Il TAR Umbria con sentenza n°152 del 2 Marzo 2021 (QUI) è intervenuta relativamente alla questione della possibilità da parte delle Autorità Competenti in materia di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) di applicare questa procedura (nella fase della verifica di assoggettabilità) a categorie di opere non comprese negli appositi allegati alla Parte II del DLgs 152/2006 (testo unico ambientale) che appunto elencano le tipologie di progetti opere e attività sottoponibili a questa procedura di valutazione preventiva degli impatti ambientali .
La sentenza rileva perché affronta un tema che, come vedremo nella Parte II e III del post, riguarda l’esame dei criteri ex lege utilizzabili per l’applicabilità o meno della VIA anche in base al principio di precauzione che costituisce uno dei principi sui cui si basa la stessa normativa sulla VIA.
Se rientra diventa più
semplice chiedere la applicazione di tutti i criteri, non solo quello delle
soglie, ai sensi del principio di precauzione per riconoscere la applicazione
della Verifica di Assoggettabilità a VIA come si spiega nella Parte III del
post.
Se non rientra negli allegati suddetti allora diventa molto
difficile chiedere l’applicazione della Verifica di Assoggettabilità e tanto
più la VIA in base al solo principio di precauzione visto che non si potranno utilizzare
tutti i criteri ex lege per la verifica di assoggettabilità in quanto questi
applicabili solo alle opere presenti negli allegati suddetti. Questo anche perché l’ultima versione del dlgs
152/2006 ha di fatto riportato allo Stato la definizione delle categorie di
opere sottoponibili a VIA ordinaria o a Verifica di Assoggettabilità come
confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n°147
del 2019 con la quale sono stati dichiarati incostituzionali gli
allegati alla legge regionale che elencavano le categorie di opere sottoponibili e VIA o a Verifica di Assoggettabilità autonomamente dagli allegati alla Parte II del DLgs 152/2006. In particolare secondo la Corte
Costituzionale: “Al riguardo non può
sostenersi, come diffusamente eccepito dalla difesa regionale, che la scelta di
sottoporre alle procedure di VIA progetti non menzionati dalla normativa
statale innalzi di per sé i livelli di tutela ambientale, contribuendo a
implementare la protezione del valore costituzionale indicato dall’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. Gli enti regionali possono disciplinare,
infatti, «con proprie leggi o regolamenti l’organizzazione e le modalità di
esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA»,
stabilendo «regole particolari ed ulteriori» solo e soltanto «per la
semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del
pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il
coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale
e locale, nonché per la destinazione (…) dei proventi derivanti
dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie”
PARTE I: OGGETTO
DELLA SENTENZA DEL TAR UMBRIA
Nel caso di specie l’attività
riguarda una distilleria e il progetto di adeguamento richiesto dalla Provincia territorialmente competente in particolare relativamente alle concessioni di derivazione legate a tale
impianto.
Nelle more della
approvazione del progetto di adeguamento la Regione Umbria (autorità competente
in materia di VIA) ha prodotto un parere secondo il quale era: “opportuno
che il progetto in argomento, ancorché non ricompreso direttamente tra quelli
elencati nell’Allegato IV alla Parte Seconda del D.Lgs. n. 152/2006», fosse
comunque sottoposto «a procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA sulla
base di quanto stabilito dall’Art. 3-ter (Principio dell’azione ambientale) del
predetto Decreto.”
L’allegato IV è quello che elenca le categorie di opere sottoponibili a verifica
di assoggettabilità a VIA.
La Regione nel formulare il proprio parere si è basata non solo sull’allegato IV sopra citato ma anche sul Decreto Ministeriale n° 52 del 2015 (Linee Guida per la verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale dei progetti di competenza delle Regioni e Province autonome). Secondo questo Decreto per i progetti localizzati nelle aree considerate sensibili di cui al par. 4.3, la riduzione del 50% delle soglie indicate nell’allegato IV alla parte seconda del Codice.
