giovedì 16 maggio 2019

Centrale a gas a Spezia: le responsabilità della politica, cosa si poteva e si può fare per impedirla

Dopo la presentazione, da parte di Enel SpA, del progetto di centrale a gas che dovrà riconvertire la centrale a carbone esistente a Vallegrande (Sp) possiamo dire che: "il re è nudo".

Il re in questo caso sono in primo luogo i precedenti amministratori locali e regionali ma anche il Ministro che RILASCIO' la  Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) nel 2013.

All’epoca la tesi fu che non si poteva chiedere di più ad Enel perché altrimenti la centrale non se ne sarebbe più andata se la nuova autorizzazione avesse comportato grossi investimenti.  Poi c’è chi disse, sempre per difendere l’AIA del 2013, che comunque erano state date prescrizioni talmente stringenti che l’Enel sarebbe stato costretta a dismettere in pochi anni la centrale.
Ebbene la centrale non se ne andrà almeno secondo l’Enel smentendo clamorosamente  i “soloni” di allora!


Al momento del rilascio dell’AIA (2013) la durata della autorizzazione era di 8 anni (se la centrale fosse restata eco certificata ad EMAS) quindi sarebbe scaduta nel 2021.  Il sottoscritto insieme con il Comitato Spezia Via dal Carbone affermammo all’epoca che le cose non erano così semplici, perché una volta autorizzata la centrale poi si sarebbe data ad Enel un arma di pressione enorme verso la città e aggiungevo che la durata delle autorizzazioni poteva essere cambiata con una proroga o addirittura modificando la normativa in materia. Cosa che è puntualmente avvenuta. Oggi la attuale AIA alla centrale scadrà nel 2029.  

Ma questo allungamento che già in se dimostra il fallimento di una strategia di governo del problema è ancor più grave se consideriamo che in realtà l’AIA del 2013 venne rilasciata senza una adeguata istruttoria e violando passaggi procedurali importanti alla faccia delle “prescrizioni stringenti”  dichiarate dai “soloni” di allora.

Quell’AIA  del 2013 venne rilasciata:
1. senza il Parere Sanitario del Sindaco [NOTA 1] ,passaggio formale obbligatorio per legge come confermato da ampia giurisprudenza oltre  che, e soprattutto, dalla normativa sulla disciplina dell’AIA;
2. senza una valutazione di impatto ambientale (VIA) ex post. La centrale di Spezia incredibilmente non ha mai avuto una VIA neppure quando questa procedura era entrata in vigore in Italia (mi riferisco non solo all’AIA del 2013 ma anche alla autorizzazione che consentì la riapertura della centrale negli anni 90. Eppure la VIA era obbligatoria nella forma della VIA ex post che in sintesi significava (come ha spiegato la Corte di Giustizia UE in più sentenze): se un impianto doveva andare a VIA quando è stato realizzato e non ci è andato, nel momento in cui il gestore chiede una nuova autorizzazione di modifica dell’impianto (anche solo limitata a questioni specifiche) deve essere applicata la VIA come se l’impianto fosse costruito al momento della nuova autorizzazione.
3. l’avere saltato questi due passaggi procedurali sopra riportati ha inciso profondamente nelle modalità in cui si è svolta la istruttoria che ha portato all’AIA del 2013. Si è infatti impedito di tenere conto dello stato sanitario della zona interessata dalle emissioni della centrale, si è impedito di mettere a confronto scenari tecnologici e di uso di combustibili alternativi al carbone. Tutto questo avrebbe potuto dare le motivazioni alle autorità competente (Ministero dell’Ambiente dell’epoca per primo) per chiedere la chiusura definitiva della sezione a carbone già nel 2013 o comunque la sua durata per un periodo transitorio ben più ristretto.


Invece con la motivazione che "tanto cmq la centrale avrebbe chiuso a breve", questi geni della politica, hanno creato i presupposti per far sorbire la centrale ai cittadini spezzini non per qualche anno ma per altri 16 anni e con un modello gestionale non adeguato ad un sito così densamente abitato come quello spezzino e con livelli di emissione assolutamente superiore alle centrali di nuove generazione anche a carbone (come dimostrai QUI).


Non solo ma oggi per evitare che la centrale a carbone resti fino al 2029 dovremmo secondo la proposta di Enel sorbirci per altri 30 anni una centrale a gas di grande potenza (sicuramente sopra i 500-600 MW) in pieno centro urbano e vicino ad altre notevoli fonti inquinanti ormai note da tempo.


