sabato 20 giugno 2015

Dragaggio del Golfo: il quadro delle violazioni tecnico amministrative

Di seguito pubblico la versione integrale della relazione che ho tenuto nella conferenza stampa di Legambiente dove sono stati presentati i contenuti dell'esposto che verrà depositato nei prossimi giorni alla Procura della Spezia in relazione alle violazioni del dragaggio in atto nel nostro Golfo nonchè alla omessa bonifica della parte a mare del Sito di Pitelli e al rischio ambientale e sanitario in atto......


PARTE PRIMA

L’OMESSA BONIFICA DEL SITO DI PITELLI


QUADRO GENERALE DEL SITO DI PITELLI


Le bonifiche, nella parte a mare del sito di Pitelli, fino ad ora sono state fatte in zone non rilevanti sotto il profilo dell’inquinamento, ma rilevanti sotto il profilo degli interessi economici  che muovevano.  Facendo esattamente il contrario  di quello che prevede il Progetto preliminare di bonifica dell’ICRAM, secondo il quale: “In considerazione del fatto che gli interventi di bonifica relativi alle diverse aree potrebbero essere attuati in tempi diversi, dovrà essere data priorità a quelle aree in cui livelli elevati di contaminazione dei sedimenti potrebbero determinare situazioni di rischio sanitario-ambientale”.  
Ricordo che il Progetto Preliminare dell’ICRAM non è semplice studio ma  è attuativo del Decreto Ministeriale che ha istituito e perimetrato il sito di bonifica di Pitelli a sua volta in attuazione della legge nazionale, all’epoca ancora il DLgs 22/1997 (articolo 17). Il Progetto è stato approvato con Conferenza dei Servizi del 24 marzo 2014.


Lo studio dell’ICRAM non è solo di caratterizzazione del livello di inquinamento del golfo ma è un piano  di indirizzo operativo della attività di bonifica per l’intero sito di Pitelli
Il documento dell’ICRAM  non è solo una mappa (caratterizzazione) della diffusione dell’inquinamento del golfo ma un vero e proprio Progetto Preliminare di Bonifica che nella dizione della allora vigente normativa significa:
1. individuazione delle aree prioritarie su cui intervenire per il disinquinamento e/o messa in sicurezza
2. parametri per definire le aree da bonificare
3. aree su cu effettuare ulteriori approfondimenti di indagine
4. diverse modalità e tecniche di bonifica

In particolare: 
relativamente al punto 3 non risulta agli atti, fino ad ora pubblicati,  alcun approfondimento, come invece richiesto dal Progetto ICRAM, dove a  pagina 106  si legge: “sono evidenziate delle aree che potrebbero essere definite “aree di incertezza”, poiché in esse, essendo molto vicine alla costa e in prossimità di banchine, vi è un accumulo maggiore di sedimenti, e questo comporta che l’estensione delle elaborazioni relative alle aree limitrofe non risulti del tutto adeguata. Su tali aree, quindi, non si può escludere la necessità di una bonifica, e di conseguenza, prima di procedere a qualsiasi tipo di intervento, sarà necessario eseguire un ulteriore approfondimento di indagine. In considerazione delle caratteristiche delle aree specifiche, tale approfondimento potrebbe essere spinto anche oltre le profondità di indagine previste dal piano ICRAM.“.
Relativamente al punto 4 non risulta alcuna documentazione presentata, questo nonostante la normativa, vigente all’epoca dei primi interventi e poi integrata dal 2006 con l’allegato III alla parte IV del DLgs 152/2006, richiedesse una valutazione delle alternative presentate dal Progetto ICRAM, sulla base dei criteri indicati da detto allegato,  per la scelta della migliore tecnica di bonifica.