Il progetto oggetto del contenzioso rientra in una di queste aree sensibili nel
senso che è collocato in adiacenza al sito Natura 2000 ZSC IT5210025 “Ansa
degli Ornari” (vedi normativa sulla tutela della biodiversità).
Sulla base di questo assunto la Regione tenuto conto del principio di precauzione ha richiesto la applicazione della Verifica di Assoggettabilità a VIA.
Il TAR nella sentenza qui esaminata rileva che le suddette Linee Guida in realtà relativamente alle condizioni che fanno abbassare le soglie dimensionali delle categorie del 50% affermano che nel caso in cui si tratta di impianto esistente per applicare la riduzione della soglia occorre che il progetto/impianto rientri in tutte le tipologie di aree e non in una sola (sufficiente solo per i nuovi impianti). Ora l’impianto da modificare in questione rientra solo in una tipologia di area sensibile (la vicinanza ad sito di importanza comunitaria come sopra riportato).
Per il TAR applicando il
dettato delle linee guida non è sufficiente per applicare la Verifica di Assoggettabilità
a VIA la sola vicinanza al sito di importanza comunitaria ne tanto meno è
sufficiente, a prescindere dal fatto che
il progetto rientri o meno nei parametri normativa di applicabilità di detta
Verifica, il principio di precauzione.
PARTE II: IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE QUANDO PUÒ COMPORTARE LA APPLICAZIONE DELLA VIA NEL CASO IN CUI IL PROGETTO NON RIENTRI NEI PARAMETRI DI LEGGE?
Ricorda il TAR Umbria che il
principio di precauzione in materia ambientale è stato introdotto dall’art. 174
del Trattato dell’Unione europea (oggi art. 191 del TFUE) e recepito
nell’ordinamento interno con l’art. 3-ter del Codice dell’ambiente, introdotto
dall’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 4/2008.
Conclude quindi il TAR Umbria sul punto: “Ciò detto, deve ritenersi che, in mancanza di una più puntuale e rigorosa motivazione, il mero richiamo dei principi dell’azione ambientale non può giustificare il sacrificio dell’interesse alla sollecita definizione del procedimento amministrativo.
Ciò, innanzitutto, perché l’ordinamento, nell’indicare in termini generali gli
interventi da sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA (con i citati
allegati alla parte seconda del Codice dell’ambiente) e nel prevedere, in
chiave di maggior tutela ambientale, la riduzione delle soglie dimensionali
degli interventi da sottoporre a screening (con le Linee guida di cui al d.m.
n. 52/2015), ha individuato il punto di equilibrio tra le esigenze presidiate
dal principio di precauzione e gli interessi economici antagonisti.
Come ha ritenuto la giurisprudenza, la portata del principio di precauzione può
«riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti
generali, ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in
cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai
danni poco conosciuti, anche solo potenziali»; da ciò consegue che «il
principio di precauzione non può essere invocato, viceversa, laddove il livello
di rischio connesso a determinate attività sia stato, come nel caso in esame,
puntualmente definito dai decisori centrali sulla base delle attuali conoscenze
scientifiche, attraverso la puntuale indicazione di limiti e di prove […] cui
devono conformarsi le successive determinazioni delle autorità locali» (TAR
Piemonte, sez. I, 3 maggio 2010, n. 2294).
Tale conclusione è, nel caso di specie, tanto più necessitata ove si consideri
che, ai sensi dell’art. 19, c. 1, del d.lgs. n. 152/2006, lo svolgimento della
verifica di assoggettabilità è prevista «limitatamente» alle ipotesi di cui
all’art. 6, c. 7, del Codice, avverbio che esprime chiaramente l’attenzione del
legislatore al contenimento dei margini di discrezionalità dell’amministrazione
in ordine alla valutazione circa la sottoponibilità dei progetti alla verifica
di assoggettabilità a VIA.”
