Dopo
la presentazione, da parte di Enel SpA, del progetto di centrale a gas che dovrà riconvertire
la centrale a carbone esistente a Vallegrande (Sp) possiamo dire che: "il re è
nudo".
Il re
in questo caso sono in primo luogo i precedenti amministratori locali e
regionali ma anche il Ministro che RILASCIO' la Autorizzazione
Integrata Ambientale (AIA) nel 2013.
All’epoca
la tesi fu che non si poteva chiedere di più ad Enel perché altrimenti la
centrale non se ne sarebbe più andata se la nuova autorizzazione avesse comportato grossi
investimenti. Poi c’è chi disse, sempre
per difendere l’AIA del 2013, che comunque erano state date prescrizioni
talmente stringenti che l’Enel sarebbe stato costretta a dismettere in pochi
anni la centrale.
Ebbene
la centrale non se ne andrà almeno secondo l’Enel smentendo clamorosamente i “soloni” di allora!
Al momento del rilascio dell’AIA (2013) la durata della autorizzazione era di 8 anni (se
la centrale fosse restata eco certificata ad EMAS) quindi sarebbe scaduta nel
2021. Il sottoscritto insieme con il
Comitato Spezia Via dal Carbone affermammo all’epoca che le cose non erano così
semplici, perché una volta autorizzata la centrale poi si sarebbe data ad Enel
un arma di pressione enorme verso la città e aggiungevo che la durata delle
autorizzazioni poteva essere cambiata con una proroga o addirittura modificando la
normativa in materia. Cosa che è puntualmente avvenuta. Oggi la attuale AIA
alla centrale scadrà nel 2029.
Ma
questo allungamento che già in se dimostra il fallimento di una strategia di
governo del problema è ancor più grave se consideriamo che in realtà l’AIA del
2013 venne rilasciata senza una adeguata istruttoria e violando passaggi
procedurali importanti alla faccia delle “prescrizioni stringenti” dichiarate dai “soloni” di allora.
Quell’AIA del 2013 venne rilasciata:
1. senza il Parere Sanitario del
Sindaco [NOTA 1]
,passaggio formale obbligatorio per legge come confermato da ampia
giurisprudenza oltre che, e soprattutto, dalla normativa sulla disciplina dell’AIA;
2. senza una valutazione di impatto
ambientale (VIA) ex post. La centrale di Spezia incredibilmente non ha mai
avuto una VIA neppure quando questa procedura era entrata in vigore in Italia
(mi riferisco non solo all’AIA del 2013 ma anche alla autorizzazione che
consentì la riapertura della centrale negli anni 90. Eppure la VIA era
obbligatoria nella forma della VIA ex post che in sintesi significava (come ha
spiegato la Corte di Giustizia UE in più sentenze): se un impianto doveva
andare a VIA quando è stato realizzato e non ci è andato, nel momento in cui il
gestore chiede una nuova autorizzazione di modifica dell’impianto (anche solo
limitata a questioni specifiche) deve essere applicata la VIA come se l’impianto
fosse costruito al momento della nuova autorizzazione.
3. l’avere saltato questi due
passaggi procedurali sopra riportati ha inciso profondamente nelle modalità in
cui si è svolta la istruttoria che ha portato all’AIA del 2013. Si è infatti
impedito di tenere conto dello stato sanitario della zona interessata dalle
emissioni della centrale, si è impedito di mettere a confronto scenari
tecnologici e di uso di combustibili alternativi al carbone. Tutto questo
avrebbe potuto dare le motivazioni alle autorità competente (Ministero dell’Ambiente
dell’epoca per primo) per chiedere la chiusura definitiva della sezione a
carbone già nel 2013 o comunque la sua durata per un periodo transitorio ben più ristretto.
Invece con la motivazione che "tanto cmq la centrale avrebbe chiuso a breve", questi geni della politica, hanno creato i
presupposti per far sorbire la centrale ai cittadini spezzini non per qualche
anno ma per altri 16 anni e con un modello gestionale non adeguato ad
un sito così densamente abitato come quello spezzino e con livelli di emissione
assolutamente superiore alle centrali di nuove generazione anche a carbone
(come dimostrai QUI).
Non solo ma oggi per evitare che
la centrale a carbone resti fino al 2029 dovremmo secondo la proposta di Enel sorbirci per altri
30 anni una centrale a gas di grande potenza (sicuramente sopra i 500-600 MW)
in pieno centro urbano e vicino ad altre notevoli fonti inquinanti ormai note
da tempo.
E qui veniamo agli altri "RE geni" della politica, quelli che ora governano il Comune di Spezia. Questi signori dopo 60 anni di
centrale a carbone (e non è finita come avete appena letto) non hanno saputo
fare altro che chiedere all’Enel in ginocchio di restare con una nuova bella
centrale a gas!
