domenica 7 giugno 2015

Sito di Pitelli: Dragaggi e mancate bonifiche si profilano tre reati

La vicenda recente delle problematiche legata ad una non corretta gestione dei dragaggi commissionati dalla Autorità Portuale riporta al centro del dibattito cittadino la questione della mancata bonifica della parte a mare del sito di bonifica di Pitelli.

È indiscutibile che le problematiche di dispersione dei fanghi nel nostro golfo prodotte sia   dalla non corretta gestione dei dragaggi effettuati fino ad ora, che da eventuali altre movimentazione del sedime marino (esempio eliche delle navi od altro non definito)  vanno viste proprio alla luce di quanto inquinamento ancora è rimasto nel fondo del nostro golfo. Tutto questo getta una luce inquietante sul futuro del nostro golfo  e su qualsiasi attività verrà svolta in esso…..anche alla luce della futura espansione del porto, delle nuove grandi navi container e da crociera prevista. 

Di seguito una analisi sia del quadro complessivo delle criticità del sito di bonifica di Pitelli e subito dopo degli aspetti non chiari e dei rischi legati alla attività di dragaggio nel golfo in atto da tempo


QUADRO GENERALE DEL SITO DI PITELLI

Le bonifiche, nella parte a mare del sito di Pitelli, fino ad ora sono state fatte in zone non rilevanti sotto il profilo dell’inquinamento, ma rilevanti sotto il profilo degli interessi economici  che muovevano.  Facendo esattamente il contrario  di quello che prevede il Progetto preliminare di bonifica dell’ICRAM, secondo il quale: “In considerazione del fatto che gli interventi di bonifica relativi alle diverse aree potrebbero essere attuati in tempi diversi, dovrà essere data priorità a quelle aree in cui livelli elevati di contaminazione dei sedimenti potrebbero determinare situazioni di rischio sanitario-ambientale”.  
Ricordo che il Progetto Preliminare dell’ICRAM non è semplice studio ma  è attuativo del Decreto Ministeriale che ha istituito e perimetrato il sito di bonifica di Pitelli a sua volta in attuazione della legge nazionale, all’epoca ancora il DLgs 22/1997 (articolo 17). Il Progetto è stato approvato con Conferenza dei Servizi del 24 marzo 2014.


Il documento dell’ICRAM  non è solo una mappa (caratterizzazione) della diffusione dell’inquinamento del golfo ma un vero e proprio Progetto Preliminare di Bonifica che nella dizione della allora vigente normativa significa:
1. individuazione delle aree prioritarie su cui intervenire per il disinquinamento e/o messa in sicurezza
2. parametri per definire le aree da bonificare
3. aree su cu effettuare ulteriori approfondimenti di indagine
4. diverse modalità e tecniche di bonifica


In particolare: 
relativamente al punto 3 non risulta agli atti, fino ad ora pubblicati,  alcun approfondimento, come invece richiesto dal Progetto ICRAM, dove a  pagina 106  si legge: “sono evidenziate delle aree che potrebbero essere definite “aree di incertezza”, poiché in esse, essendo molto vicine alla costa e in prossimità di banchine, vi è un accumulo maggiore di sedimenti, e questo comporta che l’estensione delle elaborazioni relative alle aree limitrofe non risulti del tutto adeguata. Su tali aree, quindi, non si può escludere la necessità di una bonifica, e di conseguenza, prima di procedere a qualsiasi tipo di intervento, sarà necessario eseguire un ulteriore approfondimento di indagine. In considerazione delle caratteristiche delle aree specifiche, tale approfondimento potrebbe essere spinto anche oltre le profondità di indagine previste dal piano ICRAM.“.
Relativamente al punto 4 non risulta alcuna documentazione presentata, questo nonostante la normativa, vigente all’epoca dei primi interventi e poi integrata dal 2006 con l’allegato III alla parte IV del DLgs 152/2006, richiedesse una valutazione delle alternative presentate dal Progetto ICRAM, sulla base dei criteri indicati da detto allegato,  per la scelta della migliore tecnica di bonifica.

