Come si vede dalla foto a
fianco, scaricata da facebook, durante i lavori su Piazza Verdi sono emerse
nuovo emergenze archeologiche che rallenteranno come era già avvenuto in
precedenza più volte i lavori della Piazza.
Le dichiarazione dei
progettisti e del Comune sono sconcertanti: “ci aspettavamo di trovarle”.
Ma un conto è aspettarselo
altro è svolgere le procedure preventive di verifica e tutela dell’interesse
archeologico di un sito o un immobile oggetto di ristrutturazione come previsto
dalla legge.
Nell’atto che
autorizzò a suo tempo il progetto di Piazza Verdi sotto il profilo del Codice
dei Beni Culturali la Soprintendenza ai Beni Architettonici ricordava l’atto della Soprintendenza ai Beni
Archeologici, datato 25/5/20012, dove si affermava che: “la progettazione dell’opera pubblica è stata effettuata in
totale difformità” con la vigente normativa in
materia di vincolo archeologico.
LA VIGENTE NORMATIVA IN MATERIA DI
VINCOLO ARCHEOLOGICO
La norma che già in sede
di approvazione del progetto era violata è l’articolo 95 del Codice degli
Appalti Pubblici che al comma 1 recita: “per le opere sottoposte all'applicazione delle
disposizioni del presente codice in materia di appalti di lavori pubblici, le
stazioni appaltanti trasmettono al soprintendente territorialmente competente,
prima dell'approvazione, copia del progetto preliminare dell'intervento o di
uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, ivi compresi gli esiti
delle indagini geologiche e archeologiche preliminari..”.
Il
successivo articolo 96 del Codice degli Appalti recita: “La procedura di verifica preventiva
dell'interesse archeologico si articola in due fasi…… :
a) prima fase, integrativa della
progettazione preliminare:
1) esecuzione di carotaggi;
2) prospezioni geofisiche e geochimiche;
3) saggi archeologici tali da assicurare una sufficiente
campionatura dell'area interessata dai lavori;
b) seconda fase, integrativa della progettazione
definitiva ed esecutiva: esecuzione di sondaggi e di scavi, anche in estensione.”
Con Circolare n.10 del 12
giugno 2012 ( vedi QUI) la Direzione Generale
delle Antichità del Ministero per i Beni e le Attività Culturali aveva
disciplinato sotto il profilo tecnico operativo le due fasti descritte nel
sopra citato articolo 96. Faccio notare
che all’epoca i lavori di Piazza Verdi non erano ancora partiti anzi il
cantiere venne sospeso pochi giorni dopo la pubblicazione della suddetta
Circolare, esattamente il 17 giugno 2012. Quindi c’era il tempo da parte di
Comune e progettisti di colmare la lacuna procedurale ed istruttoria rilevata
già nel maggio 2012 dalla Soprintendenza competente.
IN PIAZZA VERDI SI E' PROCEDUTO SENZA
RISPETTARE LA SUDDETTA NORMATIVA
Ricapitolando:
1.la
verifica dell’interesse archeologico deve essere svolta per tutte le opere
sottoposte alla disciplina degli appalti pubblici con esclusione di quelle che
non comportano nuova edificazione o
scavi a quote al di sotto dei manufatti esistenti. Quindi il progetto Piazza Verdi rientrava
negli obblighi della verifica di interesse archeologico.
2.
la documentazione propedeutica alla seconda fase operativa della verifica di
interesse archeologico deve essere presentata con il progetto preliminare per
essere valutata preventivamente dalla Soprintendenza, quindi prima della
approvazione del progetto per due ragioni ovvie:
a) scopo fondamentale
della verifica dell’interesse archeologico è quello di evitare di procurare
danni al patrimonio culturale nazionale
b) prevenire
la necessità di interrompere la esecuzione dei lavori[1]
Faccio ulteriormente notare che nel caso
di Piazza Verdi con l’atto del maggio 2012, sopra citato, la Soprintendenza ai
Beni Archeologici aveva già superato la fase prodromica dei documenti che in
sede di progetto preliminare devono essere allegati ai fini di determinare la
necessità di avviare la secondo fase della verifica dell’interesse archeologico:
comportanti attività di tipo lavorativo (scavi, carotaggi, prospezioni etc.).
Quindi di fronte all’inadempimento della Stazione Appaltante (Comune di Spezia) la Soprintendenza ai Beni Archeologici
avrebbe dovuto immediatamente imporre tale verifica cosa che non ha fatto
limitandosi a rilevare la violazione della procedura da parte della Stazione
Appaltante (il Comune di Spezia nella figura del responsabile del procedimento:
attuale dirigente dei Lavori Pubblici).
CONCLUSIONI: OLTRE PIAZZA VERDI….
Ovviamente quello che è
successo, sotto il profilo procedurale, non è rimediabile, mentre sotto il profilo sostanziale ci auguriamo che i
ritrovamenti attuali emersi a scavi già avvenuti non comportino danni a beni di
interesse archeologico rilevante.
Tutto questo non giustifica ex post l’ennesimo comportamento superficiale sotto il profilo della gestione delle istruttorie da parte della Amministrazione Comunale ed in particolare dei suoi uffici.
Ancora una volta si mette al primo posto la realizzazione ad ogni costo di un opera rimuovendo norme di prevenzione e precauzione come peraltro è già avvenuto in altri campi: ad esempio per la autorizzazione alla centrale Enel per la quale il Comune non ha emesso il parere sanitario preventivo.
Tutto questo non giustifica ex post l’ennesimo comportamento superficiale sotto il profilo della gestione delle istruttorie da parte della Amministrazione Comunale ed in particolare dei suoi uffici.
Ancora una volta si mette al primo posto la realizzazione ad ogni costo di un opera rimuovendo norme di prevenzione e precauzione come peraltro è già avvenuto in altri campi: ad esempio per la autorizzazione alla centrale Enel per la quale il Comune non ha emesso il parere sanitario preventivo.
Se per la Centrale Enel si
è autorizzato rimandando successivamente la verifica dei rischi sanitari legati
alle emissioni di questo impianti, per Piazza Verdi si è autorizzato senza
verificare preventivamente il rischio di danno archeologico.
Le due questioni non hanno lo stesso peso sostanziale ma dimostrano la stessa cultura “raffazzonata” che contraddistingue i processi/procedimenti decisionali nel nostro territorio da parte delle Istituzioni Pubbliche
Le due questioni non hanno lo stesso peso sostanziale ma dimostrano la stessa cultura “raffazzonata” che contraddistingue i processi/procedimenti decisionali nel nostro territorio da parte delle Istituzioni Pubbliche
P.S.
ovviamente la questione della mancata verifica preventiva dell'interesse archeologico la avevo già rilevata prima dell'avvio della controversia su Piazza Verdi, vedi QUI, ma come dico sempre niente si adatta a Spezia meglio della locuzione: "nemo propheta in patria"
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