lunedì 8 febbraio 2016

Impianto ceneri da carbone nel porto di Spezia:chiarezza amministrativa!

Sul  Secolo XIX di oggi, cronaca spezzina, il Sindaco del Comune capoluogo dichiara in relazione all’impianto recupero di ceneri sul molo Garibaldi del porto della Spezia: “L’autorizzazione data dalla Provincia con il consenso di Autorità portuale, Arpal, Asl e Comune è il risultato di un iter puramente tecnico, rilasciata in coerenza con le normative e secondo una scrupolosa osservanza dei limiti a tutela della salute e dell’ambiente”  Poi successivamente il Sindaco aggiunge e precisa: “se, da una parte, i tecnici hanno agito correttamente, dall’altra, visto che il sito è prossimo a quello che deve diventare il nuovo fronte a mare ed è immediatamente a ridosso degli sbarchi dei crocieristi, ritengo del tutto giusto mettere in discussione attività di questo tipo che mal si conciliano con i processi di trasformazione dell’area del primo bacino”.

Ebbene queste due dichiarazioni apparentemente coerenti sotto il profilo lessicale in realtà sotto il profilo amministrativo, che trattandosi di istituzioni è quello che conta nella sostanza, sono in totale contraddizione tra loro. Vediamo perché….

Il ragionamento del Sindaco in sintesi è questo: l’impianto di recupero ceneri è stato autorizzato a termini di legge come se fosse un atto dovuto, parole sempre del Sindaco. Allo stesso tempo il Sindaco precisa: l’impianto non può essere compatibile con l’evoluzione dell’area portuale interessata verso la crocieristica.

Premesso che in campo ambientale, in altri si (vedi edilizia privata ma anche qui bisogna verificare che non sussistano vincoli ambientali o di altro tipo), non esistono atti dovuti in quanto il margine di discrezionalità quanto meno tecnica della autorità titolare della funzione permane sempre visto che trattiamo di interessi di rango costituzionale da ponderare tra loro : ambiente, salute, impresa etc. 

Premesso quindi quanto sopra,  il ragionamento del Sindaco è assolutamente contraddittorio perché da un lato sostiene che l’impianto è stato autorizzato secondo una procedura corretta dall’altro ne paventa in modo esplicito la incompatibilità con il sito. Ma questo secondo aspetto non è questione meramente politica da contrapporre al c.d. “atto dovuto” della autorizzazione. Anche la questione della compatibilità dell’impianto con il sito è questione amministrativa ed andava affrontata dentro il procedimento di autorizzazione e non dopo come sta avvenendo.

Relativamente alla compatibilità dell’impianto con il sito due sono i parametri giuridico amministrativi da utilizzare per valutarla:
1. la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
2. la verifica di compatibilità di questa nuova attività con la destinazione funzionale che il Piano Regolatore del Porto prevede per il Molo Garibaldi.

A questi due si potrebbe aggiungere altri due parametri più specifici:  
3. quello che riguarda la compatibilità non della localizzazione dell’impianto rifiuti in quanto tale ma del tipo di attività che in esso si svolgerà con il rischio sanitario per lavoratori e cittadini residenti o comunque frequentanti (vedi passeggeri navi da crociera per non parlare di residenti e lavoratori) da vicino l’area interessata: Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
4. quello che riguarda non la compatibilità dell’impianto in se con il sito ma del materiale trattato dall’impianto in relazione alla normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante  

Vediamo entrambe le due tipologie di parametri :


1. LA PROCEDURA DI VIA
Come è noto, sotto il profilo ambientale non è l’autorizzazione all’impianto o alla attività che permette di valutare la sua compatibilità con il sito ma è la procedura di VIA. In questo caso andava applicata la verifica di assoggettabilità a VIA.
L’installazione in oggetto infatti rientra tra quelle soggette a Verifica di VIA ai sensi della lettera z-b) paragrafo 7 allegato IV alla Parte II del DLgs 152/2006 che sottopone a verifica gli impianti che svolgono una delle operazioni di recupero rifiuti speciali non pericolosi (siamo di fronte a ceneri leggere dalla combustione del carbone codice europeo rifiuti n. 10.01.02) elencate nell’allegato C alla Parte IV del DLgs 152/2006. Tra queste attività c’è anche la messa in riserva (citata nella autorizzazione della Provincia) che costituisce attività propedeutica alle operazioni di recupero dei rifiuti. La soglia in questo caso è addirittura di 10 tonnellate giorno quindi siamo pienamente dentro l’obbligo di Verifica di VIA.