D’altronde che intervenire per fasi nella bonifica di un area vasta come è il golfo di Spezia non significhi procedere per compartimenti stagni, come invece si sta facendo, lo dimostra la stessa legge in materia: ” …..Nel caso di  interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al periodo precedente,  che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi  medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive” (comma 7 articoo 242 del DLgs 152/2006).  Come si vede non si parla certo di bonificare solo quello che interessa economicamente. Tanto è vero che l’allegato 3 alla disciplina delle bonifiche (nel DLgs 152/2006, vedi  QUI) prevede che “per i siti in esercizio laddove un intervento di bonifica intensivo comporterebbe delle limitazioni se non l’interruzione della attività di produzione, il soggetto responsabile dell’inquinamento o il proprietario del sito può ricorrere, in alternativa, ad interventi altrettanto efficaci di messa in sicurezza dell’intero sito, finalizzati alla protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all’interno dello stesso, e provvedere gradualmente alla eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati….”
Si veda di seguito la mappa del golfo di Spezia tratta dal Progetto Preliminare Icram. I diversi colori: verde, giallo, marroncino e rosso  dimostrano la gerarchia  (dal rosso zona più inquinata a scendere fino al verde) nella priorità delle aree da bonificare. La Mappa qui riprodotta è parziale perché riguarda l’inquinamento solo fino a  profondità  0-50, ve ne sono altre 5 nelle pagine da 161 1 165 del Progetto ICRAM. 

MAPPA 1  Aree di maggior inquinamento da bonificare 


in particolare le aree in rosso sono quelle più inquinate  e come si vede non riguardano se non per una parte del molto Garibaldi le aree oggetto di interventi svolti fino ad ora.


















MAPPA 2
Aree di dragaggio previste
Come si vede da questa seconda mappa si è previsto di dragare a prescindere dagli interventi prioritari sulla aree a maggior rischio previsti dal Progetto ICRAM individuati nella mappa 1

E voglio ricordare che sono passati ben 15 anni dalla perimetrazione del sito Pitelli sia per la parte a mare che per quella a  terra! E che non ci sia stata la volontà di fare per bonifica il sito di Pitelli lo dimostrano le questioni dei costi.
I costi di bonifica della parte a mare del sito di pitelli secondo il documento dell’icram
Relativamente ai costi di bonifica se noi andiamo a vedere gli scenari di bonifica del documento Icram ci possiamo rendere conto del livello ridicolo di finanziamento annunciato ora da Regione Liguria e Comune di Spezia: 1,3 milioni di euro per la parte a terra (peraltro vecchi fondi ministeriali) e per l’area di Pertusola: circa 3 milioni di cui solo 1,3 da parte della Regione.
Lo studio Icram,  solo per la parte a mare,  individuava quattro scenari di intervento di bonifica  a seconda del livello di inquinamento, delle aree interessate, della tipologia degli inquinanti e della profondità della rimozione degli inquinanti.  
Il costo  passa  da 201 milioni di euro  ipotesi dello scenario 1 di bonifica minima, a 563 milioni di euro per lo scenario 4 della bonifica integrale della rada della Spezia.

Sulla situazione a terra  i dati ufficiali dell’Arpal pubblicati nel sito di questo Ente[vedi nota 1] nonché il verbale di conferenza dei servizi del 20/5/2013, dimostrano che:
1. per l’area Campetto, vicinissima alla zone dove sono stati ritrovati recentemente ulteriori rifiuti pericolosi smaltiti illegalmente, il piano di caratterizzazione non è ancora stato validato quindi concluso
2. per l’area ex tiro al piattello non esiste piano di caratterizzazione in quanto in zona militare
3. per la Discarica di RSU Vallegrande “La Marina” siamo ancora alla fase di monitoraggio per individuare interventi conseguenti
4. discarica RSU Monte Montada: L’area è stata posta sotto sequestro dal 1999 fino al 2012, assegnando la gestione al Comune che, per un certo periodo, ha provveduto (tramite ACAM) allo smaltimento del percolato; attualmente il percolato non viene smaltito. L’area è stata restituita alla proprietà nel 2012.
5. discarica di saturnia : il piano di caratterizzazione è tutt’ora in corso di validazione
6. bacini di lagunaggio ceneri centrale enel: non risultano dati ufficiali
7.  Ex Fonderia Pertusola (Navalmare): progetto di bonifica non avviato, in quanto il Ministero dell’Ambiente ha chiesto di presentare un nuovo progetto
8. Le aree militari insistenti nel sito non sono state adeguate  alle disposizioni del D.Lgs 152/06. 

