Il Consiglio di Stato con sentenza n° 1827 del 3 Marzo 2021 (QUI) ha deciso l’appello contro la sentenza del TAR che ha rigettato il ricorso contro la decisione, della Città Metropolitana di revocare l’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) ad un impianto in conseguenza dell’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura contro il titolare dello stesso.
Ricordo che l’AUA è una
delle varie tipologie di autorizzazione ambientale disciplinata dal DPR 59/2013
(QUI), ma i
principi affermati in questa nuova sentenza valgono anche per le altre
autorizzazioni ambientali a cominciare dalla Autorizzazione Integrata
Ambientale si veda il commento ad altra sentenza del 2017 su un caso in Provincia
della Spezia QUI.
Il ricorrente ha
contestato anche in appello la
sussistenza di un rapporto di presupposizione necessaria tra l’informativa
antimafia e le disposte revoche, ritenendo che queste ultime avrebbe dovuto
essere semmai fondate su autonome valutazioni.
Già in primo grado il
TAR, richiamando precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenze
12 marzo 2015, n. 1292; id., 24 luglio 2015, n. 3653), aveva statuito: “… l’interdittiva
è un provvedimento volto alla cura degli interessi di rilievo pubblico -
attinenti all’ordine e alla sicurezza pubblica nel settore dei trasferimenti e
di impiego di risorse economiche dello Stato, degli enti pubblici e degli altri
soggetti presi in considerazione dalla normativa di riferimento - il cui apprezzamento
è riservato in via esclusiva all’Autorità di pubblica sicurezza e non può
essere messo in discussione da parte dei soggetti che alla misura di
interdittiva devono prestare osservanza, sicché ogni successiva statuizione di
questi ultimi soggetti si configura dovuta e vincolata a fronte del giudizio di
disvalore dell’impresa e non deve essere corredata da alcuna specifica
motivazione”.
Il Consiglio di Stato
nel respingere le motivazioni dell’appellante conferma come la
giurisprudenza in materia ha da tempo chiarito che anche le attività soggette
al rilascio di autorizzazioni, licenze o a s.c.i.a. soggiacciono alle
informative antimafia e che è pertanto ormai superata la rigida bipartizione e
la tradizionale alternatività tra comunicazioni antimafia, applicabili alle
autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni,
contributi ed elargizioni ( Consiglio di Stato: 9 febbraio 2017; 8
marzo 2017, n. 1109; 4 marzo 2019, n. 1500).
Il Consiglio di Statto in questa nuova sentenza ricorda che nel Parere del Consiglio di Stato, sez. I, n. 3088 del 17 novembre 2015 (QUI), si era in particolare evidenziato che "le perplessità di ordine sistematico e teleologico sollevate in ordine all'applicazione di tale disposizione anche alle ipotesi in cui non vi sia un rapporto contrattuale - appalti o concessioni - con la pubblica amministrazione non hanno ragion d'essere, posto che anche in ipotesi di attività soggette a mera autorizzazione l'esistenza di infiltrazioni mafiose inquina l'economia legale, altera il funzionamento della concorrenza e costituisce una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubbliche".
Infine la nuova sentenza ricorda come l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (A.P. n. 3 del 6 aprile 2018), ha chiarito che il provvedimento di cd. "interdittiva antimafia" determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione riconducibili a quanto disposto dall'art. 67 D.Lgs.159/2011, n. 159 (QUI).
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