La legge regionale della
Lombardia n° 31 del 28 novembre 2014 (QUI) detta disposizioni affinché gli strumenti di governo
del territorio, nel rispetto dei criteri di sostenibilità e di minimizzazione
del consumo di suolo, orientino gli interventi edilizi prioritariamente verso
le aree già urbanizzate, degradate o dismesse sottoutilizzate da riqualificare
o rigenerare, anche al fine di promuovere e non compromettere l'ambiente, il
paesaggio, nonché l'attività agricola.
Il Consiglio di Stato con
sentenza n° 2412 del 22 Marzo 2021 (QUI) è
intervenuta per giudicare su un appello di parte privata la coerenza di una
variante al Piano Regolatore Comunale con la legge regionale suddetta. In particolare la variante ha inserito aree
di proprietà dell’appellante tra quelle a “verde”, al fine di destinarla alla
conservazione e rigenerazione del suolo.
La sentenza è interessante perché fissa alcuni principi generali in materia della coerenza che devono avere progetti urbanistici (tanto più se in variante ai piani urbanistici generali) con le leggi regionali sulla rigenerazione urbana e la riduzione del consumo del suolo.
Il Consiglio di Stato nel provvedimento in esame cita la sentenza della Corte Costituzionale 16 luglio 2019, n. 179 che ha avuto modo di
affermare come, in linea generale, “la legge reg. Lombardia n. 31 del 2014
persegue innovative finalità generali, consistenti nell’orientare gli
interventi edilizi prioritariamente verso aree già urbanizzate, degradate o
dismesse e nel prevedere consumo di suolo esclusivamente se la
riqualificazione e la rigenerazione di aree già edificate si dimostri
tecnicamente ed economicamente insostenibile (art. 1). Essa quindi, da un lato, traguarda le più recenti concezioni di territorio,
considerato non più solo come uno spazio topografico suscettibile di
occupazione edificatoria ma rivalutato come una risorsa complessa che incarna
molteplici vocazioni (ambientali, culturali, produttive, storiche) e, dall’altro,
è avvertita sul fatto che il consumo di suolo rappresenta una delle variabili
più gravi del problema della pressione antropica sulle risorse naturali. In
quest’ottica la legge regionale si distingue per aver definito il suolo come
«bene comune di fondamentale importanza per l’equilibrio ambientale, la
salvaguardia della salute, la produzione agricola finalizzata alla
alimentazione umana e/o animale, la tutela degli ecosistemi naturali e la
difesa dal dissesto idrogeologico» (art. 1, comma 2). La legge regionale quindi, nelle sue finalità generali, dimostra di
inserirsi in un processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione
tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda, all’interno della
quale si è consolidata la consapevolezza del suolo quale risorsa naturale
eco-sistemica non rinnovabile, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale,
capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di
interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale”.
Risulta quindi con chiarezza come per rispettare il principio di non consumare suolo occorre dimostrare che la rigenerazione è tecnicamente ed economicamente insostenibile. Questo è un parametro fondamentale per la Corte Costituzionale al fine di valutare i progetti urbanistici che al principio di rigenerazione si rifanno.
Non solo ma il Consiglio di Stato afferma come la legge sulla rigenerazione urbana approvata dalle Regioni non impedisce ai Comuni di pianificare (questo sarebbe in contrasto con l’autonomia in materia riconosciuta dalla Corte Costituzionale vedi QUI) ma solo nel rispetto dei principi di detta normativa.
La sentenza quindi è interessante perché al di la della questione specifica oggetto della controversia chiarisce come in presenza di una legge regionale di rigenerazione urbana i principi della stessa a cominciare da quello di riduzione del consumo del suolo devono essere rispettati e non possono essere derogati nel momento in cui i progetti urbanistici a tale legge fanno riferimento.
In questo senso va anche un'altra sentenza del Consiglio di Stato (la n° 2413 del 22 Marzo 2021) relativa allo stesso Comune ma su progetto diverso rispetto a quella esaminata sopra cioè la n° 2412).
La sentenza n° 2413 specifica ulterioriormente che al fine di rispettare la legge regionale che promuove la riduzione del consumo del suolo i Comuni nella loro autonomia pianificatoria possono prefigurare il futuro di un area del Comune diverso dal presente. Afferma il Consiglio di Stato sul punto: “la pianificazione urbanistica, dovendo immaginare un assetto ideale del territorio per l’avvenire, ben può, in prospettiva, ipotizzare una conformazione dei luoghi che, seppure non corrispondente a quella dell’area in quel momento, potrebbe essere raggiunta in futuro, ove, ad es., il proprietario reputasse – per convenienza economica o per altro motivo – di mutare l’attuale destinazione d’uso (situazione di fatto in atto sul terreno) per imprimerne una diversa e conforme a quelle previste per la destinazione di zona pianificata (situazione di diritto), a meno che la destinazione di piano prescelta non risulti del tutto manifestamente irragionevole e concretamente irrealizzabile in ragione delle caratteristiche dei luoghi.”
I principi derivanti dalle sentenze sopra esaminate chiariscono come una legislazione regionale sulla rigenerazione urbana non possa permette che vengano autorizzati progetti urbanistici che violino la ratio della stessa mentre invece la stessa legislazione regionale garantisce la legittimità di progetti coerenti con la stessa nell’ambito della autonomia pianificatoria dei Comuni.
È quanto affermato dal Consiglio di Stato in un'altra sentenza esaminata QUI che riguarda la legge regionale ligure sulla rigenerazione urbana.
In questo senso continua a non essere comprensibile come si possa considerare coerente con i principi della rigenerazione urbana in chiave di riduzione del consumo del suolo, il progetto che il Comune di Spezia vuole realizzare vicino al parco urbano della Maggiolina, vedi QUI.
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