La Corte Costituzionale con sentenza n° 108 (QUI) dello
scorso 17 luglio 2025 ha dichiarato:
1. la legittimità costituzionale di una norma regionale
che impegna il gestore di telefonia mobile ad una corretta manutenzione in esercizio
della antenna e la sua rimozione con relativo ripristino ambientale del sito. Inoltre,
la norma dichiarata costituzionale impegna i gestori a rispettare le
prescrizioni fornite dall’Agenzia Regionale per la protezione ambientale
2. la illegittimità costituzionale di una norma regionale
che impegna i gestori a presentare un apposito certificato fideiussorio
relativo agli oneri di smantellamento e ripristino ambientale.
Vediamo partitamente le motivazioni di legittimità
costituzionale e di incostituzionalità delle norme regionali contestate dal
Governo nazionale.
LE PARTI DELLA LEGGE REGIONALE DICHIARATE CONFORMI ALLA
COSTITUZIONE
La sentenza dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale della parte della norma regionale che prevede
l’allegazione all’istanza di autorizzazione di un atto d’impegno alla corretta
manutenzione dell’impianto, nel rispetto delle prescrizioni impartite
dall’ARPAM, nonché al ripristino del sito al momento della sua disattivazione.
La Corte nella sentenza al fine di dimostrare la
costituzionalità della norma regionale ricostruisce gli articoli del Codice
delle Comunicazioni Elettroniche che sostanziano la costituzionalità suddetta:
1. L’art. 107 (QUI)
cod. comunicazioni elettroniche, al comma 1, sia prima che dopo le modifiche da
ultimo introdotte, già impone l’obbligo per gli operatori di telecomunicazioni
di presentare una «dichiarazione di impegno ad osservare specifici obblighi,
quali […] il rispetto delle norme di sicurezza, di protezione ambientale, di
salute della popolazione ed urbanistiche», come condizione necessaria ai fini
dell’autorizzazione generale all’espletamento dell’attività.
2. L’art. 115 (QUI),
comma 2, cod. comunicazioni elettroniche, pure nel testo vigente, stabilisce
che «il soggetto, titolare di autorizzazione generale, è tenuto a rispettare le
disposizioni vigenti in materia di sicurezza, di salute della popolazione, di
protezione ambientale, nonché le norme urbanistiche e quelle dettate dai
regolamenti comunali in tema di assetto territoriale».
3. L’art. 93, comma 2, primo periodo, cod. comunicazioni
elettroniche, nella precedente versione (ora trasfusa nell’art. 54 comma 6 QUI), del codice vigente), dispone che «gli operatori che forniscono reti di
comunicazione elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne la Pubblica
Amministrazione, l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario o gestore, dalle
spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche
specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di
ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’Ente
locale».
Quindi conclude la sentenza che la disposizione regionale
non determina né un aggravamento della procedura di autorizzazione né impone
«oneri o canoni» ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge statale.
Essa si limita a ribadire e a specificare il contenuto di un obbligo, già
previsto dal codice delle comunicazioni elettroniche, avente a oggetto il
corretto svolgimento del servizio – nel rispetto delle norme di sicurezza, di
protezione ambientale e di salute della popolazione – e, in caso di
disattivazione, il ripristino delle aree coinvolte dagli interventi di
installazione degli impianti.
PARTI DELLA LEGGE REGIONALE DICHIARATE INCOSTITUZIONALI
La sentenza dichiara invece fondata la questione di
legittimità costituzionale della parte della norma regionale che introduce a
carico degli operatori di telecomunicazioni che intendano presentare istanza di
autorizzazione dell’impianto un adempimento che in effetti non risulta
espressamente previsto dal codice delle comunicazioni elettroniche, nonostante
il carattere analitico e di dettaglio di molte delle sue previsioni. Si tratta
dell’obbligo di presentare un apposito certificato fideiussorio relativo agli
oneri di smantellamento e ripristino ambientale che non è compreso nell’elenco
dei documenti da produrre a corredo dell’istanza di autorizzazione, contenuto
nel previgente Allegato n. 13 al codice delle comunicazioni elettroniche (ORA
VEDI VERSIONE VIGENTE ALLEGATO 13(QUI).
Secondo la sentenza la incostituzionalità si fonda sui
seguenti motivi:
La norma regionale si discosta dalla disciplina statale
del procedimento autorizzatorio, poiché richiede agli operatori di
telecomunicazioni una prestazione di carattere pecuniario (quale è la stipula
di un contratto a titolo oneroso, ossia di una polizza fideiussoria), non
espressamente prevista tra quelle tipizzate dall’art. 93 cod. comunicazioni
elettroniche.
Pertanto, la disposizione regionale censurata viola la
disposizione espressa dal richiamato art. 93 del Codice (ora vedi articolo 54 QUI),
la cui natura di principio fondamentale è stata più volte ribadita da questa
Corte «in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un
trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del
divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni» (sentenze: n. 246 del
2020 QUI,
n. 47 del 2015 QUI,
n. 272 del 2010 QUI,
n. 450 del 2006 QUI,
n. 336 del 2005 QUI).
Infatti, in mancanza di tale principio, come già
ricordato, ogni regione «potrebbe liberamente prevedere obblighi “pecuniari” a
carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto,
di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni,
per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti» (sentenze
n. 246 del 2020 e n. 272 del 2010 QUI).
Per queste ragioni, come è stato chiarito, «finalità della norma è anche
quella di “tutela della concorrenza”, di garanzia di parità di trattamento
e di misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore»
(sentenza n. 47 del 2015 QUI).
È vero che la Corte ha riconosciuto che «le Regioni,
nel quadro e nel rispetto dei principî fondamentali così fissati dalla legge
statale, ben possono prescrivere, eventualmente, ulteriori modalità
procedimentali rispetto a quelle previste dallo Stato, in vista di una più
accentuata semplificazione delle stesse» (sentenza n. 336 del 2005 QUI),
ma, nel caso in esame, la disposizione censurata richiede agli operatori del
settore una prestazione di contenuto patrimoniale (la stipula e la produzione
di un’apposita garanzia fideiussoria) non prevista dalla legge statale: va
escluso che ciò realizzi una più accentuata semplificazione della procedura
autorizzatoria stabilita dal codice delle comunicazioni elettroniche.
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