lunedì 22 marzo 2021

STUDI PUBBLICATI A FEBBRAIO SU MORTALITÀ DA PARTICOLATO E PRESENZA COVID-19 IN ARIA INDOOR

Resi pubblici a Febbraio due studi sul rapporto tra qualità dell'aria che respiriamo e salute pubblica.

IL PRIMO riguarda il rapporto, a livello mondiale, tra le emissioni di particolato fine (PM 2,5: dove 1 micron (μ) corrisponde ad un millesimo di millimetro) e impatto sulla salute pubblica. Dallo studio emerge che oltre 10milioni di morti premature all'anno sono prodotte dall'inquinamento del particolato da fonti fossili.

IL SECONDO analizza la presenza del COVID-19 nell'aria rilevando una significativa presenza negli ambienti domestici.
 

MORTALITÀ GLOBALE PER INQUINAMENTO DA PARTICELLE FINI ALL'APERTO GENERATO DALLA COMBUSTIONE DI COMBUSTIBILI FOSSILI (DOCUMENTAZIONE INTERNAZIONALE)

Studio pubblicato su Science Direct (ScienceDirect.com | Science, health and medical journals, full text articles and books.

Secondo lo studio (per il testo vedi QUI)  la combustione di combustibili fossili – in particolare carbone, benzina e gasolio – è una delle principali fonti di particolato fine aereo (PM2,5) e un fattore chiave per l’impatto globale della mortalità e delle malattie. Precedenti valutazioni dei rischi hanno esaminato la risposta sanitaria al PM2,5 totale, non solo al PM2,5 dalla combustione di combustibili fossili, e hanno utilizzato una funzione di risposta alla concentrazione con un supporto limitato dalla letteratura e dati a concentrazioni sia elevate che basse. Questa valutazione esamina la mortalità associata al PM2,5 solo a causa della combustione di combustibili fossili, facendo uso di una recente meta-analisi di studi più recenti con una gamma più ampia di esposizione.

Lo studio ha inoltre stimato la mortalità dovuta a minori infezioni respiratorie (LRI) tra i bambini di età inferiore ai cinque anni nelle Americhe e in Europa, regioni per le quali abbiamo dati affidabili sul rischio relativo di questo risultato per la salute derivanti dall'esposizione al PM2,5. Lo studio ha  utilizzato il modello di trasporto chimico GEOS-Chem per stimare i livelli di esposizione globale al PM2,5 legato ai combustibili fossili nel 2012. I rischi relativi di mortalità sono stati modellati utilizzando funzioni che collegano l'esposizione a lungo termine al PM2,5 e alla mortalità. Lo studio è arrivato a stimare un totale globale di 10,2 (CI 95%: da -47,1 a 17,0) milioni di morti premature all'anno attribuibili alla componente fossile del PM2,5. L'impatto maggiore sulla mortalità è stimato nelle regioni con pm2,5 sostanziali correlati ai combustibili fossili, in particolare Cina (3,9 milioni), India (2,5 milioni) e parti degli Stati Uniti orientali, dell'Europa e del sud-est asiatico. La stima per la Cina precede un sostanziale calo delle emissioni di combustibili fossili e scende a 2,4 milioni di morti premature a causa della riduzione del 43,7% del PM2,5 dei combustibili fossili dal 2012 al 2018 portando il totale globale a 8,7 (95% CI: da -1,8 a 14,0) milioni di morti premature. Abbiamo anche stimato decessi annuali in eccesso dovuti all'LRI nei bambini (0-4 anni) di 876 in Nord America, 747 in Sud America e 605 in Europa.

Questo studio dimostra che la componente di combustibile fossile di PM2,5 contribuisce a un grande carico di mortalità. La pendenza più ripida della funzione concentrazione-risposta a concentrazioni più basse porta a stime più grandi di quelle precedentemente riscontrate in Europa e Nord America, e il calo più lento della pendenza a concentrazioni più elevate si traduce in stime più grandi in Asia.

La combustione di combustibili fossili può essere controllata più facilmente rispetto ad altre fonti e precursori del PM2,5 come polvere o fumo di fuoco, quindi questo è un chiaro messaggio ai responsabili politici e alle parti interessate per incentivare ulteriormente il passaggio a fonti di energia pulite.

 

 

PRESENZA COVID-19 NELL’ARIA INDOOR E OUTDOOR (DOCUMENTAZIONE NAZIONALE)

Studio Arpa Piemonte (QUI), in collaborazione con il Laboratorio di Virologia Molecolare e Ricerca Antivirale del Polo Universitario San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO), che individuato un metodo riproducibile e validabile per determinare la presenza del virus in aria, sia essa indoor che outdoor.

I risultati ottenuti con un grado di certezza quantificabile supportano le seguenti considerazioni:

- in ambiente esterno, il virus non è finora risultato rilevabile nell’aria;

- negli ambiti ospedalieri, ed in particolare all’interno dei reparti con presenza di malati anche caratterizzati da elevati carichi virali, le concentrazioni rilevabili del SARS-CoV-2 sono risultate generalmente molto contenute, anche in virtù dell’elevato tasso di ricambio dell’aria realizzato in tali aree (6-8 ricambi d’aria ogni ora);

- in ambito domestico, al contrario, le concentrazioni di virus si sono rilevate più consistenti, fino a 40÷50 copie genomiche del virus al metro cubo di aria. Tali valori risultano fortemente influenzabili dalle frequenze di ricambio d’aria e dal numero di soggetti positivi presenti nelle abitazioni, oltreché dallo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia (tosse secca).


 

 

 

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