mercoledì 3 agosto 2022

Rapporto GME sul rilancio nucleare in Europa ma ci sono criticità rimosse molto gravi

La Newsletter del Gestore Mercati Energetici del maggio 2022 contiene un Rapporto (QUI) sullo stato evolutivo del nucleare in Europa che dimostra come questa fonte è tutt’altro che superata all’interno della transizione ecologica del Green Deal. Il Rapporto fonda la sua tesi prima di tutto sui dati di una limitata ripresa di progetti di centrali nucleari in Europa (soprattutto dell’est a parte la Francia) come pure del recente inserimento nella tassonomia verde della UE del nucleare come fonte per la transizione alla neutralità climatica

 



IL RAPPORTO DEL GME SUL FUTURO DEL NUCLEARE IN EUROPA


Questione nucleare e aumento consumi elettrici

Allo stato attuale, nelle economie avanzate la capacità di generazione elettrica del nucleare corrisponde al 18% del totale della domanda ma da anni si registra un suo lento e inesorabile declino. Questo andamento è spiegato principalmente dal ritiro di impianti commissionati negli anni ’70 e ’80 i quali, mano a mano, vengono messi fuori operazione.

Il Rapporto quindi sulla base di questi dati produce una conclusione un poco apodittica (come vedremo) affermando che “Per questo, nonostante l’incremento vertiginoso di solare ed eolico, la generazione elettrica da fonti a basso impatto carbonico è rimasta sostanzialmente invariata nel corso degli ultimi 20 anni.”  Come dire che si fosse stato più nucleare questo aumento dei gas serra non ci sarebbe stato! Ma non tutti la pensano così come vedremo.  

 

I dati sul ritorno del nucleare in Europa

L’affermazione è sicuramente forzata ma i dati, secondo il Rapporto GME, parlano comunque di una ripresa del nucleare. Secondo il Rapporto nel 2021 la generazione elettrica da nucleare ha visto una crescita del 3,5%, recuperando parte consistente delle perdite del 2020.

Il Rapporto poi elenca la situazione di molti Paesi UE dove sono in atto nuovi progetti di centrali nucleari. Francia (6 nuovi reattori entro il 2036 e 14 entro il 2050), Belgio(prolunga di 10 anni reattori esistenti), Polonia (proposto alla UE la realizzazione del suo primo reattore entro il 2033), Svezia (6 reattori esistenti con possibili altri 10 nei siti esistenti), Finlandia (5 reattori esistenti ultimo attivato nel marzo 2022 e uno nuovo programmato entro il 2030), Romania (costruzione di almeno un nuovo impianto entro il 2030 e un quarto reattore da attivarsi l’anno successivo nel già operativo e relativamente recente impianto di Cernavoda), Bulgaria (spinge sull’ampliamento della disponibilità di energia nucleare come una fonte locale nel proprio mix, la quale copre ad oggi il 33% dei consumi elettrici, nuovo reattore entro il 2030 e un quarto negli anni successivi)

 

Quale contributo contro alla neutralità carbonica del nucleare secondo l’AIE

Per concretizzare il traguardo di neutralità carbonica, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIA) saranno necessari 20GW di nuova capacità annuale immessa dal 2020 al 2050. La media nel triennio 2018-2020 è stata invece di 7,73 GW, pari a poco più del 35% degli obiettivi suggeriti. Per avere un riferimento utile a paragone è sufficiente ricordare che prima dell’incidente della centrale giapponese di Fukushima, nel marzo 2011, in un anno solo venivano iniziati i lavori per la costruzione di circa 17GW di nuova capacità.

 

Nucleare in Tassonomia verde della UE

Il Rapporto del GME ricorda che Lo stesso Complementary Climate Delegated Act (QUI) della Commissione intende: avanzare le tecnologie con un ciclo del combustibile nucleare chiuso (4° generazione) incentivando la ricerca e l’innovazione verso tecnologie future in termini di sicurezza e minimizzazione dei rifiuti; supportare nuovi impianti nucleari che utilizzino le migliori tecnologie disponibili (3° generazione) finalizzati entro il 2045; permettere modifiche e miglioramenti alle installazioni nucleari ad oggi costruite e volte all’estensione del ciclo di vita, riconosciuti come idonei sino al 2040.

 

 

MA NON TUTTI IN EUROPA SOSTENGONO QUESTE TESI

 

Tassonomia verde il Parlamento UE esclude di inserire gas e nucleare

I deputati europei delle Commissioni per i problemi economici e monetari (ECON) e per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI), in riunione congiunta,lo scorso 14 giugno 2022, hanno approvato una risoluzione (QUI) dove si ritiene questa inclusione in contrasto con il Regolamento (UE) 2020/852 che stabilisce i criteri per determinare se una attività economica si qualifica come sostenibile dal punto di vista ambientale. In particolare detto Regolamento all’articolo 3 (QUI) ai fini della stabilire il grado di sostenibilità ambientale di un investimento (QUI) definisce quattro condizioni cumulative per un'attività economica da qualificare come sostenibile dal punto di vista ambientale.

Tra queste ci sono anche quelle relative alla mitigazione e adeguamento ai mutamenti climatici, economia circolare , protezione delle acque e non solo a cominciare dal principio generale di non arrecare Danno significativo agli obiettivi ambientali (ex articolo 17 combinato disposto articolo 3 del Regolamento UE 2020/852.