Ma la conferma di come la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA deve verificare la compatibilità della nuova attività con il sito sta nel decreto ministeriale (vedi QUI) che ha stabilito i criteri per svolgere tale procedura da parte delle Regioni. Stabilendo, nel rispetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che tutti i criteri dovranno essere valutati per verificare l’applicabilità della VIA ordinaria, quindi non solo quello della soglia di quantità di rifiuti trattati ma anche quello della localizzazione dell’impianto nonché dell’impatto cumulativo con attività esistenti.  
Voglio ricordare che siamo in piena area portuale dove attraccano navi container e passeggeri inquinanti oltre ad altri fattori quali il rischio di incidenti compresi gli incendi nonché il traffico dei viali adiacenti al porto. In particolare il decreto ministeriale definisce l’ambito areale all’interno della quale si devono considerare le attività esistenti come potenzialmente cumulative con il progetto sottoposto a verifica di VIA: 1 km a partire dalla collocazione dell’impianto nuovo.  È ovvio che tutto ciò che rientra dentro questa area debba essere valutato come impatto cumulativo con il nuovo impianto e siccome attività impattanti esistono questo comporta una riduzione delle soglie del 50% sulla quantità di rifiuti trattati. Quindi è, direi altamente probabile che la procedura di Verifica, se svolta, porti ad una VIA ordinaria con la possibilità di chiedere una Inchiesta Pubblica da parte dei cittadini 



2. LA COMPATIBILITÀ CON IL PIANO REGOLATORE DEL PORTO
Le norme attuative del PRP prevedono relativamente all’ambito 6 (quello appunto dove dovrebbe essere collocata la nuova attività):
1. Funzione caratterizzante: Commerciale
2. Funzione compatibile: Passeggeri
3. Funzioni non compatibili: Industriale

Le attività consentite per la funzione commerciale, ex articolo 11.3.1,  sono : container, rinfuse liquide e solide, merci convenzionali, stoccaggio, manipolazione, distribuzione merci. Le opere realizzabili sono: opere di protezione, moli, banchine, nuovi accosti, terminal container, relative attrezzature per il carico scarico delle merci, magazzini, piazzali deposito merci, uffici, alloggi per custode, aree scoperte e parcheggi, strade ed opere ferroviarie.

Come si vede anche lo stoccaggio fa riferimento a merci non certo a materiali classificabili rifiuti. Infatti il trattamento dei rifiuti farebbe automaticamente passare gli attuali silos esistenti  (che stoccano cemento alla rinfusa) in un impianto industriale non più esclusivamente commerciale quindi incompatibile con le destinazioni funzionali dell’ambito come sopra descritte.
Voglio precisare che il cemento è contenuto nel punto  17.01.01 dell’elenco europeo  dei materiali considerati rifiuti. Ma ovviamente nel caso in esame il cemento che fino ad ora si stoccava nei silos esistenti non era e non è rifiuto.
Intanto perché questo è ammesso dalla stessa nuova autorizzazione della Provincia, altrimenti questa autorizzazione sarebbe dovuta essere rilasciata prima salvo considerare la precedente attività totalmente illegale cosa che non è stata fino ad ora a quanto pare.  
In secondo luogo perché per poter classificare come rifiuto un materiale  non basta il suo inserimento nell’elenco europeo sopra citato ma deve rientrare nella definizione di rifiuto ex lege: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi;”. Come si vede nella nuova definizione di rifiuto (ex Direttiva europea 2008/98) scompare il riferimento all’elenco europeo che non è più elemento dirimente per la classificazione salvo per i rifiuti pericolosi. Quindi  per potere classificare rifiuto un materiale occorrono:
1. comportamento soggettivo del detentore che si disfi o abbia deciso o abbia
l'obbligo di disfarsi
2. il materiale rientri nell’elenco CER ( resta in vigore la Decisione 2000/532)
3. pur non rientrando nell’elenco CER e rispettando il comportamento di cui al punto 1, presenti una o più caratteristiche di pericolosità fra quelle elencate nell’allegato III alla presente Direttiva. (su questo aspetto torno nel paragrafo successivo di questo post in relazione alla questione industrie a rischio di incidente rilevante)