E qui veniamo agli altri  "RE geni" della politica, quelli che ora governano il Comune di Spezia. Questi signori dopo 60 anni di centrale a carbone (e non è finita come avete appena letto) non hanno saputo fare altro che chiedere all’Enel in ginocchio di restare con una nuova bella centrale a gas!
Insomma dopo che:
A. non è stato rispettato il referendum consultivo tenutosi nel 1990 che chiedeva il metano come combustibile di transizione alla dismissione della  centrale;  
B. non sono state rispettate la prescrizioni di uso del metano in base alla autorizzazione del 1997: 1. all’avviamento dei gruppo a carbone (evitando in parte le fumate nere dei c.d. transitori), 2.nelle condizioni atmosferiche avverse (inversione termica), 3. nei periodi di criticità ambientali che emergano dalle reti di monitoraggio (peraltro queste non adeguate allora e anche oggi);
C. non sono sostanzialmente mai stati usati (se non in una fase iniziale) i gruppi a metano previsti dalla autorizzazione sempre del 1997

dopo tutto ciò cosa pensano questi signori dell’attuale Amministrazione Comunale: proporre in un ordine del giorno una centrale a metano al posto di quella a carbone.



COSA AVREBBE DOVUTO FARE INVECE IL SINDACO
Il Sindaco, però, come massima autorità sanitaria comunale e soprattutto avvalendosi del potere di Parere Sanitario poteva e può fare ALMENO DUE COSE:  
1. dimostrare con una valutazione del danno sanitario che la centrale, a prescindere da quando chiuderà, produce e ha prodotto e quindi proporre prima delle scadenze sopra esaminate  prescrizioni per una revisione dell’AIA ex comma 7 [NOTA 2] articolo 29-quater del  DLgs 152/2006 creando i presupposti per una chiusura anticipata della centrale a carbone e comunque per fermare una proroga del carbone oltre il 2021 nel caso Enel cambiasse idea grazie alla data ex lege di scadenza della attuale autorizzazione.  
2. avviare da subito una valutazione di impatto sanitario su possibili scenari futuri alternativi nell’uso dell’area in questione anche tenuto conto sull’impatto esistente della altre fonti inquinanti: porto, cantieri navali.
Solo dopo avere realizzato questi due strumenti di valutazione (voglio ricordare che il Sindaco attuale è in carica ormai da quasi due anni) avrebbe potuto pensare a fare proposte sull’uso dell’area della attuale centrale a carbone visto che il Sindaco non è un notaio di decisione prese altrove ma anche il capo politico di un Ente che ha tra i suoi compiti principali quello di pianificare l’uso del territorio comunale.

3.  Infine il Sindaco avrebbe potuto far inserire una norma nel piano urbanistico che definisse l’area della centrale per il futuro come libera da industrie insalubri di prima classe. Ora sappiamo perché soprattutto questa ultimo strumento non è stato inserito nell'ordine del giorno del Consiglio Comunale!



INFINE IL CONSOLIDAMENTO DELLA CENTRALE ENEL IN CITTÀ PONE ANCHE UN'ALTRA QUESTIONE LEGATA ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI. ECCO PERCHÉ…
Una suggestione, per ora, sull’uso potenziale dei rifiuti nella centrale Enel. Come avevo scritto QUI,  ci sono tre elementi che fanno sospettare questa soluzione come qualcosa di più di un semplice “fantasma” prodotti dagli ambientalisti:
1. il progetto di co-combustione di biomasse (comprese alcune tipologie di rifiuti speciali quale la sansa di oliva) tutt’ora depositato presso il Ministero dell’Ambiente
2. l’inserimento nel Documento Economico Finanziario del Governo di richiesta di incentivi europei per la generazione elettrica da biomasse da parte dell’Enel
3. la normativa che declassifica da rifiuti a semplici combustibili la parte trattata e non organica del rifiuto: il cosiddetto combustibile solido secondario.

Ora interviene, come ulteriore tassello a sostegno del suddetto scenario,  l’Autorità Garante della Concorrenza che lo scorso 4 marzo ha inviato al Parlamento e al Ministero per lo Sviluppo Economico una segnalazione (per il testo completo vedi QUI) che evidenzia come:  “gli incentivi riconosciuti per l’utilizzo della sansa ai fini energetici, potrebbero comportare una crescita artificiosa dei prezzi della sansa, turbando le condizioni di approvvigionamento degli altri settori industriali, in  particolar modo quello alimentare, che ricorrono alla stessa materia prima. L’Antitrust è già intervenuta in passato per segnalare la preferibilità  di sistemi di incentivazione per la produzione di energia da biomasse dai soli rifiuti e sottoprodotti che non abbiano altra utilità produttiva o commerciale al di fuori di un loro impiego per la produzione di energia.”




Cosa deve contenere il Parere Sanitario
1.       una valutazione della rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto, attraverso:
-          una valutazione delle emissioni inquinanti della centrale
-          una valutazione delle ricadute inquinanti in aria, acqua e suolo
-          simulazioni sui tassi di mortalità e morbilità determinati da tali ricadute  
2.       una valutazione dello stato sanitario della popolazione interessata
3.       una valutazione della evoluzione del contesto urbanistico interessato dall’impianto
4.       una valutazione dei rischi di incidenti rilevanti dall’impianto
5.       prescrizioni conseguenti alle valutazioni di cui ai punti precedenti


"In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies.

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