D’altronde che intervenire per fasi nella bonifica di un area vasta come è il golfo di Spezia non significhi procedere per compartimenti stagni, come invece si sta facendo, lo dimostra la stessa legge in materia: ” …..Nel caso di  interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al periodo precedente,  che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi  medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive” (comma 7 articoo 242 del DLgs 152/2006).  Come si vede non si parla certo di bonificare solo quello che interessa economicamente. Tanto è vero che l’allegato 3 alla disciplina delle bonifiche (nel DLgs 152/2006, vedi  QUI) prevede che “per i siti in esercizio laddove un intervento di bonifica intensivo comporterebbe delle limitazioni se non l’interruzione della attività di produzione, il soggetto responsabile dell’inquinamento o il proprietario del sito può ricorrere, in alternativa, ad interventi altrettanto efficaci di messa in sicurezza dell’intero sito, finalizzati alla protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all’interno dello stesso, e provvedere gradualmente alla eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati….”
Si veda di seguito la mappa del golfo di Spezia tratta dal Progetto Preliminare Icram. I diversi colori: verde, giallo, marroncino e rosso  dimostrano la gerarchia  (dal rosso zona più inquinata a scendere fino al verde) nella priorità delle aree da bonificare. La Mappa qui riprodotta è parziale perché riguarda l’inquinamento solo fino a  profondità  0-50, ve ne sono altre 5 nelle pagine da 161 1 165 del Progetto ICRAM. 

 MAPPA 1  Aree di maggior inquinamento da bonificare 
in particolare le aree in rosso sono quelle più inquinate  e come si vede non riguardano se non per una parte del molto Garibaldi le aree oggetto di interventi svolti fino ad ora.
















MAPPA 2
Aree di dragaggio previste
Come si vede da questa seconda mappa si è previsto di dragare a prescindere dagli interventi prioritari sulla aree a maggior rischio previsti dal Progetto ICRAM individuati nella mappa 1

E voglio ricordare che sono passati ben 15 anni dalla perimetrazione del sito Pitelli sia per la parte a mare che per quella a  terra! E che non ci sia stata la volontà di fare per bonifica il sito di Pitelli lo dimostrano le questioni dei costi.







I costi di bonifica della parte a mare del sito di pitelli secondo il documento dell’icram
Relativamente ai costi di bonifica se noi andiamo a vedere gli scenari di bonifica del documento Icram ci possiamo rendere conto del livello ridicolo di finanziamento annunciato ora da Regione Liguria e Comune di Spezia: 1,3 milioni di euro per la parte a terra (peraltro vecchi fondi ministeriali) e per l’area di Pertusola: circa 3 milioni di cui solo 1,3 da parte della Regione.
Lo studio Icram,  solo per la parte a mare,  individuava quattro scenari di intervento di bonifica  a seconda del livello di inquinamento, delle aree interessate, della tipologia degli inquinanti e della profondità della rimozione degli inquinanti.  
Il costo  passa  da 201 milioni di euro  ipotesi dello scenario 1 di bonifica minima, a 563 milioni di euro per lo scenario 4 della bonifica integrale della rada della Spezia.

Lo stato delle bonifiche nella parte a terra del sito di Pitelli
Sulla situazione a terra  i dati ufficiali dell’Arpal pubblicati nel sito di questo Ente [1]  nonché il verbale di conferenza dei servizi del 20/5/2013, dimostrano che:
1. per l’area Campetto, vicinissima alla zone dove sono stati ritrovati recentemente ulteriori rifiuti pericolosi smaltiti illegalmente, il piano di caratterizzazione non è ancora stato validato quindi concluso
2. per l’area ex tiro al piattello non esiste piano di caratterizzazione in quanto in zona militare
3. per la Discarica di RSU Vallegrande “La Marina” siamo ancora alla fase di monitoraggio per individuare interventi conseguenti
4. discarica RSU Monte Montada: L’area è stata posta sotto sequestro dal 1999 fino al 2012, assegnando la gestione al Comune che, per un certo periodo, ha provveduto (tramite ACAM) allo smaltimento del percolato; attualmente il percolato non viene smaltito. L’area è stata restituita alla proprietà nel 2012.
5. discarica di saturnia : il piano di caratterizzazione è tutt’ora in corso di validazione
6. bacini di lagunaggio ceneri centrale enel: non risultano dati ufficiali
7.  Ex Fonderia Pertusola (Navalmare): progetto di bonifica non avviato, in quanto il Ministero dell’Ambiente ha chiesto di presentare un nuovo progetto
8. Le aree militari insistenti nel sito non sono state adeguate  alle disposizioni del D.Lgs 152/06. 



