Leggo anche oggi sul
Secolo XIX l’ennesima interpretazione della sentenza del TAR Liguria che ha
respinto la domanda del Comune di Spezia per l’annullamento del provvedimento
con il quale le Soprintendenze Archeologica e Belle Arti e Paesaggio in data 23
settembre 2015 avevano imposto nuove prescrizioni al progetto di
riqualificazione di Piazza Verdi.
A me pare che le questioni
siano chiare come peraltro lo erano dopo la sentenza del Consiglio di Stato che
sicuramente aveva accolto pienamente le tesi del Comune. Su quella sentenza espressi molte perplessità
(vedi QUI)ma
non ho mai scritto che il fronte del no al progetto Buren Vannetti avesse vinto
o comunque non avesse perso.
Ora invece dopo la
sentenza del TAR Liguria si cerca da parte del Comune di dimostrare che, come
diceva la mia nonna, “Cristo è morto dal sonno”, vale a dire che il Comune non
sarebbe stato “condannato” sic!
Infatti il TAR ha
dichiarato due cose chiarissime:
La inammissibilità del ricorso con il quale il Comune voleva dimostrare che il nuovo
provvedimento delle due Soprintendenze era in contrasto con la sentenza del
Consiglio di Stato dello scorso 12 febbraio 2015 (la c.d. ottemperanza). In particolare il TAR ha dichiarato che il
nuovo provvedimento riguarda nel merito questioni diverse da quelle trattate
dal Consiglio di Stato frutto di una istruttoria diversa. In quella del 2015 l’oggetto
era la valenza storica della piazza in rapporto al filare dei pini, nella sentenza
del TAR dello scorso 10 febbraio l’oggetto è invece la valenza archeologica dei
reperti ritrovati duranti i lavori nella piazza e ovviamente il rapporto tra
come conservare questi reperti rispetto all’insieme della piazza così come
si è venuta storicamente a realizzarsi nel tempo.
La legittimità del provvedimento delle Soprintendenze con il quale imponevano precise
prescrizioni al Comune nella riqualificazione della piazza.
COSA È CHIARO NELLA SENTENZA DEL TAR LIGURIA
A questo punto appaiono
chiare alcune questioni fondamentali e non saranno le interpretazioni di parte
di nessuno a cambiare le carte in tavola, che potrebbero essere cambiate solo
ed unicamente da una nuova sentenza del Consiglio di Stato che al momento non
appare all’orizzonte delle decisioni della Amministrazione Comunale.
Vediamole le questioni
fondamentali chiarite dalla sentenza del TAR:
LA PRIMA: è che il TAR ha affermato un principio, che a mio avviso era valido
anche prima, in palese contraddizione con la sentenza del Consiglio di
Stato: un organo della giustizia
amministrativa non può sostituirsi ad un ente competente per legge nello
svolgere le istruttorie che portano alle decisioni (autorizzazioni)
eventualmente impugnate. In altri termini la verifica dell’interesse
archeologico è di competenza della
Soprintendenza e, salvo che sia immotivata o motivata in modo totalmente illogico o in
contrasto con la legge, non può essere oggetto di valutazione di merito da
parte di un TAR (ma anche di un Consiglio di Stato) salvo che venga disposto dal TAR un approfondimento tecnico in contraddittorio delle parti. Peccato che
questo principio affermato ora dal TAR Liguria non sia stato rispettato dal
Consiglio di Stato nel febbraio 2015. Infatti quella sentenza del Consiglio di
Stato da un giudizio di merito della relazione storica con la quale la
Soprintendenza dichiarò l’interesse culturale della piazza.
LA SECONDA: il TAR non solo ha affermato il principio sopra
riportato ma anche aggiunto la legittimità del provvedimento con il quale la
Soprintendenza sulla base della relazione archeologica disposta di ufficio ha
imposto le prescrizioni al progetto della Piazza contestate infruttuosamente
dal Comune. Affermando questa legittimità ha anche confermato la illegittimità
dell’inter amministrativo del Comune in materia di verifica dell’interesse
archeologico. Afferma infatti il TAR sul punto: “Il tribunale deve rilevare complessivamente
che si è trattato di un’attività discrezionale nell’espletamento della quale la
p.a. ha dato esecuzione alle prescrizioni normative che impongono la
salvaguardia delle memorie del passato con cadenze temporali in cui rientrano
indiscutibilmente i ruderi emersi.”
La P.A. citata dal TAR è ovviamente la Soprintendenza ligure e le prescrizioni normative sono nel Codice degli Appalti Pubblici e nel Codice dei Beni Culturali.