E' vero che il Regolamento (UE) 2022/1214 (QUI) che ha modificato il Regolamento 2020/852 per introdurre il nucleare nella tassonomia verde ha modificato i criteri di vaglio tecnico di cui parla il Parere degli esperti. Ma si tratta di riferimenti alla sola sicurezza nucleare e gestione del ciclo dei rifiuti radioattivi e smantellamento centrali non di altri parametri ambientali come quelli elencati sopra relativi agli articoli 3 e 17 del Regolamento 2020/852, per questi i riferimenti sono francamente molto generici. 

Peraltro non si capisce cosa intenda il nuovo Regolamento 2022/1214 quando parla di centrali nucleari con  "una quantità minima di rifiuti del ciclo del combustibile", quanti?

Unico riferimento del nuovo Regolamento 2022/1214 è all'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/852 per cui si considera inseribile tra la tassonomia verde che contribuisce agli obiettivi di neutralità climatica: "un’attività economica per la quale non esistono alternative a basse emissioni di carbonio tecnologicamente ed economicamente praticabili dà un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici se sostiene la transizione verso un’economia climaticamente neutra in linea con un percorso inteso a limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, anche eliminando gradualmente le emissioni di gas a effetto serra, in particolare le emissioni da combustibili fossili solidi". Ma nel caso del nucleare l'alternativa c'è eccome ed è quello delle fonti rinnovabili collegate con sistemi di accumulo, e reti intelligenti nonchè altre fonti come l'idrogeno. Certo si può sostenere che ciò non sia sufficiente almeno nei prossimi 5 o 10 anni ma questo riguarda una discussione di merito e non rimuove il fatto che fondare l'inserimento del nucleare nella tassonomia verde sulla base di detto paragrafo 2 articolo 10 Regolamento 2020/852 non abbia un chiaro fondamento giuridico se letto in modo coordinato con gli interi parametri di quest'ultimo Regolamento. 

Quanto all'altro criterio di vaglio tecnico introdotto dal Regolamento 2022/1214: "L’attività produce o è destinata a produrre energia elettrica utilizzando energia nucleare. Le emissioni di gas serra nel ciclo di vita derivanti dalla produzione di energia elettrica da energia nucleare sono inferiori al valore limite di 100 g CO2e/kWh.". Si tratta di valori sicuramente inferiori agli standard previsti per le centrali a gas (limite di 270g CO2e/kWh) ma comunque superiori al ciclo di vita di idroelettrico, eolico. E' vero che per le fonti rinnovabili occorre tenere in considerazione lo smantellamento (durata impianti circa 30 anni ad esempio per il fotovoltaico) in termini di emissioni di gas serra ma qui allora occorre considerare che a breve si porrà l'enorme problema dello smantellamento delle centrali nucleari esistenti (decine di migliaia di MW di potenza installata). Insomma il parametro CO2 non gioca comunque a favore di un confronto con le rinnovabili anche se le centrali nucleari di nuova generazione si avvicinano alle emissioni.   

Il Parere degli esperti nominati dalla Commissione Ue contro l’inserimento del gas e del nucleare nella tassonomia verde

Si tratta del Parere (il testo completo QUI) consegnato lo scorso 21 gennaio 2022 alla Commissione europea dagli esperti della Piattaforma Ue per la finanza sostenibile relativamente alla tassonomia degli investimenti per la transizione verso la neutralità climatica.

Il documento (Response to the Complementary Delegated Act 21 st January 2022)  conferma la bocciatura da parte dei tecnici dell'inclusione di gas e del nucleare tra gli investimenti con l'etichetta green.

In particolare già nel Riepilogo dei punti chiave di feedback del documento si legge relativamente al nucleare: “nuovi impianti per l'energia nucleare e impianti per l'energia nucleare esistenti: i TSC (criteri tecnici per lo screening delle attività da far rientrare nella tassonomia verde ndr.) dimostrano che tali impianti non garantiscono di evitare alcun danno significativo - DNSH (articolo 17 del regolamento sulla tassonomia) nonché l’uso sostenibile e la tutela delle acque e delle risorse marine, la transizione verso un'economia circolare, dall’inquinamento prevenzione e controllo, e la  protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi anche perché per dare garanzia occorrerebbero modifiche sostanziali modifiche sostanziali". Conclude il Parere degli esperti UE “Nel caso di nuove centrali nucleari, le TSC non garantiscono un contributo sostanziale agli obiettivi di neutralità climatica per il 2050 e richiederebbero un contributo sostanziale di modifiche per farlo”.

Quindi gli esperti nominati dalla Commissione UE forniscono la seguente Raccomandazione: “nuovi impianti per l'energia nucleare e impianti per l'energia nucleare esistenti, come definite dalle TSC, non dovrebbero essere considerate come tassonomia allineata sulla base del fatto che non garantiscono DNSH e quindi non soddisfano il requisiti del regolamento sulla tassonomia.”

 

 

E COMUNQUE CHI PAGA IL RITORNO DEL NUCLEARE? SENZA STATO NIENTE NUCLEARE: IL CASO FRANCESE LO DIMOSTRA

Il governo francese offrirà 12 euro per azione per riprendere il pieno controllo di Edf (Électricité de France). Attualmente in possesso dell'84% del gruppo (1% ai dipendenti e il 15% al mercato), allo Stato basterà superare il 90% per procedere con la nazionalizzazione. A fianco dell'asta pubblica sulle azioni il governo ha previsto un'offerta di 15,64 euro su ogni obbligazione convertibile.

"Un'operazione che ci permetterà di investire in maniera massiccia nel nucleare", ha commentato il ministro dei conti, Gabriel Attal.

 


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