Insomma
dopo che:
A. non è stato rispettato il referendum
consultivo tenutosi nel 1990 che chiedeva il metano come
combustibile di transizione alla dismissione della centrale;
B. non sono state rispettate la
prescrizioni di uso del metano in base alla autorizzazione del 1997: 1. all’avviamento dei gruppo a carbone (evitando in parte le fumate nere dei c.d.
transitori), 2.nelle condizioni atmosferiche avverse (inversione termica), 3. nei
periodi di criticità ambientali che emergano dalle reti di monitoraggio
(peraltro queste non adeguate allora e anche oggi);
C. non sono sostanzialmente mai
stati usati (se non in una fase iniziale) i gruppi a metano previsti dalla
autorizzazione sempre del 1997
dopo tutto ciò cosa pensano
questi signori dell’attuale Amministrazione Comunale: proporre in un ordine del
giorno una centrale a metano al posto di quella a carbone.
COSA AVREBBE DOVUTO
FARE INVECE IL SINDACO
Il
Sindaco, però, come massima autorità sanitaria comunale e soprattutto
avvalendosi del potere di Parere Sanitario poteva e può fare ALMENO DUE COSE:
1. dimostrare con una
valutazione del danno sanitario che la centrale, a prescindere da quando
chiuderà, produce e ha prodotto e quindi proporre prima delle scadenze sopra
esaminate prescrizioni per una revisione dell’AIA ex comma 7 [NOTA 2] articolo 29-quater del DLgs
152/2006 creando i presupposti per una chiusura anticipata della centrale a
carbone e comunque per fermare una proroga del carbone oltre il 2021 nel caso
Enel cambiasse idea grazie alla data ex lege di scadenza della attuale
autorizzazione.
2. avviare da subito una
valutazione di impatto sanitario su possibili scenari futuri alternativi
nell’uso dell’area in questione anche tenuto conto sull’impatto esistente della
altre fonti inquinanti: porto, cantieri navali.
Solo dopo
avere realizzato questi due strumenti di valutazione (voglio ricordare che il
Sindaco attuale è in carica ormai da quasi due anni) avrebbe potuto pensare a
fare proposte sull’uso dell’area della attuale centrale a carbone visto che il
Sindaco non è un notaio di decisione prese altrove ma anche il capo politico di
un Ente che ha tra i suoi compiti principali quello di pianificare l’uso del
territorio comunale.
3. Infine il Sindaco avrebbe potuto far inserire
una norma nel piano urbanistico che definisse l’area della centrale per il
futuro come libera da industrie insalubri di prima classe. Ora sappiamo perché soprattutto
questa ultimo strumento non è stato inserito nell'ordine del giorno del Consiglio Comunale!
INFINE IL
CONSOLIDAMENTO DELLA CENTRALE ENEL IN CITTÀ PONE ANCHE UN'ALTRA QUESTIONE
LEGATA ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI. ECCO PERCHÉ…
Una suggestione, per ora, sull’uso potenziale
dei rifiuti nella centrale Enel. Come avevo scritto QUI, ci sono tre elementi che
fanno sospettare questa soluzione come qualcosa di più di un semplice
“fantasma” prodotti dagli ambientalisti:
1. il progetto di
co-combustione di biomasse (comprese alcune tipologie di rifiuti speciali quale
la sansa di oliva) tutt’ora depositato presso il Ministero dell’Ambiente
2. l’inserimento nel Documento
Economico Finanziario del Governo di richiesta di incentivi europei per la
generazione elettrica da biomasse da parte dell’Enel
3. la normativa che
declassifica da rifiuti a semplici combustibili la parte trattata e non
organica del rifiuto: il cosiddetto combustibile solido secondario.
Ora
interviene, come ulteriore tassello a sostegno del suddetto scenario, l’Autorità
Garante della Concorrenza che lo scorso 4 marzo ha inviato al Parlamento e
al Ministero per lo Sviluppo Economico una segnalazione (per il testo completo
vedi QUI) che evidenzia
come: “gli incentivi
riconosciuti per l’utilizzo della sansa ai fini energetici, potrebbero
comportare una crescita artificiosa dei prezzi della sansa, turbando le
condizioni di approvvigionamento degli altri settori industriali, in particolar modo quello alimentare, che
ricorrono alla stessa materia prima. L’Antitrust è già intervenuta in passato
per segnalare la preferibilità di sistemi di incentivazione per la
produzione di energia da biomasse dai soli rifiuti e sottoprodotti che non
abbiano altra utilità produttiva o commerciale al di fuori di un loro impiego
per la produzione di energia.”
Cosa deve contenere il Parere Sanitario
1.
una valutazione della rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto,
attraverso:
-
una valutazione delle emissioni inquinanti della centrale
-
una valutazione delle ricadute inquinanti in aria, acqua e suolo
-
simulazioni sui tassi di mortalità e morbilità determinati da tali
ricadute
2.
una valutazione dello stato sanitario della popolazione interessata
3.
una valutazione della evoluzione del contesto urbanistico interessato
dall’impianto
4.
una valutazione dei rischi di incidenti rilevanti dall’impianto
5.
prescrizioni conseguenti alle valutazioni di cui ai punti precedenti
"In presenza
di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di
cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario
nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento,
corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di
modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare
l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies.”
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