La
vicenda degli stoccaggi di enormi quantità di rifiuti nell’area del Piazzale
Ciuvin nel Comune di Sanremo è stata oggetto di una sentenza del TAR Liguria
(vedi QUI)
La
sentenza del TAR Liguria è chiara. Il Comune non poteva imporre la riduzione in
pristino del presunto abuso edilizio (peraltro eseguito prima dell’abbancamento
con ordinanze dei rifiuti inerti e
speciali in generale) considerato che l’istanza
di condono presentata dai proprietari dell’area era di moltissimi anni fa e nel
frattempo il terreno interessato dal presunto abuso edilizio era stato
modificato profondamente proprio dai suddetti abbancamenti di rifiuti.
Quello che il TAR non affronta, e non poteva farlo visto che il giudizio si
fonda su quello che le parti producono, è la risposta alla seguente domanda:
cosa c’è sotto il tombamento del piazzale Ciuvin.
LA VICENDA DEGLI STOCCAGGI NEL
PIAZZALE CIUVIN
L’area in questione doveva,
in base alla istanza del 1981, essere livellata per usi agricoli, ed invece è stata in realtà utilizzata per anni (fino al
2000) per stoccare rifiuti senza alcun progetto di coltivazione, come invece previsto
dalla legge, ma con ordinanze sindacale reiterate dal 1987 e fino al 2000.
Ora tutto questo è emerso
grazie ad un esposto, nell’autunno del 2017, del Movimento 5stelle di Sanremo
con la mia consulenza in diritto ambientale. Esposto che ha utilizzato gli atti
istruttori degli uffici comunali competenti, quindi fondato su atti ufficiali e
non su interpretazioni o documentazioni di parte.
Il Comune di Sanremo dopo
che la vicenda è emersa pubblicamente ha emesso una ordinanza di ripristino che
è stata impugnata da chi ha gestito l’area in tutti questi anni. L’ordinanza
riguardava solo gli aspetti di presunti abusi edilizi da parte dei proprietari
dell’area in questione, rimuovendo completamente la problematica del potenziale
inquinamento ambientale determinato dalla presenza di stoccaggi incontrollati
di rifiuti.
LE ORDINANZE PER LO STOCCAGGIO DI RIFITI NEL
PIAZZALE CIUVIN REITERATE NEGLI ANNI SONO ILLEGITTIME
Intanto occorre dire che
quelle ordinanze reiterate a partire dal 1987 e fino al 2000 erano illegittime
secondo la normativa all’epoca in vigore, infatti:
1. l’articolo
12 del DPR 915/1982 parlava di ordinanze di stoccaggio di rifiuti in emergenza
solo “temporanee”
2. l’articolo
13 del DLgs 22/1997 le ordinanze non possono essere reiterate per oltre 6 mesi
Non a caso già nell’Aprile
1987 la Provincia di Imperia aveva dichiarato la necessità di una ordinaria
autorizzazione per evitare che lo stoccaggio diventasse una discarica abusiva. A conferma del modo di procedere illegittimo,
il Consiglio Comunale di Sanremo nel dicembre 1989 approvava una delibera per
autorizzare una discarica in zona,mai realizzata. Ovviamente il Consiglio Comunale non aveva
competenza per autorizzare una discarica, se non per quanto riguarda i profili
di pianificazione urbanistica. Infatti siamo nel 1989 ed ex articolo 6 del DPR
915/1982 i progetti di smaltimento dei rifiuti venivano approvati dalla
Regione. Peraltro il progetto di discarica come risulta dalla relazione a firma
di uno studio tecnico (in data 3/5/1990) doveva ancora avere il via libera
regionale sotto il profilo della compatibilità paesaggistica (il c.d Studio Organico
di Insieme).Non solo ma addirittura nell’Aprile del 1990 la Commissione
edilizia comunale dichiara la discarica: abusiva e senza alcuna valutazione
dell’impatto ambientale e paesaggistico, nonostante ciò le ordinanze
di stoccaggio rifiuti in zona continuano negli anni successivi.
COSA OCCOREVA E OCCORRE TUTT’ORA FARE E CHI
DEVE AGIRE
Ora è chiaro che nella
vicenda in questione siamo di fronte quanto meno ad un fatto conclamato: l’abbandono reiterato senza alcuna cautela di enormi quantità di materiali
classificati in gran parte come rifiuti anche speciali come riconosciuto dalla
stessa sentenza del TAR Liguria, anche di origine alluvionali il che vale a
dire che potrebbero esserci anche rifiuti non previsti dalle ordinanze di
urgenza.