PARTE II

IL QUADRO DI INQUINAMENTO PRESENTE NEI FONDALI INTORNO AL MOLO GARIBALDI OGGETTO DELL’ULTIMO DRAGAGGIO TUTT’ORA IN CORSO


LE MAPPE DELL’INQUINAMENTO NEL MOLO GARIBALDI

Le due mappe già riportate sopra dal Progetto Preliminare dell’Icram (il documento che ha chiarito il livello di diffusione dell’inquinamento del golfo di Spezia) 

Possono essere anche utilizzate, oltre per dimostrare la omessa bonifica di gran parte delle aree più inquinate, anche, sovrapponendole nella zona del Molo Garibaldi, per dimostrare come, soprattutto l’area in testa al molo ma anche intorno ad esso e in particolare verso ponente (area di nuove escavazioni), sia in zona rossa cioè tra quelle più inquinate. 

A pagina 104 del Progetto Preliminare dell’Icram si legge: “ Da una visione complessiva si identificano alcune aree la cui contaminazione risulta particolarmente critica: l’area del Seno della Pertusola, il settore nord occidentale del Porto Mercantile (dal Molo Garibaldi alla Darsena Duca degli Abruzzi) ed il tratto costiero orientale, d Cadimare al Seno di Panigaglia. In alcune di queste aree concentrazioni molto elevate di metalli e contaminanti organici si spingono anche alle profondità maggiori.”



LIVELLO DI PROFONDITÀ DELL’INQUINAMENTO NELLA ZONA DEL MOLO GARIBALDI

Peraltro il progetto Icram analizza il livello di inquinamento fino a 3 metri mentre il dragaggio previsto nel capitolato di appalto speciale prevede di arrivare fino a quota -11metri.
Da questo punto di vista è interessante quanto affermato a pagina 49 del documento Icram: “Il maggior grado di contaminazione e la sua maggiore estensione si rileva nei primi 70-100 cm. Infatti, dopo il primo metro, la contaminazione si concentra quasi totalmente, a parte un paio di hot spots, in aree molto circoscritte, in prossimità di moli, banchine, insenature, dove, oltre a essere presente un’intensa attività antropica, è forte la tendenza all’accumulo dei sedimenti: il Seno della Pertusola, i Cantieri Navali Muggiano e Beconcini, l’area Mariperman, Porto Lotti, Molo Pagliari, i Moli Ravano, Garibaldi, Italia, Mirabello, la banchina Morin, Cadimare, i Seni del Fezzano, di Panigaglia e de Le Grazie.”

Molto interessante anche quanto affermato, sempre nel documento Icram, a pagina 49: “nei primi 50 cm di spessore vi sono zone in cui le concentrazioni dei contaminanti raggiungono livelli estremamente elevati. Tali zone sono: il tratto di costa che va dall’imboccatura orientale fino ai Cantieri Navali Muggiano (compreso il Seno della Pertusola), porto Lotti, i moli Garibaldi e Italia, il Molo Mirabello, Cadimare e i seni del Fezzano e di Panigaglia. Negli strati più profondi le aree che presentano livelli di concentrazioni così critiche sono molto più ridotte, e si limitano alle sole aree dell’ex Fonderia di Piombo e del Molo Garibaldi.”



INQUINANTI PRESENTI NELLA ZONA DEL MOLO GARIBALDI

A conferma di quanto sopra riportato dal documento Icram (pagina da 114 a 117) si evince che la zona del molto Garibaldi è caratterizzata soprattutto nella parte antistante la testata del molo per concentrazioni di inquinanti sia organici  che metallici.
In particolare dal documento Icram risultano  concentrazioni elevate nella zona del Molo Garibaldi dei seguenti inquinanti:
Mercurio (pag. 52), i massimi livelli determinati sono intorno a 4-6 mg/kg, e le aree interessate sono solo Molo Garibaldi e Molo Mirabello (pag. 56).
Piombo (pagina 56), dopo il primo metro, le situazioni più critiche rimangono il Seno della Pertusola e Molo Garibaldi.
Zinco (pagina 61): nei primi 50 cm si osserva la massima estensione della contaminazione, che interessa il tratto di costa dall’imboccatura orientale della rada fino ai Cantieri Navali Muggiano, da Mariperman al Molo Pagliari, i moli Garibaldi, Italia e Mirabello, dalla Darsena Militare al Seno di Panigaglia, e parte del Seno delle Grazie.  Oltre il metro di profondità sono presenti ancora aree con concentrazioni notevoli di Zn, quali: ….. Molo Garibaldi (pag.64). Tra i due e i tre metri permangono alcuni hot spots in prossimità del Molo Garibaldi, Molo Italia e banchina Morin (pag. 65).
Composti organo stannici (TBT) [2]: nel Molo Garibaldi (in quest’ultimo fino a 150 cm di profondità) sono state determinate concentrazioni superiori ad un ordine di grandezza del valore di intervento (pag. 70).
Rame: Le aree interessate dalla elevata presenza di rame sono…… Molo Garibaldi (pag. 70)
Cadmio: il Molo Mirabello e l’area tra il Molo Garibaldi e il Molo Italia sono quelle con una superficie più estesa (pag. 75). L’area settentrionale, tra il Molo Garibaldi e il Molo Mirabello, continua ad essere contaminata anche negli strati più profondi (pag. 79).
Idrocarburi pesanti: riscontrati nel primo metro a concentrazioni estremamente elevate…. Molo Garibaldi (pag. 94). Oltre i due metri le concentrazioni più critiche sono state determinate nel Molo Garibaldi (pag.99).
Stagno: concentrazioni più alte della media… Molo Garibaldi (pag. 99).
Cobalto: concentrazioni superiori alla media…Molo Garialdi (pag.99)


