lunedì 8 marzo 2021

Violazione limiti particolato fine dello Stato membro quali azioni necessarie per rispettare le norme UE

La sentenza della Corte di Giustizia del 3 febbraio 2021 causa C-637/18  (QUI), al di la del caso specifico, è interessante perché riafferma i principi sulla base dei quali gli stati membri possono essere condannati:

1.per violazione degli obblighi relativi alle misure da apprestare in caso di reiterati superamenti dei limiti degli inquinanti nella qualità dell’aria;

2. per non avere approntato tutte le misure necessarie, e in tempi adeguati, per riportare i valori degli inquinanti aeriformi nei limiti delle norme europee.

Nella sentenza qui esaminata la Corte di Giustizia è intervenuta sulla richiesta della Commissione di condannare l’Ungheria in quanto:

-     superando sistematicamente e costantemente il valore limite giornaliero fissato per le concentrazioni di particelle di PM10, da un lato, dal 1 ° gennaio 2005, nella zona HU0001 - regione di Budapest e nella zona HU0008 - valle di Sajó, e, dall'altro lato, da giugno 11, 2011 (ad eccezione del 2014), nella zona HU0006 - regione di Pécs, non ha adempiuto ai propri obblighi ai sensi del combinato disposto dell'articolo 13 e dell'allegato XI della Direttiva 2008/50/CE (QUI);

-     non avendo adottato le misure adeguate, è venuta meno, dall'11 giugno 2010, agli obblighi imposti dall'articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, letto da solo e in combinato disposto con l'allegato XV, sezione A, di tale direttiva, in particolare l'obbligo, previsto dall'articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva, di garantire che il periodo per il superamento dei valori limite sia quanto più breve possibile.

  

In via preliminare... 


la Corte di Giustizia nella sentenza in esame precisa che la Direttiva 2008/50 è in vigore dal 11 giugno 2010 ma i superamenti, almeno per due delle aree interessate, rispetto agli obiettivi della Direttiva ci sono stati a partire dal 1/1/2005. La Corte ha già chiarito in precedenti sentenze che le doglianze basate su tali disposizioni sono ricevibili anche per il periodo dal 1° gennaio 2005 all'11 Giugno 2010, poiché gli obblighi previsti da tali disposizioni hanno origine nella versione iniziale del presente atto dell'Unione, vale a dire le disposizioni combinate dell'articolo 5 della direttiva 1999/30 e dell'allegato III della (sentenza del 10 novembre 2020, Commissione / Italia - QUI) .


 

VIOLAZIONE LIMITI PM10 CONDIZIONI PER CUI SUSSISTE

Relativamente alla prima motivazione del ricorso della Commissione la sentenza della Corte di Giustizia qui esaminata la accoglie rilevando che le particolari caratteristiche topografiche e climatiche particolarmente sfavorevoli alla dispersione di inquinanti che le zone interessate da questa azione, non sono tali da esonerare lo Stato membro interessato dalla responsabilità di avere superato i valori limite fissati per il PM10. Al contrario, costituiscono elementi che, come risulta dal punto 2, lettere c) (dati topografici utili) e d), dell'allegato XV, parte A, della direttiva 2008/50, devono essere presi in considerazione conto nel quadro dei piani per la qualità dell'aria che tale Stato membro è tenuto, ai sensi dell'articolo 23 di detta direttiva, a stabilire per tali aree al fine di raggiungere il valore limite se viene superato ( in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione / Italia - QUI).   

La Corte aggiunge che se non si sono ottenute deroghe particolari come previsto dalla Direttiva 2008/50/CE una volta stabilito che i valori limite fissati dall'articolo 13 della direttiva 2008/50, in combinato disposto con l'allegato XI di tale direttiva, sono stati superati, nelle zone e agglomerati interessati dalla sua azione e per i periodi ivi indicati, uno Stato membro non può, invocare  circostanze che avrebbero potuto far ottenere dette esenzioni e quindi esonerarsi dall'adempimento dei chiari obblighi cui è vincolato dal 1 ° gennaio 2005, ai sensi, in primo luogo, dell'articolo 5 della direttiva 1999/30 e del suo allegato III, nonché, in secondo luogo, Articolo 13 e allegato XI della direttiva 2008/50.

 

 

QUALI MISURE ADEGUATE E IN CHE TERMINI DEVONO ESSERE ADOTTATE DAGLI STATI MEMBRI DOPO IL RILEVATO SUPERAMENTO DEI LIMITI PM10

Relativamente al secondo motivo del ricorso della Commissione la Corte rileva che l'articolo 23 della direttiva 2008/50 stabilisce un nesso diretto tra, da un lato, il superamento dei valori limite fissati per il PM10 come previsto dal combinato disposto dell'articolo 13, paragrafo 1, del Direttiva 2008/50 e Allegato XI della stessa e, d'altra parte, l'istituzione di piani per la qualità dell'aria (sentenza del 10 novembre 2020, Commissione / ItaliaQUI).

