Ho avuto modo qualche giorno fa di riconoscere
pubblicamente come le dimissioni dei tre assessori dalla giunta Federici siano
state utili per mettere all'attenzione della opinione pubblica lo strappo
istituzionale realizzato dal Sindaco con la estromissione dell'assessore
Stretti usando il Comune come uno strumento improprio per combattere lo scontro
di potere all'interno del PD.... Riconosciuto questo, diciamo “merito”, ora
occorre che chi si è dimesso affronti la vera questione che questa vicenda ha
messo in risalto di cui il dimissionamento dell’assessore è solo l’ennesimo
sintomo.
La vera questione sta nella degenerazione del dibattito
all'interno del gruppo dirigente del PD spezzino e mi fermo al locale visto che
non mi occupo di politica nazionale.
Diciamo la verità di strappi istituzionali questo Sindaco
ne aveva prodotti molti e li ho spesso sottolineati anche sul mio blog. Uno su
tutti, almeno simbolicamente, la scelta democraticamente "indecente"
di impedire, con le truppe antisommossa dei carabinieri, l'accesso alla sala
del consiglio comunale ai cittadini critici contro il progetto di Piazza Verdi.
Ebbene quella sera vedere un gruppo consistente di cittadini che sventolando
fazzoletti rossi cantava "bella ciao" davanti ai carabinieri chiamati
dalla Amministrazione Federici, produsse, almeno a livello di immaginario
collettivo, il momento più basso della democrazia rappresentativa nella nostra
città, per non parlare della sequenza altrettanto indecente di insulti che il
Sindaco usò contro i cittadini quella sera in Consiglio Comunale.
Insomma le dimissioni sono state positive ma francamente
dovevano arrivare molto prima e soprattutto non serviranno a granché se dentro
il PD non si aprirà un vero dibattito non solo su Federici ma su come un
partito che proviene dalla tradizione democratica della sinistra italiana sia
potuto degenerare in questo modo, sul perché non abbia saputo sviluppare gli
anticorpi necessari ad impedire anticipatamente questa degenerazione, sul
perché non abbia saputo produrre una nuova classe dirigente all’altezza dei
compiti di governo di una città complessa come Spezia, tanto che corre sempre
più la voce di utilizzare come candidature “salvatori della patria” come dire
non di “primo pelo” politicamente ma anche anagraficamente parlando, per non
parlare di ipotizzate candidature per operazioni trasversali tutte dentro il
sistema di potere consolidatosi per anni intorno a Cassa di Risparmio e
Fondazione, tanto per “non” far nomi.
Tutto questo non riguarda solo il PD, riguarda i
cittadini spezzini fin ad ora governati da questo partito, ma riguarda anche
l’opposizione che di fronte alla crisi degenerativa di questo partito e della
sua classe dirigente non può non porsi un problema enorme e cioè quello di
dimostrare di essere in grado di produrre una classe dirigente alternativa e
una idea di governo della città diversa da quella attuale. Per fare questo
occorrerà determinazione ma anche l’umiltà di non commettere un errore che
sarebbe speculare al modo autoritario di governare della attuale Giunta, alla
sua degenerazione, alle forme varie di clientelismo antimeritrocratico che la
hanno caratterizzata. L’errore speculare potrebbe essere quello che ogni parte
della opposizione sia portata a pensare di essere autosufficiente, che pensi
che possa bastare aspettare che il “cadavere del nemico” le scorra davanti. Il
rischio, se così sarà, è che scorra il cadavere degli interessi generali della
città.
Questa città ha bisogno di uscire dagli schemi facili che
hanno fino ad ora favorito lo status quo, ha bisogno di valorizzare le persone
che in vari campi sono state fino ad ora emarginate: professionalmente e
politicamente, ha bisogno di dare spazio alla discussione pubblica, ha bisogno
di trasparenza, ha bisogno di autonomia della burocrazia dalla politica di
parte, ha bisogno di un percorso politico elettorale che valorizzi tutti ciò,
ha bisogno di un dibattito pubblico sulle grandi questioni che esca dalle facili
contrapposizioni ed entri nel merito a cominciare dalla attuazione del Piano
Regolatore del Porto e del Waterfront. Solo così si potrà provare a rispondere
in positivo alla crisi del PD spezzino.
Non sarà facile perché si tratterà non di costruire liste
e programmi a tavolino nel chiuso dei propri soggetti politici organizzati, ma
con un confronto vero con la città nelle sue ampie e diversificate
articolazioni di interessi e di competenze.
Non è vero che, come esige una vulgata interessata perché
tutta dentro agli schemi conservatori dello status quo, Spezia sia una città
monolitica. Non è vero ed è arrivato il momento che qualcuno lo faccia capire
agli spezzini stessi dimostrando che tiene di più agli interessi generali della
città che ai proprio interessi di bottega.
Proviamoci, apriamo i cancelli delle nostre menti.....
fuori c’è un mondo intero da scoprire e con umiltà e capacità di ascolto, da
cambiare.
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