martedì 2 febbraio 2021

Pianificazione Urbanistica: il Consiglio di Stato ricostruisce gli spazi di autonomia comunale

Il Consiglio di Stato (sentenza n° 135 del 5 gennaio 2021 QUI)  interviene sull’appello che chiede la riforma di una sentenza del TAR relativa agli atti costituenti la Variante generale al P.G.T. (Piano di governo del territorio) approvata con deliberazione Consiglio Comunale del Comune, unitamente agli atti presupposti (tra cui l’atto di adozione della Variante), nonché il parere della Provincia con cui erano state rese le valutazioni di compatibilità del Documento di Piano adottato con il proprio PTCP.

Al di la del caso specifico la sentenza è interessane perché ricostruisce i principi univoci della giurisprudenza amministrativa in materia di poteri pianificatori dei Comuni

 

 

LE NUOVE SCELTE PIANIFICATORIE NON POSSONO ESSERE VINCOLATE DALLE PRECEDENTI DESTINAZIONI URBANISTICHE

Afferma il Consiglio di Stato che l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta per l'Amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle differenti scelte operate, anche quando queste siano nettamente peggiorative per i proprietari e per le loro aspettative.

Per rafforzare questa tesi la nuova sentenza cita la sentenza sez. IV, 30 dicembre 2016, n. 5547 (QUI): “dovendosi in tali casi dare prevalente rilievo all'interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire; più specificamente, la mera esistenza, nella pianificazione previgente, di una destinazione urbanistica più favorevole al proprietario non è circostanza sufficiente a fondare in capo a quest'ultimo quell'aspettativa qualificata la cui sussistenza imporrebbe all'Amministrazione un obbligo di più puntuale e specifica motivazione rispetto a quella, di regola sufficiente, basata sul richiamo alle linee generali di impostazione del piano”.

In questo senso si veda anche (Consiglio di Stato n° 325 del 5 Marzo 2021 - QUI): "non sussiste un affidamento qualificato nel caso dell'interesse correlato ad una precedente previsione urbanistica, che consentiva un utilizzo più proficuo dell'area, per il quale vale il principio generale della non necessità di motivazione ulteriore rispetto a quella che si può evincere dai criteri di ordine tecnico - urbanistico seguiti per la redazione del progetto di piano, poiché in questo caso, infatti, viene in considerazione una aspettativa generica del privato alla non reformatio in peius delle destinazioni di zona edificabili, cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica, per ragioni analoghe a quelle per cui il divieto della reformatio in peius è un criterio del tutto inidoneo, atteso il difetto di qualsivoglia copertura costituzionale, a vincolare il legislatore.".

 

 

UNA CONVENZIONE DI LOTTIZZAZIONE ESISTENTE NON ESCLUDE UNA NUOVA PIANIFICAZIONE

Afferma il Consiglio di Stato  che nell’ipotesi di esistenza di una convenzione di lottizzazione ancora efficace non è inibito all’amministrazione di adottare una nuova pianificazione urbanistica, richiedendosi soltanto di dotare tali scelte di una motivazione che dia conto delle ragioni di pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica della specifica zona interessata.  

 

 

LA PIANIFICAZIONE NON REGOLA SOLO LO SVILUPPO EDILIZIO MA ANCHE INTERESSI PUBBLICI DI RANGO COSTITUZIONALE

Il Consiglio di Stato nella nuova sentenza conferma quanto affermato nelle sentenza 821/2017 (QUI):  il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità e zone (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma è rivolto anche alla realizzazione contemperata di una pluralità di differenti interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.


 

LE MODIFICHE DI DESTINAZIONE URBANISTICA GENERALI NON RICHIEDONO MOTIVAZIONI DI TIPO PUNTUALE

Il Consiglio di Stato nella nuova sentenza cita la sentenza 5478/2008 (QUI) secondo la quale l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esso incida su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata”.

Si veda anche (Consiglio di Stato n° 325 del 5marzo 2021QUI): "... occorre ricordare che la giurisprudenza afferma in maniera costante, ormai da tempo, che le scelte di pianificazione del territorio sono caratterizzate da un'ampia discrezionalità e costituiscono un apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento di fatti, sicché il sindacato giurisdizionale su tali valutazioni è di carattere estrinseco e limitato al riscontro di palesi elementi di illogicità ed irrazionalità apprezzabili ictu oculi, restando ad esso estraneo l'apprezzamento della condivisibilità delle scelte, profilo già appartenente alla sfera del merito (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. II, 9 dicembre 2020, n. 7821). Quanto all’onere motivazionale, questo Consiglio ha in più occasioni affermato che l'Amministrazione ha la più ampia discrezionalità nell'individuare le scelte ritenute idonee per disciplinare l'uso del proprio territorio (e anche nel rivedere le proprie, precedenti previsioni urbanistiche), valutando gli interessi in gioco e il fine pubblico, senza che sia necessaria l'ostensione di motivazione specifica, in relazione alle singole scelte urbanistiche. La scelta, compiuta in sede di pianificazione generale, di imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una zona, non necessita di particolare motivazione, in quanto essa trova giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella impostazione del piano, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni". 