Il quadro di rischio sanitario in atto  
I limiti della attività di bonifica, quelli delle non completate caratterizzazioni, quelli del mancato rispetto delle prescrizioni in materia di dragaggio bonifica, i ritrovamenti di ulteriori interramenti abusivi di rifiuti pericolosi,  si inseriscono in un quadro di rischio sanitario dell’area  abitata maggiormente interessata dal sito di Pitelli che è stato confermato dalla relazione dell’Arpal  denominata rischio di secondo livello (per il testo completo vedi QUITrattasi delle analisi di rischio di secondo livello come previsto dagli allegati al Dlgs 152/2006.[vedi nota 2]



LA VICENDA DEL DRAGAGGIO DEL PORTO DI SPEZIA
Che ci sia un legame tra il dragaggio in atto da tempo nel golfo di Spezia e la dispersione di fango in mare è ormai un dato accertato. Quello che continua a non essere chiaro è fino a che punto il dragaggio ha contribuito ad aumentare la fangosità del nostro golfo e quali danni ambientali ha fatto alle attività di mitilicoltura e itticoltura presenti.  Per non parlare della balneazione. 
Su queste le notizie continuano ad essere contraddittorie  e i report ufficiali delle autorità preposte non chiariscono minimamente  lo stato effettivo della situazione.
Infatti la stessa Arpal che non ha esplicitamente accusato il dragaggio ha nella sua relazione dello scorso febbraio affermato nella parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica dragaggio in quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti garanzie ambientali stante la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”.
La questione posta da Arpal sarebbe di grande rilievo considerato che nella scelta delle tecnica di dragaggio (quella a benna) non è stata condotta una adeguata istruttoria tecnica che mettesse a confronto le tecniche di dragaggio indicate da pagina  127  e seguenti del Progetto Preliminare di Bonifica dell’ICRAM di cui ho trattato sopra.  Invece che scrivere frasi generiche sarebbe interessante capire se Arpal Autorità Portuale e Capitaneria di Porto pensano che sarebbe necessario svolgere finalmente la suddetta istruttoria magari scegliendo tecniche di dragaggio  più sicuri come quelli indicati nel suddetto Progetto Preliminare.

Ma c’è di più in fatto di insufficiente analisi dello stato post dragaggio del nostro golfo perché  uno studio, commissionato dalla Autorità Portuale, sui rischi di dispersione dei fanghi dalla attività di dragaggio fa riferimento solo a due scenari estremi:
1.rottura completa delle panne distribuite intorno all’area di mare dragata
2.condizioni di mare estremamente sfavorevoli
Non ci sono, in questo studio,  scenari relativi a situazione più puntuali legate alla violazione di singole prescrizioni delle attività di dragaggio, che poi sono quelle che si stanno puntualmente verificando.


