Il Consiglio di Stato
con sentenza n° 7484 dello scorso 26 agosto 2022 (QUI)si è
pronunciato su un contenzioso relativo ad una variante specifica comunale al piano
regolatore vigente che ricollocava un impianto di betonaggio. Detti impianti
sono classificati industrie insalubri di prima classe secondo il punto 18)
sezione B Parte I allegato al Decreto Ministero Sanità 5 settembre 1994, visto
che trattasi di impianti volti alla preparazione e distribuzione,
quanto possibile accentrata e automatizzata, del calcestruzzo e delle malte
cementizie.
Il TAR competente in primo grado aveva respinto il ricorso dei cittadini residenti nella zona con la motivazione della loro non legittimazione perché non erano proprietari di terreni ricadenti nell’area della variante urbanistica, ma solo di terreni limitrofi.
I proprietari residenti nella zona hanno presentato appello al Consiglio di Stato che si è pronunciato con la sentenza di cui ho riportato gli estremi all’inizio.
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello con le seguenti motivazioni…
LA VICINITAS COME PARAMETRO
PER FONDARE LA LEGITTIMAZIONE AD IMPUGNARE LA VARIANTE URBANISTICA
Secondo il Consiglio di
Stato un provvedimento che prevede la localizzazione di un impianto industriale
sul territorio, ovverosia di un variante specifica del P.R.G., limitata alla
rilocalizzazione di un impianto di betonaggio, costituisce un intervento
puntuale sul territorio, rispetto al quale assume valenza il criterio della
lesività dell’atto nei confronti di soggetti che presentino una posizione
differenziata, con la conseguenza che l’elemento della vicinitas, unitamente
al requisito della sussistenza di un pregiudizio, è idoneo a fondare la
legittimazione e l’interesse ad agire ai fini della sua impugnativa.
Aggiunge sul punto il
Consiglio di Stato che qualora, quindi, il provvedimento di variante preveda la
localizzazione di un impianto e sia idoneo a causare un pregiudizio, non può
negarsi legittimazione ad agire al soggetto residente nella stessa zona ai fini
dell’impugnativa dell’atto lesivo, né la sussistenza del suo interesse ad
agire.
HANNO
LEGITTIMAZIONE A IMPUGNARE ANCHE I PROPRIETARI DI FONDI VICINI ALLA ZONA DOVE
LA VARIANTE RICOLLOCA L’IMPIANTO DI BETONAGGIO
Secondo il Consiglio di
Stato non pare corretto quanto indicato nella sentenza del TAR appellata
secondo cui la variante non comporta alcuna lesione per i soggetti non
proprietari dell’area, disponendo solo vincoli conformativi o espropriativi.
LA LESIVITÀ
PER I TERZI IN RAPPORTO DI VICINITAS SI PRODUCE GIÀ CON LA VARIANTE
SENZA ATTENDERE I TITOLI EDILIZI AUTORIZZATORI ALL’IMPIANTO DI BETONAGGIO
Secondo il Consiglio di
Stato l’aspetto urbanistico di localizzabilità sul territorio è uno dei
principali, se non il principale, requisito per il rilascio dei titoli
abilitativi o di autorizzativi per la realizzazione (rectius per la
rilocalizzazione) dell’impianto.
Una volta approvata la
variante di P.R.G., con la relativa destinazione dell’area, i successivi titoli
di presentano alla stregua di atti conseguenziali.
INTERESSE AD
AGIRE NON SOLO PER I DANNI ECONOMICI AL DIRITTO DI PROPRIETÀ
Secondo la sentenza del
Consiglio di Stato l’interesse ad agire, inoltre, non può che derivare da un
pregiudizio concreto determinato dalla nuova previsione urbanistica,
pregiudizio che non necessariamente deve essere limitato all’aspetto economico
(quale la diminuzione di valore dei beni di proprietà dei ricorrenti), ma anche
dalla generale diminuzione della possibilità di godimento dei beni di proprietà
(per la minore salubrità dei luoghi ovvero in relazione alla tutela della salute)
o dalla stessa fruibilità dei luoghi per i residenti.
LA VARIANTE
SPECIFICA AL PIANO REGOLATORE CHE INDIVIDUA IL SITO DI RICOLLOCAZIONE DELL’IMPIANTO
DEVE ESSERE MOTIVATA NEL MERITO
Nel
caso di specie, trattandosi di una variante specifica, incidente su una singola
area del territorio comunale, ai fini della localizzazione di un impianto,
peraltro in presenza di altre aree con destinazione industriale potenzialmente
idonee ad accogliere l’impianto, non v’è dubbio che era necessaria una scelta
puntuale che doveva riguardare non solo la scelta in sé dell’area, ma anche la
valutazione dell’inidoneità totale e parziale delle aree esistenti ad
accogliere l’ampliamento dell’ impianto di betonaggio
L’Amministrazione
era, quindi, tenuta a motivare, come peraltro ha fatto, in modo specifico la
scelta urbanistica effettuata.
Occorre
pertanto verificare in concreto il contenuto della motivazione:
La motivazione della variante specifica da parte del Comune
Al
riguardo, il Comune ha motivato la scelta di procedere alla variante della
destinazione urbanistica dell’area in questione principalmente con la ragione
che, seppure esistevano dei siti del territorio comunale urbanisticamente
destinati alla localizzazione di impianti industriali, gli stessi risultano
distanti dai luoghi di estrazione del materiale, con la conseguenza che la
collocazione dell’impianto di betonaggio in tali siti avrebbe comportato
notevoli inconvenienti per la viabilità stradale e in termini di inquinamento
ambientale.
Le controdeduzioni dei
cittadini ricorrenti accolte dalla sentenza del Consiglio di Stato: la variante
deve essere motivata nel merito e adeguata allo stato effettivo dei luoghi
interessanti dalla ricollocazione
Il Consiglio di Stato
nella sentenza qui esaminata rileva come i ricorrenti abbiano dedotto che dei
due siti industriali esistenti nel P.R.G. uno è a soli due chilometri dai
luoghi di estrazione ed inoltre le due aree sono collegate tra loro da due
strade e non attraversano centri abitati: tali circostanze, che non rivestono
il carattere di considerazioni meramente soggettive, ma hanno un indubbio
rilievo oggettivo, non risultano smentite dall’Amministrazione resistente e
minano la completezza ed esaustività della motivazione del provvedimento
impugnato, facendo venir meno la logicità del presupposto fattuale alla base
della motivazione stessa.
In altri termini, non è
contestabile che la scelta urbanistica dell’amministrazione è caratterizzata da
un’ampia discrezionalità e che questa sia di norma insindacabile in sede di
legittimità, ma com’è noto tale insindacabilità incontra il limite intrinseco della
completezza di istruttoria, logicità e ragionevolezza che risulta violato in
concreta atteso che la motivazione utilizzata dall’amministrazione è risultata
non pertinente e non completamente adeguata all’effettivo stato dei luoghi e
della disciplina urbanistica vigente, come non irragionevolmente evidenziato
dagli appellanti; in definitiva non risulta adeguatamente e coerente motivata
la necessità di disporre una variante urbanistica di ricollocare l’impianto in
una zona diversa da quelle previste nell’originario P.R.G. per i siti
industriali.
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