Risulta con chiarezza che fino ad oggi i silos, che ora si vuole trasformare in impianto di rifiuti, stoccavano solo merci.

Quindi se l’impianto o nuova attività non sono compatibili con il PRP andava presentata una variante al PRP alla quale andava applicata una procedura di Valutazione Ambientale Strategica (la valutazione sui piani e programmi distinta dalla VIA che valuta i progetti) nella forma quanto meno della verifica di assoggettabilità a VAS. Peraltro nel caso in esame non saremmo di certo in una situazione di adeguamento tecnico funzionale ma di vera e propria variante.   Su questo aspetto rilevano le Linee Guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulla redazione dei piani regolatori portuali (per il testo vedi QUI). Secondo queste Linee Guida è variante al PRP vigente l’intervento che comporti: “modifica sostanziale degli elementi pianificati” e che non rientri nella “famiglia di destinazioni di uso compatibili per analoghi carichi urbanistici e ambientali”.



3. LA QUESTIONE DELLA NORMATIVA SUI RISCHI DI  INCIDENTE RILEVANTE
La Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Toscana (ARPAT)  in un recente report (del novembre 2015) ha avuto modo di affermare che: “Le aziende di gestione rifiuti di piccole/medie dimensioni solitamente non rientrano tra gli stabilimenti che la norma definisce a “rischio di incidente rilevante ma risulta opportuno adottare misure di prevenzione e stima a priori degli effetti di possibili incidenti  con le metodologie impiegate per gli stabilimenti “Seveso”.”

Infatti al’interno dei rifiuti possono essere presenti sostanze o più frequentemente miscele di sostanze, alcune delle quali possono essere pericolose e pertanto presentare per le loro proprietà intrinseche un rischio “rilevante” per la salute delle persone e per l’ambiente

Ma c’è di più perché di  recente a livello europeo con il Regolamento 2014/1357/UE sono stati introdotti nuovi criteri di classificazione dei rifiuti.  In particolare ai rifiuti sono assegnate delle proprietà di pericolo, da HP1 a HP15, in base alle caratteristiche di pericolo possedute e riconducibili, in ultima analisi, alla natura ed alla concentrazione delle sostanze in essi contenute.

A conferma si veda l’ultima versione della normativa Seveso III  (Decreto Legislativo 105/2015), secondo la quale anche i Rifiuti (e quindi la loro pericolosità) devono essere analizzati ai fini del raggiungimento delle soglie delle sostanze pericolose il cui raggiungimento comporta l’assoggettabilità al campo di applicazione della suddetta normativa. Si veda nota 5 all'Allegato 1al citato Decreto Legislativo 105/2015, secondo il quale: “Le sostanze pericolose che non sono comprese nel Regolamento CLP, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile, che ricade nell'ambito di applicazione del presente decreto”.

Sulla base di quanto sopra chi gestisce gli impianti di rifiuti ha  quindi l’obbligo di valutare l’assoggettabilità alla normativa “Seveso” attribuendo alle sostanze pericolose potenzialmente presenti la categoria più simile prevista in questa  normativa.

