venerdì 19 marzo 2021

Reato traffico illecito rifiuti e iscrizione White List il Consiglio di Stato chiarisce il collegamento

Il Consiglio di Stato con Parere n° 457/2021 (QUI) ha chiarito, confermando indirizzi giurisprudenziali e normativi precedenti, i rapporti tra iscrizione alla WHITE LIST, la Comunicazione Interdittiva Antimafia in relazione alle condanne per il reato di traffico illecito di rifiuti di rappresentanti di società che chiedono detta iscrizione.

In particolare oggetto della sentenza è il provvedimento con il quale la Prefettura territorialmente competente ha respinto l’istanza della società ricorrente di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 1, comma 52, della legge n. 190 del 2012 (così detta “White List”) per le attività di "estrazione fornitura e trasporto di terra e materiali inerti noli a freddo di macchinari e noli a caldo".

 

ISCRIZIONE ALLA WHITE LIST

La disciplina di detta iscrizione è prevista dal DPCM 18 aprile 2013 e successive modifiche (QUI il testo aggiornato) che definisce le modalità relative all'istituzione e all'aggiornamento presso ciascuna Prefettura dell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, operanti nei settori esposti maggiormente a rischio.

In particolare l’iscrizione nella White List avviene all’esito di un procedimento a istanza di parte, che mira a semplificare e a rendere più agevole e certa la comunicazione e l'informazione antimafia liberatoria da acquisire da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti indicati nell’art. 83 [NOTA 1] del Codice Antimafia (QUI) prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67 [NOTA 2] del medesimo codice.

 

 

RAPPORTI TRA DINIEGO ISCRIZIONE ALLA WHITE LIST E LA COMUNICAZIONE DI INTERDITTIVA ANTIMAFIA

Sul punto il nuovo Parere del Consiglio di Stato riprende il parere 22 giugno 2020, n. 3959 della sezione Prima che ha affermato la identica ratio e quindi finalità della iscrizione alla White List con la comunicazione interdittiva antimafia,  “… in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione.  Anzi l'iscrizione nell'elenco tiene luogo della comunicazione e dell'informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta".  Se non fosse questa la lettura si vanificherebbe il sistema dei controlli antimafia (così, Cons. Stato, sez. III, 24 gennaio 2018, n. 492).

 

 

LE CONDIZIONI PER IL DINIEGO DI ISCRIZIONE ALLA WHITE LIST

Secondo la tesi della società alla quale è stata negata l’iscrizione nella white list , questa costituisce un atto discrezionale, per il cui diniego occorrerebbe il concorso di entrambe le condizioni previste dall’art. 84 del codice antimafia, ossia la condanna per un reato “spia” e, comunque, cumulativamente al primo presupposto, anche la sussistenza di tentativi di infiltrazione e di condizionamento della malavita organizzata a carico dell’impresa esclusa.

Il Consiglio di Stato con il nuovo Parere qui esaminato ricorda che, secondo la relazione su cui si fonda la decisione finale della Sezione Prima del Consiglio di Stato di opposta opinione, il Ministero dell’interno ha ritenuto invece che l’iscrizione nella white list per le tipologie di attività considerate dalla legge maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa equivarrebbe a tutti gli effetti al rilascio di un’informativa antimafia liberatoria Tale impostazione sarebbe stata seguita, secondo la relazione ministeriale, dalla sentenza Consiglio di Stato n. 2211 del 3 aprile 2019: “il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c. d. white list) e disciplinato dagli stessi principi che regolano l'interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione

Il Consiglio di Stato nel nuovo Parere qui esaminato, contraddicendo quanto affermato dalla società appellante, rileva come il testo dell’art. 2, secondo periodo (QUI), del d.P.C.M. 18 aprile 2013, si limita a prevedere due condizioni negative che devono entrambe sussistere cumulativamente ai fini dell’iscrizione nella white list (l’assenza di misure di prevenzione impeditive e l’assenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa), essendo evidente che la presenza anche solo di una delle due condizioni negative giustifica di per sé l’esclusione. Ma non implica, di converso, che, ai fini del diniego di iscrizione, il Prefetto debba dimostrare il concorso di entrambe le condizioni impeditive.  

Aggiunge quindi il Consiglio di Stato il richiamo al comma 8  articolo 67 del Codice Antimafia secondo il quale le misure di prevenzione (divieti di concessioni, autorizzazioni, stipulazione contratti pubblici etc.) : “… si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale”.

Tra questi delitti c’è anche il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) del codice penale.

 

Conclude il Consiglio di Stato nel Parere qui esaminato: che in caso emerga una condanna per il suddetto reato di traffico illecito rifiuti:  “… attesa l’efficacia ex se ostativa allo svolgimento delle attività per le quali si domanda l’iscrizione nella white list, sia sufficiente, ai fini del diniego, in quanto vincolato agli effetti impeditivi sopra richiamati, la sola risultanza delle comunicazioni antimafia, di cui all’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, non occorrendo anche la dimostrazione della sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o impresa interessate, costituente il contenuto della informazione antimafia di cui al comma 3 dell’art. 84 ora citato.”

 

 

 

 



[NOTA 1]1.  Le  pubbliche  amministrazioni  e  gli  enti  pubblici,   anche costituiti in stazioni uniche  appaltanti,  gli  enti  e  le  aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le societa' o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico  nonche'  i concessionari di lavori o di servizi pubblici,  devono  acquisire  la documentazione antimafia di cui all'articolo 84 prima  di  stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67


[NOTA 2] a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

b) concessioni di  acque  pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano  richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;

c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei  registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio  all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;

e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;

f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre  erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività  imprenditoriali;

h) licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti”.

 

 

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