Sentenza della Cassazione n°8092 del 23 aprile 2020 [NOTA 1] relativa al conflitto fra il diritto delle società
ricorrenti all'esercizio dell'impresa autorizzata dalla pubblica
amministrazione e quello dei controricorrenti alla salute e al rispetto del
limite di tollerabilità delle immissioni nella loro proprietà. Secondo la Cassazione non può che prevalere
quest'ultimo.
COMPETENZA
GIUDICE ORDINARIO NELLA RICHIESTA DI RISARCIMENTO DANNO DI PRIVATI VERSO LA
P.A.
La nuova sentenza richiama prima di
tutto la precedente sentenza delle Sezioni Unite n. 23735 dell'8 giugno 2006
[NOTA 2] con la
quale la Cassazione ha ritenuto che il diritto fondamentale alla salute,
proclamato dall'art. 32 Cost., opera nelle relazioni private e limita
l'esercizio dei pubblici poteri nel senso che esso è sovrastante
all'amministrazione la quale non ha alcun potere, neppure per motivi di
interesse pubblico, non solo di affievolirlo, ma neanche di pregiudicarlo di
fatto e indirettamente. Pertanto, nelle controversie che hanno per oggetto la
tutela del diritto alla salute non vale il richiamo alla posizione di
preminenza della funzione della pubblica amministrazione, la quale è priva di
qualunque potere di affievolimento di un diritto soggettivo valutato come
fondamentale e assoluto dall'ordinamento. Ne deriva, secondo la citata
sentenza, che la domanda di risarcimento del danno proposta dai privati nei
confronti della pubblica amministrazione o dei suoi concessionari, per
conseguire il risarcimento dei danni alla salute, è devoluta al giudice
ordinario.
Il DLgs. n. 152 del 2006, art. 310, nel prevedere la giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo, in materia di danno ambientale, si riferisce alla
sola ipotesi in cui i provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero
dell'Ambiente per la precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale
siano impugnati dai soggetti portatori di un interesse alla tutela ambientale
indicati dal precedente art. 309 , vale a dire oltre alla Pubblica
Amministrazione anche i titolari di
interessi in senso diffuso alla tutale ambientale come associazioni
ambientaliste riconosciute e persone fisiche o giuridiche che potrebbero essere
colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la
partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di
precauzione, di prevenzione o di ripristino prevista dalla Parte VI del DLgs 152/2006
(tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente).
Rimane invece ferma la
giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui l'azione sia promossa da
soggetti a cui il fatto produttivo del danno ambientale abbia recato un danno
personale alla salute o alla proprietà secondo quanto previsto del DLgs. n. 152
del 2006, art. 313, comma 7.
IL DIRITTO ALL’AMBIENTE SALUBRE NON PUÒ ESSERE
SUPERATO DALL’INTERESSE DELLA AZIENDA CHE È CONFORME ALLA AUTORIZZAZIONE
Né questo sistema di
attribuzione della giurisdizione viene ad alterarsi se l'attività di impresa
che si presenti nociva o intollerabile per i terzi sia comunque conforme ai
provvedimenti autorizzativi della pubblica amministrazione perché, come si è
detto, la pubblica amministrazione non ha un rapporto di supremazia nei
confronti dei soggetti terzi rispetto all'attività soggetta alla sua
autorizzazione e controllo e non può pertanto ledere né affievolire con i suoi
provvedimenti diritti soggettivi fondamentali come il diritto alla salute o
diritti reali come quello di proprietà, la cui tutela dalle immissioni è già
bilanciata rispetto al diritto di utilizzazione delle proprietà confinanti
sulla base del parametro della tollerabilità. È erroneo pertanto distinguere, ai fini del
riparto di giurisdizione, l'ipotesi in cui la nocività o intollerabilità derivi
da un comportamento materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi, che
rendono possibile l'esercizio della attività, dalla ipotesi in cui, al
contrario, l'esercizio dell'attività sia in concreto conforme ai provvedimenti
amministrativi che la legittimano e regolano. Nel primo caso il Giudice
ordinario sarà tenuto a sanzionare, inibendola o riportandola alla conformità,
l'attività rivelatisi nociva perché non conforme alla regolazione amministrativa,
nel secondo caso dovrà disapplicare quest'ultima e imporre la cessazione o
l'adeguamento dell'attività in modo da eliminare le conseguenze nocive o
intollerabili in danno dei terzi.
[NOTA 1] https://www.ambientediritto.it/giurisprudenza/corte-di-cassazione-civile-sez-unite-23-aprile-2020-ordinanza-n-8092/
[NOTA 2] http://www.ambientediritto.it/sentenze/2006/Cassazione/Cassazione%202006%20n.23735.htm
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