La sottoposizione alla normativa Seveso comporta obblighi, che vanno al di la della disciplina prevenzione incendi,  anche per gli impianti che hanno soglie di sostanze pericolose non altissime. Gli obblighi sono:
1. quelli generali di prevenzione rischio incidenti anche a tutela della salute umana(articolo 12 DLgs 105/2015)
2. obbligo di notificare ogni informazione sul tipo di sostanze pericolose trattate, i rischi legati all’ambiente circostante (articolo 13 DLgs 105/2015)
3. politica di prevenzione del rischio di incidente allegando allo stesso il programma adottato per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza (articolo 14 DLgs 105/2015

Ovviamente questa valutazione andava SVOLTA  O IMPOSTA dal/al  proponente la nuova attività di recupero ceneri prima del rilascio della autorizzazione da parte della Provincia.



4. INFINE LA QUESTIONE DELLA AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE
per una installazione come quella in oggetto  non è sufficiente il rilascio di una semplice autorizzazione ordinaria, occorre una autorizzazione integrata ambientale (AIA). Ciò si ricava dal punto 3) lettera b) paragrafo 5.3. dell’allegato VIII  alla Parte II del DLgs 152/2006, secondo il quale sono soggetti ad AIA il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso al trattamento di scorie e ceneri, ben al di sotto delle 100.000 tonnellate anno previste dalla installazione autorizzata nel porto di Spezia.  Ricordo che ai sensi del punto 14 articolo 3 della Direttiva 2008/98 per trattamento si intende: "operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento". 

L'applicazione della procedura di AIA avrebbe comportato l’obbligo per il Sindaco del Comune della Spezia di rilasciare un Parere sulla compatibilità sanitaria di questo impianto. Parere che ovviamente non è stato rilasciato.



MA ANCHE…….LA QUESTIONE DELLA CONCESSIONE DA PARTE DELLA AUTORITÀ PORTUALE
Come è noto l’attività esistente, che dopo la nuova autorizzazione della Provincia cambierà contenuto, era ed è soggetta a concessione da parte della Autorità Portuale. 
Sarebbe quindi interessante conoscere se gli uffici competenti della AP abbiano:
1. verificato la compatibilità della attività con l’attuale PRP, considerato anche che in tema di rilascio di concessioni o di rinnovo o modifica delle stesse il concessionario deve dichiarare il tipo di attività che svolgerà nell’area concessionata ai sensi del regolamento della AP di Spezia in materia (vedi QUI)
2. applicato le linee guida ambientali in materia di concessioni approvate a suo tempo nell’ambito della politica ambientale della Autorità Portuale all’interno Certificazione Ambientale ISO 14001:2004 (vedi QUI)



CONCLUSIONI
Se posso dare un consiglio al Sindaco Federici sulla legittimità della procedura seguita per il rilascio della autorizzazione non ci metterei la mano sul fuoco, ma anche se fosse legittima ( e secondo me non lo è, vedi sopra) è altrettanto chiaro che se l’attività autorizzata è incompatibile con le attuali e future destinazioni dell’area interessata l’autorizzazione non poteva essere rilasciata.  Peraltro a questo punto da un punto di vista amministrativo le strade sono strette se si vuole recuperare quello che è stato fatto:
1. la Provincia in sede di autotutela annulla la propria autorizzazione per illegittimità e apre il procedimento di AIA,
2. la Regione apre il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA in modo coordinato con quello di AIA
3. l’Autorità Portuale si comporta di conseguenza per la parte di sua competenza in relazione alla concessione demaniale.

Ma come dire non sarà semplice perché in questo momento la azienda ha in mano una autorizzazione legittima fino a prova contraria e non saranno le dichiarazioni “politichesi” del Sindaco o di altri sulla incompatibilità di questa attività che la potranno fermare.

Ancora un volta le cattive istruttorie rischiano di produrre danni all’ambiente e alla salute e forse anche alle casse pubbliche in caso di contenzioso non gestito accuratamente. 

COME VOLEVASI DIMOSTRARE……  Purtroppo! 

....e come avevo scritto più volte in questo blog, da ultimo QUI


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