Ma quali sono le prescrizioni che dovevano essere rispettate? Le troviamo nel capitolato per il molo Garibaldi ma anche nel relativo piano di monitoraggio, vediamo le principali:
1. separazione dell’area di scavo da quella di carico trasferimento del materiale dragato
2. necessità di interrompere i lavori non solo quando si verificano rotture di panne ma anche quando vengano spostate
3. minimizzazione od eliminazione della perdita di materiale con conseguente ridotta produzione di torbidità e di dispersione dei contaminanti
4. massimizzazione del contenuto di sostanza solida nel materiale dragato e conseguente minimizzazione dei volumi d’acqua che richiedono trattamento e gestione
5. collocazione sul mezzo dragante di una vasca contenente acqua, con un adeguato franco di sicurezza per immergervi la benna dopo lo sversamento nel pozzo di carico e prima della successiva immersione. Tale acqua dovrà essere preleva in sicurezza e campionata.
6. speciale cautela nel manovrare la benna sul pontone per il prelievo dei sedimenti di dragaggio dalla betta al fine di evitare perdite di materiale e rilascio di contaminanti alla colonna d’acqua
7. il trasferimento del materiale dragato dalla draga alla nave da trasporto deve avvenire con sistema di aspirazione proteggendo l’area di manovra con ulteriori panne galleggianti che dovranno essere aperte solo dopo la fine della attività di carico e comunque la betta potrà uscire solo dopo che sia stata verificata la assenza di torbidità dell’acqua

Secondo le contestazioni dei mitilicoltori, in particolare,  molte di queste prescrizioni non sono state rispettate, addirittura esisterebbero filmati dove non sarebbe stata utilizzata la benna ma addirittura il classico “ragno” che come è noto viene usato per catturare e spostare rifiuti solidi non certo fanghi da dragaggio.

Siano fondate o meno le suddette contestazioni resta un fatto indiscutibile: l’Autorità Portuale non ha mai fornito un rapporto che mettesse a confronto tutte le suddette prescrizioni ma anche le altre con precisi e puntuali atti ispettivi e di controllo.

Ad oggi e al di la di qualche intervento parziale della Capitaneria di Porto ancora non siamo in grado di avere notizie certe da parte della Autorità Portuale che è la stazione appaltante.  Il tutto in palese contrasto con il piano di monitoraggio a suo tempo licenziato dalla Conferenza dei servizi presso il Ministero dell’Ambiente che prevedeva rapporti di questo tipo (si veda a pagina 4).

La questione è particolarmente aggravata proprio dal sito del dragaggio del molo Garibaldi che pur non essendo tra i più inquinati in assoluto secondo la caratterizzazione del golfo svolta nel Progetto Preliminare dell’ICRAM comunque vede la presenza di livelli di inquinamento significativi. A pagina 49 del Progetto Icram si legge che anche nella zona del molo Garibaldi ci sono livelli significativi di inquinanti quali: Arsenico, Cadmio, Piombo, Idrocarburi Policlici Aromatici e Idrocarburi Pesanti.
Sarebbe interessante capire se nella analisi effettuate sui fanghi di dragaggio siano stati rilevati tali inquinanti perché allora sarebbe chiarissimo il legame tra  dragaggi e impatto ambientale sul golfo e la questione quindi non sarebbe più limitata alla problematica, pur importante, della torbidità delle acque. Torbidità che sempre secondo l’Arpal avrebbe raggiunto livelli mai visti nei precedenti dragaggi.

Tutto quanto sopra assume una ulteriore gravità considerato che i dragaggi non finiranno con quelli del molo Garibaldi, ma si prevedono anche al Molo Fornelli……

Insomma la situazione è in evoluzione e non certo in senso di sicurezza ambientale  ma anche di sicurezza imprenditoriale per chi in mare lavora e davanti al mare vive.



CONCLUSIONI: I REATI CHE SI CONFIGURANO
Ciò che si vuole mettere in rilievo nella presente memoria è come sia per la parte a terra che per la parte a mare:
1. la caratterizzazione non è stata completata soprattutto per le aree militari ma non solo
2. la bonifica ha riguardato solo parti del sito e neppure quelle più inquinate
3. non vengono rispettati i piani di bonifica stabiliti dagli atti approvati dalle conferenze dei servizi a cominciare dal Progetto Preliminare per la parte a mare redatto da ICRAM
4. non è ancora chiaro del tutto quanti e quali materiali e rifiuti pericolosi siano interrati sia nella parte a mare ma soprattutto nella parte a terra del sito di Pitelli
5.  permane quindi un potenziale rischio sanitario e ambientale accelerato proprio dalla vicenda dei dragaggi