LA TERZA: se è vero quanto sopra allora almeno di questo secondo
stop ai lavori sulla piazza è totalmente colpevole il Comune che non ha dato “esecuzione alle prescrizioni normative” in materia di vincolo archeologico come afferma il
TAR nella sua sentenza.
LA QUARTA: Il Comune poi afferma di non avere perso perché non è vero che il TAR
lo abbia condannato al ripristino del filare dei pini. Qui veramente siamo di fronte ad una sorta di
depistaggio giurisprudenziale. Il Comune
tira in ballo i pini per rimuovere invece il contenuto della terza prescrizione
delle Soprintendenze quella che afferma l’obbligo di “Documentare e segnalare
i due precedenti assetti della piazza, in particolare con sistemazioni a verde
integrative rispetto a quelle di progetto, tali da risultare maggiormente
compensative di quelle eliminate, in termini di volume di chioma.” In sostanza la Soprintendenza
con questo atto (ripeto dichiarato legittimo dal TAR) ha messo in coordinamento
i due precedenti assetti della piazza con il tipo di verde che dovrà essere
presente nella piazza alla fine dei lavori. La Soprintendenza in sostanza, ha
voluto affermare che l’assetto finale della piazza non potrà rimuovere la
storia della stessa sia nella versione Politeama e altri reperti ritrovati in
loco e facenti riferimento alla piazza all’inizio del 900 se non addirittura anche
prima , sia nella versione del filare dei pini così come venne installato negli
anni 30 con la definizione dell’assetto della piazza così come era arrivato ai
giorni nostri. Vuol dire questo che
dovranno essere ripristinati tali e quali i pini nel loro filare originario?
No di certo, vuol dire invece che l’assetto finale
della Piazza dovrà ricordare sia le emergenze storiche passate che il tipo di
alberatura da alto fusto presente dagli anni 30. Tutto questo non piace? Può darsi ma questo
ora, scusate il termine un poco nudo e crudo, è legge sancito anche da una
sentenza del TAR e andrà rispettato. Il come in concreto dovrà essere deciso
dal confronto delle Soprintendenze ed il Comune ma l’ultima parola spetterà alle prime in
qualità di ente che dovrà autorizzare le modifiche al progetto approvato nel
2012. Morale il vecchio filare e il suo
ripristino non c’entra nulla e quindi sarebbe bene che il Comune si occupasse
di quanto ho scritto sopra evitando battute senza senso.
LA QUINTA: la argomentazione del Comune più assurda sotto il profilo giuridico è
quella secondo cui il TAR avendo compensato le spese tra le parti avrebbe in un
certo senso voluto dire che anche la Soprintendenza ha “pasticciato le procedure”. Se fosse vera questa tesi
allora varrebbe anche per la sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2015. Quella sentenza
pur dando ragione al Comune compensò le spese tra le parti…. Dovremmo quindi
dedurre che la sentenza del Consiglio di Stato, avendo compensato le spese, avrebbe ammesso che tutto
sommato anche il Comune aveva “pasticciato”? Non siamo così fini giuristi da
avventurarci in interpretazioni così “acute”…..in realtà come dovrebbero sapere
in Comune spesso e volentieri (quasi
sempre) quando si compensano le spese è perché: chi ricorreva non ha messo in atto
una controversia totalmente impropria (temeraria), perché la valenza degli
interessi della parte soccombente erano comunque di rango generale (spesso costituzionale)
e non meramente privatistici, perché come nel caso dell’ultimo TAR ma anche
del Consiglio di Stato erano a confronto enti pubblici.
CONCLUSIONI
Il Comune si metta l’animo
in pace e:
la finisca con i toni
muscolari,
la finisca con le
interpretazioni assurde sulla sentenza,
critichi pure la sentenza
ma ammetta questa volta la sconfitta come noi la abbiamo ammessa nel caso del
Consiglio di Stato pur criticandolo anche nettamente,
la smetta di portare
avanti i lavori furbescamente come sta facendo anche in questi giorni con il
rischio di aprire nuovi contenziosi con gli enti competenti,
si sieda intorno al tavolo
con la Soprintendenza per discutere come modificare il progetto.
Comunque la si pensi sul
progetto Buren Vannetti la città è stanca di questa vertenza…… chiudiamola
velocemente e ridiamo alla città la Piazza:lo vogliono gli spezzini sia quelli del si che quelli del no.
A colpi di carta bollata la piazza é "per aria", pericolosa, triste e senza pini. Le luci della piazza sono a mio parere indegne anche del più misero centro commerciale. Come al solito, tutto raffazzonato, come accade in questa città che colpevolizza chi ha senso civico e critico.
RispondiEliminaEppure avrebbero dovuto prendere atto che sono arrivati alla frutta e che è bene si accordino coi cittadini come avrebbero dovuto fare 3 anni fa
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