Non solo ma nella zone di levante del Molo Garibaldi quella interessata proprio dall’ultimo ampliamento dello stesso è presente un area di incertezza (si veda mappa documento Icram pagina 107 e seguenti). A pagina 106 del documento Icram si legge “Su tali aree non si può escludere la necessità di una bonifica e di conseguenza prima di procedre a qualsiasi tipo di intervento, sarà necessario un ulteriore approfondimento di indagine. In considerazione delle caratteristiche delle aree specifiche, tale approfondimento potrebbe essere spinto anche oltre le profondità di indagine previste dal piano Icram”. Domanda: sono state fatte queste verifiche su queste aree?


Mi riferisco al  Piano di Monitoraggio per le attività di bonifica dei fondali esterni al Palancolato del Molo Garibaldi in attuazione del Progetto preliminare dell’Icram sopra citato.
Prevede in generale specifiche e puntuali modalità di controllo della attività di dragaggio al fine di prevenire:
1. l’aumento della torbidità con risospensione dei sedimenti
2. la mobilizzazione dei contaminanti associati alle particelle in sospensione
3. alterazioni negli impianti di mitilicoltura e di ittiocoltura
4. alterazioni delle biocenosi sensibili (comunità delle specie marine come le praterie di posidonia)

Ciò dovrà essere svolto con apposite sonde (tre: fisse e mobili) e con prelievi di campioni di acqua. Il tutto con una tempistica dei momenti di prelievo molto stringente e cadenzata.

Ad oggi non abbiamo ancora avuto la pubblicazione di un report che puntualmente chiarisse il rispetto di quanto sopra ma dichiarazioni e verbali di controllo confusi e contraddittori se non addirittura reticenti da parte di Autorità Portuale, Arpal e Capitaneria. Basti pensare che Arpal a febbraio di questo anno, dopo i primi episodi di diffusione della torbità nel golfo dichiara che le modalità di dragaggio vanno riviste, mentre oggi si afferma che tuttosommato non dovrebbe essere il dragaggio ad avere creato il problema (sic!).  




PARTE III

LA VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI PER IL DRAGAGGIO-BONIFICA DEI FONDALI INTORNO AL MOLO GARIBALDI


LA VICENDA DEL DRAGAGGIO DEL PORTO DI SPEZIA

Che ci sia un legame tra il dragaggio in atto da tempo nel golfo di Spezia e la dispersione di fango in mare è ormai un dato accertato. Quello che continua a non essere chiaro è fino a che punto il dragaggio ha contribuito ad aumentare la fangosità del nostro golfo e quali danni ambientali ha fatto alle attività di mitilicoltura e itticoltura presenti.  Per non parlare della balneazione. 
Su queste le notizie continuano ad essere contraddittorie  e i report ufficiali delle autorità preposte non chiariscono minimamente  lo stato effettivo della situazione.
Infatti la stessa Arpal che non ha esplicitamente accusato il dragaggio ha nella sua relazione dello scorso febbraio affermato nella parte finale in modo totalmente contraddittorio: “si ritiene opportuno rivedere le modalità di bonifica dragaggio in quanto quelle utilizzate non forniscono sufficienti garanzie ambientali stante la compresenza di siti sensibili nell’area portuale”.
La questione posta da Arpal sarebbe di grande rilievo considerato che nella scelta delle tecnica di dragaggio (quella a benna) non è stata condotta una adeguata istruttoria tecnica che mettesse a confronto le tecniche di dragaggio indicate da pagina  127  e seguenti del Progetto Preliminare di Bonifica dell’ICRAM di cui ho trattato sopra.  Invece che scrivere frasi generiche sarebbe interessante capire se Arpal Autorità Portuale e Capitaneria di Porto pensano che sarebbe necessario svolgere finalmente la suddetta istruttoria magari scegliendo tecniche di dragaggio  più sicuri come quelli indicati nel suddetto Progetto Preliminare.

