Il
Consiglio di Stato con Parere n° 457/2021 (QUI) ha
chiarito, confermando indirizzi giurisprudenziali e normativi precedenti, i
rapporti tra iscrizione alla WHITE LIST, la Comunicazione Interdittiva
Antimafia in relazione alle condanne per il reato di traffico
illecito di rifiuti di rappresentanti di società che chiedono detta
iscrizione.
In
particolare oggetto della sentenza è il provvedimento con il quale la
Prefettura territorialmente competente ha respinto l’istanza della società
ricorrente di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed
esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa di cui
all’art. 1, comma 52, della legge n. 190 del 2012 (così detta “White List”)
per le attività di "estrazione fornitura e trasporto di terra e
materiali inerti noli a freddo di macchinari e noli a caldo".
ISCRIZIONE
ALLA WHITE LIST
La disciplina di detta
iscrizione è prevista dal DPCM 18 aprile 2013 e successive modifiche (QUI il testo aggiornato) che definisce le modalità
relative all'istituzione e all'aggiornamento presso ciascuna Prefettura
dell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non
soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, operanti nei settori esposti
maggiormente a rischio.
In particolare l’iscrizione
nella White List avviene all’esito di un procedimento a istanza di
parte, che mira a semplificare e a rendere più agevole e certa la comunicazione
e l'informazione antimafia liberatoria da acquisire da parte delle pubbliche
amministrazioni e degli altri soggetti indicati nell’art. 83 [NOTA 1] del Codice Antimafia (QUI) prima
di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a
lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i
provvedimenti indicati nell'articolo 67 [NOTA 2] del medesimo codice.
RAPPORTI TRA
DINIEGO ISCRIZIONE ALLA WHITE LIST E LA COMUNICAZIONE DI INTERDITTIVA ANTIMAFIA
Sul punto il nuovo Parere del
Consiglio di Stato riprende il parere 22 giugno 2020, n. 3959 della sezione
Prima che ha affermato la identica ratio e quindi finalità della iscrizione
alla White List con la comunicazione interdittiva antimafia, “… in quanto si tratta di misure volte alla
salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le
imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione. Anzi l'iscrizione nell'elenco tiene luogo
della comunicazione e dell'informazione antimafia liberatoria anche ai fini
della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti
relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta".
Se non fosse questa la lettura si vanificherebbe
il sistema dei controlli antimafia (così, Cons. Stato, sez. III, 24 gennaio
2018, n. 492).
LE CONDIZIONI
PER IL DINIEGO DI ISCRIZIONE ALLA WHITE LIST
Secondo la tesi della
società alla quale è stata negata l’iscrizione nella white list ,
questa costituisce un atto discrezionale, per il cui diniego occorrerebbe il
concorso di entrambe le condizioni previste dall’art. 84 del codice antimafia,
ossia la condanna per un reato “spia” e, comunque, cumulativamente al primo
presupposto, anche la sussistenza di tentativi di infiltrazione e di
condizionamento della malavita organizzata a carico dell’impresa esclusa.
Il Consiglio di Stato con il nuovo Parere qui esaminato ricorda che, secondo la relazione su cui si fonda la decisione finale della Sezione Prima del Consiglio di Stato di opposta opinione, il Ministero dell’interno ha ritenuto invece che l’iscrizione nella white list per le tipologie di attività considerate dalla legge maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa equivarrebbe a tutti gli effetti al rilascio di un’informativa antimafia liberatoria Tale impostazione sarebbe stata seguita, secondo la relazione ministeriale, dalla sentenza Consiglio di Stato n. 2211 del 3 aprile 2019: “il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c. d. white list) e disciplinato dagli stessi principi che regolano l'interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione”
Il Consiglio di Stato nel nuovo Parere qui esaminato, contraddicendo quanto affermato dalla società appellante,
rileva come il testo dell’art. 2, secondo periodo (QUI), del
d.P.C.M. 18 aprile 2013, si limita a prevedere due condizioni negative che
devono entrambe sussistere cumulativamente ai fini dell’iscrizione nella white
list (l’assenza di misure di prevenzione impeditive e l’assenza di
eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa), essendo evidente che la presenza
anche solo di una delle due condizioni negative giustifica di per sé
l’esclusione. Ma non implica, di converso, che, ai fini del diniego di
iscrizione, il Prefetto debba dimostrare il concorso di entrambe le condizioni
impeditive.
Aggiunge quindi il Consiglio
di Stato il richiamo al comma 8 articolo
67 del Codice Antimafia secondo il quale le misure di prevenzione (divieti di
concessioni, autorizzazioni, stipulazione contratti pubblici etc.) : “… si
applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva
o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti
di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale”.
Tra questi delitti c’è
anche il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies (Attività
organizzate per il traffico illecito di rifiuti) del codice penale.
Conclude il Consiglio
di Stato nel Parere qui esaminato:
che in caso emerga una condanna per il suddetto reato di traffico illecito
rifiuti: “… attesa l’efficacia ex
se ostativa allo svolgimento delle attività per le quali si domanda
l’iscrizione nella white list, sia sufficiente, ai fini del diniego, in
quanto vincolato agli effetti impeditivi sopra richiamati, la sola risultanza
delle comunicazioni antimafia, di cui all’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 159
del 2011, non occorrendo anche la dimostrazione della sussistenza di eventuali
tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli
indirizzi delle società o impresa interessate, costituente il contenuto della
informazione antimafia di cui al comma 3 dell’art. 84 ora citato.”
[NOTA 1] “1. Le pubbliche
amministrazioni e gli
enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti,
gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente
pubblico e le societa' o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro
ente pubblico nonche' i concessionari di lavori o di servizi
pubblici, devono acquisire
la documentazione antimafia di cui all'articolo 84 prima di
stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a
lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i
provvedimenti indicati nell'articolo 67”
[NOTA 2] “a) licenze o
autorizzazioni di polizia e di commercio;
b) concessioni di
acque pubbliche e diritti ad esse
inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;
c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti
la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;
d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di
fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione,
nei registri della camera di commercio
per l'esercizio del commercio
all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari
all'ingrosso;
e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori
pubblici;
f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio,
concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali,
comunque denominati;
g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque
denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o
delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
h) licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione,
deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti”.
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