 Alla luce di quanto sopra sotto il profilo penale si configurano almeno i seguenti reati:

1.svolgimento attività di bonifica non in conformità al progetto approvato dall'autorità competente (comma 1 articolo 257 DLgs 152/2006)
2. il permanere di un inquinamento diffuso contemporaneamente con ulteriori interventi nelle zone inquinate (dragaggi, passaggio di navi sempre più grandi, ulteriori attività previste nel golfo) comporta un costante rischio ambientale e sanitario che potrebbe realizzare,  e probabilmente lo ha già realizzato, una fattispecie di disastro ambientale tenuto conto anche della nuova definizione della fattispecie astratta di questo reato approvata dal Parlamento.
3. Ma soprattutto si configura ancor di più il delitto di omessa bonifica introdotto dalla recente legge sui delitti ambientali  con l’inserimento dell’articolo  452-terdecies nel Codice Penale. Secondo questo nuovo articolo: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di una autorità  pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è  punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.” Si tratta di una novità importante visto che l’articolo 257 del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) prevedeva solo contravvenzioni riferite a chi non effettua la bonifica dell’inquinamento da esso prodotto dopo che è stato approvato il progetto di bonifica.  Le sanzioni erano al massimo dell’arresto fino a due anni e della ammenda fino a 52.000 euro,  se si trattava di rifiuti o sostanze classificate come pericolose.  

Come è noto la responsabilità penale è personale e non sta a me ma alla magistratura, se avrà voglia di indagare prima o poi sulle mancate o non corrette bonifiche spezzine, verifica i singoli responsabili.  Resta però che  le fattispecie di reato sopra esposte se confrontate con quanto è accaduto nel sito di Pitelli si sono realizzate e sono in atto. 






[1] http://www.arpal.gov.it/index.php?option=com_flexicontent&view=items&cid=116&id=993&Itemid=631
[2] Questa analisi così conclude:
Per le sub-aree 1/d[1]; 2/b[2]; 4/c[3] vi è rischio sanitario solo per le sostanze cancerogene.
Per le sub-aree residenziali 1/d; 2/b; 4/c, si è riscontrato rischio sanitario per sostanze cancerogene, dovuto alla presenza di benzo(a)pirene in concentrazioni vicine al limite di legge e paragonabili a quelle riscontrabili in tutte le aree soggette ad inquinamento da traffico auto-veicolare. Si ritiene che tale contaminazione non sia ascrivibile alle sorgenti industriali perimetrate nel sito, ma costituisca un contributo antropico di altra origine. A tale proposito si propone lo svincolo delle aree, subordinato ad un approfondimento, come riportato al paragrafo 4, sulle dimensioni delle sorgenti secondarie e sulle vie di migrazione contemplate nell'analisi di rischio e/o un supplemento di indagine, allo scopo di valutare il contributo del traffico veicolare nelle aree contigue al Sito di Pitelli.
Per le sub-aree 4/a[4]; 4/b[5]; 5/a[6] vi è rischio sanitario sia per le sostanze cancerogene che per le sostanze tossiche
Per le sub-aree residenziali 4/a; 4/b ove si è riscontrato un rischio sanitario sia per le sostanze cancerogene che per le sostanze tossiche, ma localizzato solo in uno o due dei punti di indagine dell’intera sub area, come rilevabile dall’Allegato 1, si propone un approfondimento di indagine per una perimetrazione di dettaglio degli hot spots individuati e propedeutico alla progettazione della bonifica delle zone così individuate e allo svincolo dell’intere sub-aree. • Per la sub-area 5/a, ove è risultato un rischio nettamente superiore al valore di soglia consentito, determinato da una contaminazione diffusa in maniera omogenea su tutta la superficie, si ritiene necessaria l’elaborazione di un progetto di bonifica, esteso, per quanto detto al paragrafo 5, anche alle aree esterne al Sito ma morfologicamente contigue e pertinenti al lotto medesimo.

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