Ma c’è di più in fatto di insufficiente analisi dello stato post dragaggio del nostro golfo perché  uno studio, commissionato dalla Autorità Portuale, sui rischi di dispersione dei fanghi dalla attività di dragaggio fa riferimento solo a due scenari estremi:
1.rottura completa delle panne distribuite intorno all’area di mare dragata
2.condizioni di mare estremamente sfavorevoli
Non ci sono, in questo studio,  scenari relativi a situazione più puntuali legate alla violazione di singole prescrizioni delle attività di dragaggio, che poi sono quelle che si stanno puntualmente verificando.


LA VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI DEL CAPITOLATO SPECIALE DI APPALTO PER IL DRAGAGGIO DEI FONDALI DEL MOLO GARIBALDI

Ma quali sono le prescrizioni che dovevano essere rispettate? Le troviamo nel capitolato per il molo Garibaldi (articoli 49, 50 e 51) ma anche nel relativo piano di monitoraggio, vediamo le principali con a fianco i riferimenti ai  video girati direttamente sul campo di dragaggio in più situazioni che dimostrano la violazione delle prescrizioni:
1. per la realizzazione del campo di bonifica e del successivo escavo a quota -11,00 è previsto l’impiego di panne galleggianti speciali, costituite da teli in poliestere ad alta resistenza resinati e vincolati tramite cavi di acciaio INOX austenitico a corpi morti adeguatamente posati sul fondale marino. Le panne dovranno corrispondere a caratteristiche tecniche e prestazionali tali da garantirne la resistenza e la durabilità durante le operazioni di esavo dei fondali, nonché l’impermeabilità ad eventuali particelle solide in risospensione.[3]
2. separazione dell’area di scavo da quella di carico trasferimento del materiale dragato
3. necessità di interrompere i lavori non solo quando si verificano rotture di panne ma anche quando vengano spostate  [4]
4. minimizzazione od eliminazione della perdita di materiale con conseguente ridotta produzione di torbidità e di dispersione dei contaminanti [5]
5. massimizzazione del contenuto di sostanza solida nel materiale dragato e conseguente minimizzazione dei volumi d’acqua che richiedono trattamento e gestione
6. collocazione sul mezzo dragante di una vasca contenente acqua, con un adeguato franco di sicurezza per immergervi la benna dopo lo sversamento nel pozzo di carico e prima della successiva immersione. Tale acqua dovrà essere preleva in sicurezza e campionata.[6]   [7]
7. speciale cautela nel manovrare la benna sul pontone per il prelievo dei sedimenti di dragaggio dalla betta al fine di evitare perdite di materiale e rilascio di contaminanti alla colonna d’acqua [8]
8. il trasferimento del materiale dragato dalla draga alla nave da trasporto deve avvenire con sistema di aspirazione proteggendo l’area di manovra con ulteriori panne galleggianti che dovranno essere aperte solo dopo la fine della attività di carico e comunque la betta potrà uscire solo dopo che sia stata verificata la assenza di torbidità dell’acqua