PARTE III COME
INTERPRETARE LA SENTENZA DEL TAR UMBRIA
La sentenza appare
sicuramente condivisibile relativamente a come deve essere interpretato il
principio di precauzione ma al contempo risulta troppo ancorata ad un interpretazione
formalistica delle Linee guida in materia di applicazione della Verifica di
Assoggettabilità a VIA per le opere di competenza regionale.
Infatti se è vero che le
linee guida affermano che per gli impianti esistenti occorre, ai fin della sottoponibilità
della Verifica di Assoggettabilità a VIA, che il progetto risponda a tutti i
criteri ai fini della applicazione della riduzione del 50% delle soglie, la
questione delle soglie dimensionali non può essere l’unico criterio per
decidere se applicare o meno la VIA almeno per le categorie di opere che
rientrano negli allegati al DLgs 152/2006 (testo unico ambientale).
In questo senso risulta
chiarissima la sentenza del Consiglio di Stato n° 4729 del 2014 (QUI)
secondo la quale è applicabile la VIA ad impianti a biomasse sotto la soglia
previste dagli allegati al DLgs 152/2006 questo in quanto: “… a fondare
la tesi della doverosità della V.I.A. concorrano i principi di precauzione e
dell’azione preventiva, propri del diritto comunitario, sanciti all’art. 191
del T.F.U.E., ove il legislatore, nell’affermare che “la politica della
Comunità in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela
(...)”,induce a ritenere che la V.I.A. non possa, certamente, escludersi sulla
semplice base della soglia di potenza.”
D’altronde la stessa Corte di Giustizia aveva da tempo chiarito (sentenza sez. V 21/9/1999 (Causa C – 392/96) che è in contrasto con la Direttiva sulla VIA un recepimento da parte di uno Stato membro: “… mediante il ricorso a soglie limite tali che, per determinare se un progetto vada sottoposto ad uno studio di impatto ambientale, non viene preso in considerazione l’insieme delle sue caratteristiche, ma solo le sue dimensioni ….. infatti, anche in progetto di dimensioni ridotte può avere un notevole impatto sull’ambiente se è localizzato in un luogo in cui i fattori ambientali contemplati dall’articolo 3 della direttiva (come la fauna, flora, il suolo, l’acqua, il clima o il patrimonio culturale) sono sensibili al minimo cambiamento “.
Ancora più netta e più recente la Corte Costituzionale italiana che con sentenza 93/2013 ha affermato che la procedura per verificare la applicabilità della VIA ad un progetto per il quale siano previste soglie dimensionali: “deve essere effettuato avvalendosi degli specifici criteri di selezione definiti nell’allegato III della stessa direttiva e concernenti, non solo la dimensione, ma anche altre caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti, l’utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l’inquinamento ed i disturbi ambientali da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l’altro, all’area geografica e alla densità della popolazione interessata). Tali caratteristiche sono, insieme con il criterio della dimensione, determinanti ai fini della corretta individuazione dei progetti da sottoporre a VIA o a verifica di assoggettabilità nell’ottica dell’attuazione dei principi di precauzione e di azione preventiva (considerando n. 2) ed in vista della protezione dell’ambiente e della qualità della vita.”
CONCLUDENDO
Quindi e concludendo il
principio di precauzione può essere utile ad applicare sia la VIA che la
Verifica di Assoggettabilità anche per le opere che pur non rientrando nei paramenti
di legge (allegati al DLgs 152/2006 e Linee guida per le Regioni di cui al D.M.
n° 52 del 2015) nel caso in cui in base agli altri criteri di verifica di
assoggettabilità, come elencati dall’allegato V a detto DLgs 152/2006: impatto
cumulativo , specificità ambientale del sito, tipo di impatto.
Ovviamente, come suggerisce la sentenza del TAR Umbria, il possibile utilizzo dei criteri dell’allegato V ai fini della applicabilità della Verifica di Assoggettabilità dovrà essere motivata in rapporto al caso concreto ma appunto non ci si potrà limitare solo ad una questione di soglie tanto più se l’impianto rientra nelle categorie di opere sottoponibili a Verifica di Assoggettabilità.
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