 ha portato la VIA nelle Università Italiane (contro l’ostracismo dei baroni della pianificazione e progettazioni “sostenibile in se”) già nel 2000 paventando il rischio scrisse un bellissimo libro intitolato “Ecologia dell’Impatto Ambientale” dove nella Introduzione, così sintetizzava la questione della VIA: “l’accento deve essere messo sul processo piuttosto che sul prodotto, favorendo le procedure partecipative, i processi progettuali interattivi in cui la valutazione diventa motore per soluzioni più adatte”.
Ecco “soluzioni più adatte” e non siti da adattare alle soluzioni. I porti di Spezia e Genova sono già caricati di presenze a rischio di incidente rilevante quindi la discussione su quali scelte fare, in termini progettuali, per le emissioni delle navi non potrà non tenere conto di questo aspetto. Vogliamo cominciare a parlarne seriamente?
Ora il punto è che questi depositi e il gas sono portatori potenziali di un rischio di incidente e di rilasci nell'ambiente di sostanze altamente pericolose e quindi dovranno essere valutati attentamente i siti anche e soprattutto in termini di aumento del rischio di incidente.
Tutto questo in una situazione dove ai porti italiani non si applica più la normativa Seveso (ne ho scritto QUI) e quindi è diminuita, a prescindere dai nuovi depositi di gnl e/o gpl ad esempio, la pianificazione della prevenzione del rischio come ammesso dal sistema nazionale delle agenzie per la protezione ambientale.
Quanto sopra andrebbe valutato anche in termini di esternalità dei costi economici oltre che ambientali sia di prevenzione che di risanamento per un potenziale incidente
Ma di questo nessuno si preoccupa perché il punto vero, come quasi sempre mi accade di verificare seguendo vertenze ambientali in giro per l'Italia, è che le scelte sull'uso dei territori vengono fatte a priori rimuovendo il principio cardine di ogni seria VALUTAZIONE AMBIENTALE: LA SPECIFICITÀ DEL SITO.
Ma questo non è un problema, direbbero i soloni del “fare” tanto poi si farà la VIA o qualcosa di "simile". Si certo una VIA stravolta che da strumento preventivo di verifica della sostenibilità di una scelta rispetto ad uno sito è ormai trasformata in strumento di giustificazione a posteriori di scelte fatte a prescindere secondo logiche che nulla hanno a che fare con i territori dove verranno collocate.
Non è un caso che il professore Virginio Bettini che negli anni 80 ha portato la VIA nelle Università Italiane (contro l’ostracismo dei baroni della pianificazione e progettazioni “sostenibile in se”) già nel 2000 paventando il rischio scrisse un bellissimo libro intitolato “Ecologia dell’Impatto Ambientale” dove nella Introduzione, così sintetizzava la questione della VIA: “l’accento deve essere messo sul processo piuttosto che sul prodotto, favorendo le procedure partecipative, i processi progettuali interattivi in cui la valutazione diventa motore per soluzioni più adatte”.
Ecco “soluzioni più adatte” e non siti da adattare alle soluzioni. I porti di Spezia e Genova sono già caricati di presenze a rischio di incidente rilevante quindi la discussione su quali scelte fare, in termini progettuali, per le emissioni delle navi non potrà non tenere conto di questo aspetto. Vogliamo cominciare a parlarne seriamente?
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