Secondo le contestazioni dei mitilicoltori, in particolare,  molte di queste prescrizioni non sono state rispettate, addirittura esisterebbero filmati dove non sarebbe stata utilizzata la benna ma addirittura il classico “ragno” che come è noto viene usato per catturare e spostare rifiuti solidi non certo fanghi da dragaggio. Non solo ma la Perizia svolta da professionisti del settore incaricati dai mitilicoltori contiene conclusioni che dimostrano la correlazione tra le violazioni delle prescrizioni di dragaggio e l’impatto dei fanghi sui mitili da cui le morie diffuse dei mesi scorsi. Emblematico questo passaggio contenute nelle conclusioni di questa perizia: “la moria di mitili perdurante e manifestata in modo eclatante agli inizi di febbraio, che  mina gravemente il futuro di tutta la molluschicoltura spezzina dopo circa 100 anni,  sia chiaramente originata da errori e manchevolezze legate  dell’attività di dragaggio e movimentazione dei sedimenti.
 La morìa, non nascondibile per l’intensità palese,  è solo l’inizio eclatante  di una sequenza di fenomeni negativi già avvenuti e da accadere,  se non verrà attuato puntigliosamente  il “rispetto delle altre attività produttive radicate nel Golfo

Siano fondate o meno le suddette contestazioni resta un fatto indiscutibile:l’Autorità Portuale non ha mai fornito un rapporto che mettesse a confronto tutte le suddette prescrizioni ma anche le altre con precisi e puntuali atti ispettivi e di controllo.

Ad oggi e al di la di qualche intervento parziale della Capitaneria di Porto ancora non siamo in grado di avere notizie certe da parte della Autorità Portuale che è la stazione appaltante.  Il tutto in palese contrasto con il piano di monitoraggio a suo tempo licenziato dalla Conferenza dei servizi presso il Ministero dell’Ambiente che prevedeva rapporti di questo tipo (si veda a pagina 4).

La questione è particolarmente aggravata proprio dal sito del dragaggio del molo Garibaldi che pur non essendo tra i più inquinati in assoluto secondo la caratterizzazione del golfo svolta nel Progetto Preliminare dell’ICRAM comunque vede la presenza di livelli di inquinamento significativi. A pagina 49 del Progetto Icram si legge che anche nella zona del molo Garibaldi ci sono livelli significativi di inquinanti quali: Arsenico, Cadmio, Piombo, Idrocarburi Policlici Aromatici e Idrocarburi Pesanti.
Sarebbe interessante capire se nella analisi effettuate sui fanghi di dragaggio siano stati rilevati tali inquinanti perché allora sarebbe chiarissimo il legame tra  dragaggi e impatto ambientale sul golfo e la questione quindi non sarebbe più limitata alla problematica, pur importante, della torbidità delle acque. Torbidità che sempre secondo l’Arpal avrebbe raggiunto livelli mai visti nei precedenti dragaggi.

Tutto quanto sopra assume una ulteriore gravità considerato che i dragaggi non finiranno con quelli del molo Garibaldi, ma si prevedono anche al Molo Fornelli……

Insomma la situazione è in evoluzione e non certo in senso di sicurezza ambientale  ma anche di sicurezza imprenditoriale per chi in mare lavora e davanti al mare vive.


PARTE IV

IL RISCHIO DI DISASTRO AMBIENTALE IN ATTO NEL GOLFO DI SPEZIA PER OMESSA BONIFICA



IL QUADRO DI RISCHIO SANITARIO IN ATTO  

I limiti della attività di bonifica, quelli delle non completate caratterizzazioni, quelli del mancato rispetto delle prescrizioni in materia di dragaggio bonifica, i ritrovamenti di ulteriori interramenti abusivi di rifiuti pericolosi,  si inseriscono in un quadro di rischio sanitario dell’area  abitata maggiormente interessata dal sito di Pitelli che è stato confermato dalla relazione dell’Arpal  denominata rischio di secondo livello (per il testo completo vedi QUI. Trattasi delle analisi di rischio di secondo livello come previsto dagli allegati al Dlgs 152/2006. [9]

INFINE: IL RISCHIO ECOTOSSICOLOGICO IN GENERALE NEL GOLFO DI SPEZIA

L’insieme di queste aree inquinate da bonificare secondo il documento Icram presenta rischi alti di tipo eco tossicologico[2] come affermato a pagina 102: “dalla integrazione dei dati ecotossicologici  emerge una situazione complessiva negativa. La maggior parte dei sedimenti saggiati, infatti, è in grado di provocare effetti tossicologici acuti importanti, sia nella frazione solida che liquida. Ciò denota la presenza di miscele complesse di contaminanti di natura organica ed inorganica in forma di concentrazione biodisponibile per gli organismi.