Il suddetto abbandono incontrollato
(perché di questo si è trattato) secondo legge e la giurisprudenza può
configurare il reato di discarica abusiva e se c’è una discarica abusiva
gestita per anni è chiaro che ci potrebbe essere un inquinamento in atto. A
questo punto se è vero che l'esistenza dei reati è competenza della Procura, la verifica della esistenza di un
inquinamento in atto e quindi della eventuale necessaria bonifica è compito
delle Autorità Amministrative.
Allora cosa occorre fare?
Occorre verificare se
questo inquinamento c’è, rilasciando mandato ad Arpal ed Asl per una campagna di
monitoraggio. Anche perché nel caso l’inquinamento emergesse non saremmo solo
di fronte ad un reato di discarica abusiva ma anche di omessa bonifica vista la
nuova fattispecie introdotta recentemente nel nostro codice penale. Nuova
fattispecie che va ad integrare il reato di mancato rispetto delle
autorizzazioni al progetto di bonifica approvato che per ora non rientrano nel
caso in esame ovviamente visto che nessuna procedura di bonifica è stata
avviata.
Ricordo che il reato di
omessa bonifica è un reato proprio tipico di una situazione come quella di cui
stiamo parlando: un potenziale inquinamento da verificare e mai verificato. Se
questo non avvenisse per ordine della pubblica autorità competente (Regione
Provincia Comune) e successivamente si dimostrasse l’esistenza
dell’inquinamento magari per una inchiesta della magistratura allora ci sarebbe
un concorso da parte dei rappresentanti delle pubbliche amministrazioni
competenti.
Sotto il profilo delle
competenze nel caso in esame le procedure di legge relativamente alle
attività di bonifica si intrecciano con quelle dei reati di abbandono dei
rifiuti e di esercizio abusivo di discarica.
In questo caso la prima
norma applicabile sarebbe l’articolo 11 della legge regionale ligure n°10 del 2009 che
disciplina i siti con inquinamento pregresso. Secondo questo articolo : “1. Nel caso di eventi inquinanti
avvenuti anteriormente alla data di entrata in vigore del DLgs 152/2006 ,
ma che si manifestino successivamente a tale data, il soggetto interessato
comunica alla Regione, alla Provincia, al Comune e all'ARPAL l'esistenza della
potenziale contaminazione, unitamente al piano di caratterizzazione. 2. L'ente
territoriale competente, ai sensi della presente legge, espleta le procedure
relative al procedimento di bonifica, di messa in sicurezza permanente, di
messa in sicurezza operativa”. Peccato che in questo caso il soggetto che
avrebbe dovuto comunicare l’inquinamento pregresso, il gestore dell’area interessata
dallo stoccaggio dei rifiuti, non possa e non voglia farlo visto che non
riconosce ne lo stoccaggio abusivo e neppure l’inquinamento in atto considerando
il tutto come una mera ricopertura con terre di scavo l’area interessata. Tesi
questa ultima non certo riconosciuta dalla recente sentenza del TAR Liguria che
si è occupato solo dell’abuso edilizio pregresso alle ordinanze sindacali di
stoccaggio rifiuti ma che non contesta la possibile presenza di rifiuti stoccati nell'area
E allora cosa si può fare?
La documentazione prodotta
dagli uffici competenti del Comune di Sanremo e allegata all’Esposto sopra
citato dimostra che siamo di fronte ad almeno due reati potenziali quali quello
di abbandono di rifiuti se non, come il sottoscritto ritiene, addirittura di
discarica abusiva, l’inquinamento in
atto deve essere dimostrato dagli enti competenti. Quindi qui soccorre
l’articolo 244 del DLgs 152/2006 secondo il quale: “1. Le pubbliche amministrazioni che
nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che
i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia
di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al
comune competenti.”
In sostanza il Sindaco
doveva e deve tutt’ora dare immediatamente mandato ad Arpal e Asl per la
verifica del livello di inquinamento presente nell’area e se dovessero
essere superati i limiti di concentrazione degli inquinanti allora si potrebbe
avviare la procedura di bonifica con un ruolo attivo:
- della Provincia che con
ordinanza può imporre al responsabile dell’inquinamento l’avvio delle procedure
(articolo 5 legge regionale 10/2009)
- del Comune di
Sanremo che ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 10/2009 gestisce le
procedura di bonifica nel senso che approva la caratterizzazione e poi il
progetto di bonifica e/o messa in sicurezza.
Chi è responsabile della
eventuale bonifica? Sicuramente il Comune a causa delle ordinanze reiterate in
modo illegittimo, ma la caratterizzazione dell’area, se svolta correttamente,
potrebbe dimostrare che nell’area sono stati stoccati rifiuti diversi da quelli
previsti dalle Ordinanze Sindacali, ed allora ci potrebbe essere una
responsabilità in solido dei proprietari e di chiunque abbia avuto la
disponibilità dell’area.