Sul punto, più recentemente, si veda anche Consiglio di Stato sentenza n° 2056 del 10 marzo 2021 che ha riaffermato: "la giurisprudenza amministrativa ha costantemente e da tempo precisato (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4343) che il disegno urbanistico definito da uno strumento di pianificazione generale o da una sua variante costituisce estrinsecazione del potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità, che rispecchia delle scelte riguardanti non solo l’organizzazione del territorio, ma anche il quadro assai più vasto delle opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4734). Le scelte urbanistiche configurano dunque valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo i casi in cui siano inficiate da errori di fatto, violazioni procedurali, illogicità abnormi o siano confliggenti con particolari situazioni che abbiano dato luogo ad aspettative qualificate (Consiglio di Stato, sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 821)."


LA VALENZA DELLE OSSERVAZIONI DEL PUBBLICO NELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE

Consiglio di Stato n° 325 del 5marzo 2021 - QUI, che afferma: "... costituisce orientamento consolidato altresì il principio per cui le osservazioni formulate dai proprietari interessati costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore generale; d'altra parte le scelte effettuate dall'Amministrazione pubblica, nell'adozione degli strumenti urbanistici, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da manifeste illogicità (in questi termini di recente Consiglio di Stato, sez. IV, 4 novembre 2020, n. 6803)".

 

LE CONDIZIONI PER UNA PIANIFICAZIONE LIMITATIVA DELLE ATTIVITÀ EDILIZIE

Il Consiglio di Statto nella nuova sentenza, riprendendo giurisprudenza precedente (1197/2003 QUI, 4078/2001 QUI, Ad Plen. 24/1999 QUI), afferma:  la semplice reformatio in peius della disciplina urbanistica attraverso il ridimensionamento dell’attitudine edificatoria di un’area è interdetta solo da:

1. determinazioni vincolanti per l’amministrazione in ordine ad una diversa “zonizzazione” dell’area stessa,

2. ovvero tali da fondare legittime aspettative potendosi configurare un affidamento qualificato del privato esclusivamente in presenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree,

3. aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di concessione

4. o ancora nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

 

 

I MOTIVI DI UNA EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA URBANISTICA IN UN DATO TERRITORIO COMUNALE

La nuova sentenza del Consiglio di Stato considera legittima la motivazione della Amministrazione Comunale interessata secondo cui: la successione di diverse soluzioni urbanistiche dal 1993 al 2007 va letta “come conseguenza della difficoltà reale insorta a causa sia dell’emergere di nuovi esigenze (quali quella di tutela idrogeologica e quella di contenimento del consumo di suolo, non considerate in precedenza) sia del consolidarsi di nuovi indirizzi dell’urbanistica che hanno decisamente superato la prospettiva di uno sviluppo edificatorio permanente ed inarrestabile per addivenire al crescente riconoscimento dell’esigenze di tutela del territorio urbano considerato risorsa definita e scarsa, contenendone il consumo".

 

 

LA FINALITÀ DI TUTELA AMBIENTALE NELL’ESERCIZIO DELLA PIANIFICAZIONE

Secondo la nuova sentenza del Consiglio di Stato l’esercizio del potere di pianificazione è correttamente esercitato anche in funzione di salvaguardia dei valori ambientali e paesaggistici, considerato che nella pianificazione urbanistica trovano spazio esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi. Peraltro nel caso specifico: “le determinazioni amministrative risultano giustificate dalla collocazione delle aree a ridosso del fiume Lambro e, pertanto, in un’area che esprime valori ambientali e paesaggistici opportunamente tutelati dal Comune”.

In questo senso si veda TAR Veneto N° 1067 del 16/11/2020 (QUI non appellata) secondo la quale una prescrizione limitativa di una attività industriale per prevenire l'inquinamento o un danno alla salute pubblica, avente quindi finalità di tutela lato sensu ambientale, può essere contenuta nelle norme tecniche di attuazione di un Piano Urbanistico Comunale (introdotta con apposita variante), in quanto il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti, tra i quali la tutela dell’ambiente (sulla natura di tutela ambientale degli atti edilizi vedi QUI).




 

 

 

 

 

 

     

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