Su questo aspetto una questione che fino ad ora non è stata chiarita dagli organi competenti è se la attività di dragaggio ha rispettato quanto previsto dal Piano di Monitoraggio citato in precedenza.  Si veda il punto 2.2 di del Piano di Monitoraggio relativo al controllo degli effetti della bonifica sugli organismi che formano l’ecosistema golfo spezzino. Questa parte del Piano di Monitoraggio prevede stazioni di controllo per indagini eco tossicologiche  precisando le tipologie di controlli ma anche le tempistiche di controllo.

Fino ad ora non è stato prodotto alcun rapporto ufficiale che dimostri il rispetto di quanto sopra da parte degli organi preposti: Autorità portuale, Capitaneria, Arpal.   Basti confrontare quanto previsto dal Piano di Monitoraggio con quanto fino ad ora dichiarato e pubblicato da Arpal:
punto 2.2.2. tempistica e frequenza delle indagini eco tossicologiche
punto 2.2.3. tipologia ed ubicazione delle aree per il controllo microbiologico sugli organismi
punto 2.2.4. tempistica e  frequenza per il controllo microbiologico sugli organismi
punto 2.2.5. tipologia ed ubicazione delle aree per il controllo qualitativo delle biocenosi sensibili (es. praterie di posidonia, quindi organismi stanziali anche nelle aree limitrofe del nostro golfo)
punto 2.2.6. tempistica e frequenza per il controllo qualitativo delle biocenosi sensibili  

Per ognuna delle seguente attività di controllo il Piano di Monitoraggio prevede verifiche prima durante  e dopo la attività di dragaggio con frequenze piuttosto brevi (anche solo 10 giorni da un controllo all’altro).



PARTE V

I REATI CHE SI CONFIGURANO


Ciò che si vuole mettere in rilievo è come sia per la parte a terra che per la parte a mare:
1. la caratterizzazione non è stata completata soprattutto per le aree militari ma non solo
2. la bonifica ha riguardato solo parti del sito e neppure quelle più inquinate
3. non vengono rispettati i piani di bonifica stabiliti dagli atti approvati dalle conferenze dei servizi a cominciare dal Progetto Preliminare per la parte a mare redatto da ICRAM
4. non è ancora chiaro del tutto quanti e quali materiali e rifiuti pericolosi siano interrati sia nella parte a mare ma soprattutto nella parte a terra del sito di Pitelli
5.  permane quindi un potenziale rischio sanitario e ambientale accelerato proprio dalla vicenda dei dragaggi

 Alla luce di quanto sopra sotto il profilo penale si configurano almeno i seguenti reati:

1.svolgimento attività di bonifica non in conformità al progetto approvato dall'autorità competente (comma 1 articolo 257 DLgs 152/2006)
2. il permanere di un inquinamento diffuso contemporaneamente con ulteriori interventi nelle zone inquinate (dragaggi, passaggio di navi sempre più grandi, ulteriori attività previste nel golfo) comporta un costante rischio ambientale e sanitario che potrebbe realizzare,  e probabilmente lo ha già realizzato, una fattispecie di disastro ambientale tenuto conto anche della nuova definizione della fattispecie astratta di questo reato approvata dal Parlamento.
3. Ma soprattutto si configura ancor di più il delitto di omessa bonifica introdotto dalla recente legge sui delitti ambientali  con l’inserimento dell’articolo  452-terdecies nel Codice Penale. Secondo questo nuovo articolo: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di una autorità  pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è  punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.” Si tratta di una novità importante visto che l’articolo 257 del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) prevedeva solo contravvenzioni riferite a chi non effettua la bonifica dell’inquinamento da esso prodotto dopo che è stato approvato il progetto di bonifica.  Le sanzioni erano al massimo dell’arresto fino a due anni e della ammenda fino a 52.000 euro,  se si trattava di rifiuti o sostanze classificate come pericolose.  