Quindi non è
sufficiente (anzi come dimostra la sentenza del TAR Liguria è pure sbagliato) continuare ad affrontare la questione sotto il profilo del mero
abuso edilizio occorre prima di tutto scongiurare l’esistenza di un rischio
ambientale e sanitario.
I fatti sono chiari, gli
atti sono chiari, il rischio ambientale potenziale è perfino riconosciuto nella
risposta dell’assessore all'ambiente della Regione Liguria in risposta ad una interrogazione in Consiglio Regionale, le competenze sono chiare.
INFINE SU ALCUNE
DICHIARAZIONI DAL FRONTE IDROEDIL
Ho avuto modo di leggere
sia il comunicato di Idroedil (ricorrente nella vicenda di fronte al TAR) che
altre dichiarazioni di suoi vari rappresentanti.
Rispetto al comunicato di
Idroedil sulla sentenza, ci permettiamo solo di sottolineare una curiosità se
così vogliamo chiamarla. Perché di fronte a reiterate e chiaramente illegittime
ordinanze di stoccaggio dei rifiuti in quell’area negli anni dal 1987 al 2000,
i proprietari non ricorsero al TAR fin da allora, permettendo così, sia pure
indirettamente, di alterare completamente la morfologia dell’area rendendo
quindi inapplicabile la procedura di intimazione del Comune in relazione al
presunto abuso edilizio come confermato dalla sentenza del TAR Liguria? Eppure
quelle ordinanze di stoccaggio rifiuti impedivano ai proprietari di gestire l’area
secondo le finalità della istanza
iniziale del 2 febbraio 1981: vale a dire livellamento per usi agricoli. Fare agricoltura
su una montagna di rifiuti sotterrati non è come dire non è augurabile a
nessuno.
Non solo ma qualcuno ha avuto il coraggio di
affermare che i carotaggi e quindi la caratterizzazione dell’area dove sono
stati stoccati i rifiuti dovrebbero “pagarla coloro che hanno presentato l’esposto”
vale a dire i rappresentanti del Movimento 5stelle Sanremo. Affermazione sicuramente sciocca da un punto
di vista legale ma in palese contraddizione con quanto dichiararono i
rappresentanti di Idroedil nel gennaio 2019 come risulta dall’articolo del
Secolo XIX riprodotto qui a fianco.
Quindi anche Idroedil
riconosce che i rifiuti ci sono e che sarebbe bene capire se inquinano o meno e se quindi vadano
rimossi.
ALLORA COSA ASPETTIAMO A COMINCIARE?
LE DICHIARAZIONI DEL SINDACO DI SANREMO DOPO LA SENTENZA DEL TAR LIGURIA: CONFERMANO LA CONFUSIONE DELLA AMMINISTRAZIONE IN QUESTA VICENDA
Il Sindaco uscente, invece che pensare ad appellare la sentenza del TAR in Consiglio di Stato, potrebbe ordinare immediatamente (poteva farlo da tempo peraltro sic!) l’avvio della caratterizzazione del
sito visto che queste competenze rientrano nella sua qualità di Autorità
Sanitaria e non di mero capo politico di
una Amministrazione a scadenza di
mandato elettorale, giusto anche per rimuovere ulteriore infondate scuse come quella che prima di avviare detta caratterizzazione del sito doveva aspettare la sentenza del TAR. Proprio il TAR ha ammesso la non connessione tra abuso edilizio eventuale e inquinamento del sito. Facciamo parlare, anzi scrivere, la sentenza del TAR Liguria sul punto: “Nel merito, è
opportuno anteporre allo scrutinio delle dedotte censure di legittimità la
sottolineatura dei tratti peculiari della presente controversia.
Essi sono
resi evidenti, non soltanto dal carattere assai risalente dell’istanza del
privato (una domanda di condono edilizio presentata oltre trent’anni orsono)
che ha dato impulso alla successiva azione amministrativa, ma soprattutto dall’asimmetria
tra la natura dei provvedimenti impugnati (concernenti i soli profili edilizi)
e il rilievo delle problematiche ambientali che si stagliano sullo sfondo della
vicenda.
In questo
senso, non è possibile (e non è determinante ai fini dell’esito del presente
giudizio) accertare se i privati avessero effettivamente inteso realizzare
un’area pianeggiante da sfruttare a scopi agricoli ovvero se il loro obiettivo,
fin dal principio, fosse quello di realizzare una discarica di materiali
inerti.”
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