Secondo la Corte questi piani possono essere stabiliti solo sulla base dell'equilibrio tra l'obiettivo di riduzione del rischio di inquinamento e i diversi interessi pubblici e privati ​​coinvolti, di conseguenza, il fatto che uno Stato membro superi i valori limite fissati per il PM10 non è di per sé sufficiente per ritenere che tale Stato membro sia venuto meno agli obblighi previsti dall'articolo 23, paragrafo 1., secondo paragrafo, della direttiva 2008/50.

Tuttavia, dall'articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 risulta che gli Stati membri, pur disponendo di un certo margine di manovra nella determinazione delle misure da adottare, devono comunque stabilire un termine affinché il superamento dei valori limite sia il più breve possibile.

Ora dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta, in primo luogo, che, al momento della scadenza del termine fissato nel parere motivato complementare, l'Ungheria aveva effettivamente adottato piani relativi alla qualità dell'aria nonché varie misure per miglioralo. Si trattava quindi, da parte della Corte di verifica la congruità del contenuto di tali Piani. A questo proposito la Corte rileva che, ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2008/50, i piani elaborati devono contenere almeno le informazioni elencate nell'allegato XV, sezione A, di questo. Tuttavia, dai dati contenuti in quel fascicolo emerge che i piani adottati dalla Ungheria:

1. da un lato, non danno un'indicazione precisa del miglioramento atteso della qualità dell'aria e dei tempi previsti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati

2. dall’altro le misure invocate dall'Ungheria non menzionano la data in cui sarà garantito il rispetto del valore limite giornaliero fissato per il PM10 nelle aree interessate e sono, inoltre, spesso in fase di adozione o modifica. e talvolta prevedono un periodo di attuazione che può estendersi per diversi anni dall'entrata in vigore dei valori limite fissati per il PM10.

Quindi afferma la Corte va osservato che l'Ungheria chiaramente non ha adottato misure adeguate in tempo utile per garantire che il periodo di superamento dei valori limite fissati per il PM10 sia pari il più breve possibile nelle zone interessate. Pertanto, il superamento del valore limite giornaliero fissato per il PM10 è rimasto sistematico e persistente rispettivamente per sei e otto anni in dette zone, nonostante l'obbligo incombente a questo Stato membro di adottare tutte le misure appropriate ed efficaci per soddisfare il requisito che il periodo di superamento deve essere il più breve possibile.

Per quanto riguarda l'argomento dell'Ungheria secondo cui le misure sono adeguate anche se non iniziano a produrre effetti fino a molto tempo dopo la data in cui si è accertato che il valore limite in questione è stato superato e comunque il "più breve possibile" periodo non dovrebbe, a causa della natura complessa dell'inquinamento atmosferico, riguardare gli effetti delle misure. Come dire l’importante è dimostrare che le misure sono adottate a prescindere dagli effetti che hanno prodotto. Secondo la Corte di Giustizia va ricordato che uno Stato membro deve stabilire che le difficoltà che invoca per porre fine al superamento dei valori limite fissati per le PM10, che non siano di natura eccezionale, sono tali da escludere la possibilità di fissare scadenze più brevi.

Secondo la Corte di Giustizia l'Ungheria si è limitata, per quanto riguarda la sua posizione geografica e le condizioni geologiche e meteorologiche presenti in tale Stato membro, a fare affidamento su elementi di carattere generale menzionati nei piani di qualità dell'aria, senza fornire approfondire o svolgere un'analisi più approfondita, caso per caso, rispetto a ciascuna delle aree oggetto del ricorso della Commissione. Tuttavia, tali difficoltà strutturali non sono di natura eccezionale e non sono tali da escludere la possibilità di fissare scadenze più brevi.

Per quanto riguarda, più in particolare, l'argomento relativo all'inquinamento transfrontaliero, si rileva che l'Ungheria non ha quantificato, in modo sufficientemente preciso, l'incidenza di tale inquinamento sul rispetto del valore limite giornaliero fissato per il PM10 nelle aree oggetto del presente ricorso. In ogni caso, il fatto che fattori esterni contribuiscano all'inquinamento atmosferico in tale Stato membro non può giustificare il fatto che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato complementare, tale valore limite fosse ancora non rispettato in questi settori.

QUINDI la Corte nella sentenza qui esaminata ha condannato l’Ungheria accogliendo i motivi della Commissione.

 

 





 


 

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