[1] http://www.arpal.gov.it/index.php?option=com_flexicontent&view=items&cid=116&id=993&Itemid=631
[2] Queste sostanze hanno effetti devastanti sul sistema ormonale di alcune specie, e anche gli esseri umani potrebbero correre dei rischi se consumassero pesci contaminati. Si tratta di composti capaci di alterare persino le caratteristiche sessuali degli organismi colpiti, con gravissime ripercussioni sulla riproduzione

[3] VID-20150412-WA0001.mp4 una imbarcazione mantiene il campo di con terminazione aperto, prova evidente che il sistema non solo è mobile, ma se non fosse tenuto in loco dalla forza motrice delle imbarcazioni si muoverebbe e vagherebbe. L’uso costante di apparati di propulsione, potrebbe creare ulteriori turbolenze che hanno lacerato i tessuti che, da Capitolato, devono partire dalla superficie e arrivare al fondo senza soluzione di continuità
VID-20150412-WA0002.mp4 idem come sopra

[4] VID-20150409-WA0001.mp4 E’ possibile notare come le panne e presumibilmente le gonne ad esse adese siano state riposizionate al termine del turno di dragaggio. Ciò fa presupporre che, diversamente da quanto esplicitamente segnato nel Capitolato di Appalto delle operazioni di escavazione fondali al Molo Garibaldi, il sistema di conterminazione non è fissato al fondale, ma presenta una certa “mobilità”

[5] VID-20150412-WA0003.mp4 in questo video è possibile osservare la disinvoltura nelle operazioni di lavaggio della nave draga con uso di getto a pressione per rimuovere il fango residuo dalla fiancata in mare aperto ovvero non conterminato.

[6] https://youtu.be/V2NoavTW8DI a questo indirizzo internet è possibile osservare il dragaggio eseguito con un “ragno” o “polpo” invece che con una benna a chiusura idraulica, con una copiosa dispersione di acqua lurida, senza risciacquare l’attrezzo dragante prima della reimmersione come previsto dalle prescrizioni. Inoltre è ben visibile il mezzo nautico che tiene in posizione la barriera con l’ausilio del motore.

[7] VID-20150413-WA0001.mp4 E’ evidente il mancato uso, come previsto dalle prescrizioni nonché dal Capitolato di Appalto, di un pozzo di risciacquo per lavare la benna ad ogni ciclo di prelievo del sedime al fine di non contaminare il mare
VID-20150413-WA0001.mp4 idem come sopra

[8] VID-20150409-WA0002.mp4 Durante le operazioni di prelievo del sedime dal fondo, data l’esigua estensione del campo di con terminazione, lo sbraccio del mezzo dragante porta fuori dal campo la benna carica di fanghi e acqua lurida, con evidente dispersione di materiale in mare

[9]  Questa analisi così conclude:
Per le sub-aree 1/d[1]; 2/b[2]; 4/c[3] vi è rischio sanitario solo per le sostanze cancerogene.
Per le sub-aree residenziali 1/d; 2/b; 4/c, si è riscontrato rischio sanitario per sostanze cancerogene, dovuto alla presenza di benzo(a)pirene in concentrazioni vicine al limite di legge e paragonabili a quelle riscontrabili in tutte le aree soggette ad inquinamento da traffico auto-veicolare. Si ritiene che tale contaminazione non sia ascrivibile alle sorgenti industriali perimetrate nel sito, ma costituisca un contributo antropico di altra origine. A tale proposito si propone lo svincolo delle aree, subordinato ad un approfondimento, come riportato al paragrafo 4, sulle dimensioni delle sorgenti secondarie e sulle vie di migrazione contemplate nell'analisi di rischio e/o un supplemento di indagine, allo scopo di valutare il contributo del traffico veicolare nelle aree contigue al Sito di Pitelli.
Per le sub-aree 4/a[4]; 4/b[5]; 5/a[6] vi è rischio sanitario sia per le sostanze cancerogene che per le sostanze tossiche
Per le sub-aree residenziali 4/a; 4/b ove si è riscontrato un rischio sanitario sia per le sostanze cancerogene che per le sostanze tossiche, ma localizzato solo in uno o due dei punti di indagine dell’intera sub area, come rilevabile dall’Allegato 1, si propone un approfondimento di indagine per una perimetrazione di dettaglio degli hot spots individuati e propedeutico alla progettazione della bonifica delle zone così individuate e allo svincolo dell’intere sub-aree. • Per la sub-area 5/a, ove è risultato un rischio nettamente superiore al valore di soglia consentito, determinato da una contaminazione diffusa in maniera omogenea su tutta la superficie, si ritiene necessaria l’elaborazione di un progetto di bonifica, esteso, per quanto detto al paragrafo 5, anche alle aree esterne al Sito ma morfologicamente contigue e pertinenti al lotto medesimo.


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