venerdì 15 aprile 2022

Porti: tante semplificazioni per le opere mentre ambiente salute e sicurezza possono aspettare

Il Governo Draghi annuncia lo sblocco delle zone logistiche semplificate. Un’altra accelerazione per realizzare interventi in ambito portuale che si va ad aggiungere alle semplificazioni per i dragaggi e a quelle per la pianificazione portuale. La tutela dell’ambiente e della sicurezza portuale? Possono aspettare.

In questo post spiego tutte le norme più recenti di semplificazione delle procedure di autorizzazione delle opere e dei piani portuali in deroga a norme ambientali e a ruoli delle comunità locali e delle loro rappresentanze locali e regionali e nella seconda parte esempi di norme dello stato italiano o documenti di enti pubblici di controllo ufficiali non attuati in materia di tutela dell’ambiente della salute pubblica della sicurezza contro incidenti in area portuale.

È la transazione ecologica bellezza!  

 

 

COSA È LA ZLS

L’istituzione delle Zone economiche speciali (ZES) nelle regioni del Nord Italia è resa possibile con la modifica introdotta dalla legge n. 160 del 27 dicembre 2019, alla legge n. 205 del 27 dicembre 2017 dei commi 61, 62, 63, 64, e 65 dell’articolo 1, relativi alle modalità di istituzione della Zona Logistica Semplificata. La modifica normativa intende consentire alle ZLS di fruire del credito di imposta per gli investimenti produttivi, nei limiti delle deroghe previste dal Trattato UE per gli aiuti di Stato all’articolo 107, comma 3, lettera c). Questa modifica sostanzialmente equipara i benefici e le caratteristiche della Zona Logistica Semplificata (ZLS) a quanto previsto per la Zona Economica Speciale (ZES), istituita dal decreto legge n.91 del 20 giugno 2017, convertito con Legge n. 123 del 3 agosto 2017, agli articoli 4 e 5.

 

A COSA SERVE LA ZLS

Lo spiega bene un documento (QUI) di Confindustria a ridurre di un terzo i tempi dei procedimenti amministrativi per ottenere più velocemente:

- Concessioni edilizie;

- Permessi a costruire;

- Concessioni demaniali;

- Autorizzazioni paesaggistiche;

- Autorizzazione unica ambientale;

- Autorizzazione integrata ambientale;

- Valutazione di impatto ambientale;

- Valutazione ambientale strategica.

 


LE SEMPLIFICAZIONI GIÀ AVVENUTE EVIDENTEMENTE NON BASTANO ALLA LOBBY PORTUALE 

Questa nuove accelerazioni decisionista si aggiunge alle seguenti semplificazioni già avvenute recentemente:

1. L’articolo 48 della legge 120/2020 modifica l’articolo 5 della legge 84/1994 introduce un silenzio assenso del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che prima non c’era e soprattutto si taglia fuori l’organo istituzionale Regione visto che l’approvazione non c’è più ma resta l’adozione in Comitato Portuale.  Ovviamente nessun riferimento alle linee guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulle modalità di approvazione e modifica dei Piani Regolatori di sistema portuale (QUI).

2.  L’articolo 48-quater della legge 120/2020 prevede che qualora in una Regione ricadano più Autorità di sistema portuale di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e nell'ambito di una delle dette Autorità rientrino scali siti in regioni differenti, la Regione é autorizzata ad istituire una seconda Zona logistica semplificata, il cui ambito ricomprenda, tra le altre, le zone portuali e retroportuali relative all'Autorità di sistema portuale che abbia scali in regioni differenti.

3. sui dragaggi invece si è previsto una normativa favorevole ai porti interni a siti di bonifica regionale (vedi Spezia) in barba al fatto che un sito di bonifica regionale o nazionale resta sempre un sito inquinato. Utilizzando questa normativa si vuole spandere i fanghi di dragaggio al largo del golfo di Spezia a proposito di “a cosa servono le semplificazioni”.  

Ma ai “semplificatori” non basta mai per cui con la legge 108/2021QUI) è stato previsto addirittura un  Piano nazionale di dragaggi “sostenibili” solito aggettivo da operazioni di Greenwashing. Questa norma prevede addirittura che le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono dichiarati interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale. Quindi si draga a prescindere dalle destinazioni contenute nel PRSP del demanio portuale: una follia! 

Ma non è ancora sufficiente l’azione di demolizione delle tutele ambientali perché con l’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) è stato modificato l’articolo 184-quater del DLgs 152/2006 introducendo un nuovo comma 5-bis con un indirizzo chiaro "riutilizzo" in ambienti marino costieri significa anche sversare in mare il materiale escavato. D'altronde il nuovo comma 5-ter diventa norma di chiusura prevedendo un nuovo decreto che disciplini questo "riutilizzo"! Ora essendoci già una normativa (articolo 109 dlgs 152/2006 - Decreto 173/2016 di cui ho trattato ampiamente QUI) il nuovo decreto servirà per aprire nuove e più facile possibilità di dragare senza troppi vincoli, altrimenti una nuova norma non avrebbe alcun senso.

4. L’articolo 4 della legge 156/2021 (QUI) modifica l’articolo 5 della legge quadro sui porti (QUI) che disciplina sia il Documento di Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) che il Piano Regolatore DI Sistema Portuale (PRSS).

La cosa che emerge con chiarezza è che le semplificazioni ulteriori introdotte con questa ennesima riforma della legge quadro sui porti vanno in direzione multipla:

4.1. aggirare il più possibile la applicazione di procedure di valutazione ambientale nelle scelte strategiche di pianificazione dell’uso del demanio portuale, a cominciare dalla Valutazione Ambientale Strategica;

4.2. accentrare le decisioni sull’approvazione degli strumenti di programmazione e pianificazione portuale nelle mani delle Autorità di Sistema Portuale tagliando fuori le Regioni ed in primo luogo i Consigli Regionali;

4.3. ridurre sempre di più le scelte di pianificazione del demanio portuale a decisioni “tecniche” attraverso l’ampio uso dell’adeguamento tecnico funzionale anche in contrasto con le stesse linee guida sui Piani Regolatori di Sistema Portuale approvate nel 2017 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che non casualmente vede applicato ai suoi pareri un assurdo meccanismo di silenzio assenso

4.4. esclusione dell’interesse paesaggistico attraverso la equiparazione degli ambiti portuali alle zone omogenee B del Decreto 1444 del 1968.


 

 

LE NORME AMBIENTALI RIMOSSO O MAI APPLICATE

Parallelamente a quanto sopra uno si aspetterebbe, nell’epoca della transizione ecologica, che si accelerassero anche norme fondamentali di tutela dell’ambiente dall’inquinamento dei porti. Non è così ecco alcuni esempi significativi:

1. rumore dai porti: il comma 1 articolo 11 legge 447/1995 secondo il quale il Ministro della Transizione Ecologica deve regolamentare tra l'altro le emissioni acustiche originate dal traffico marittimo. la norma è stata introdotta nella prima versione della legge 447/1995 e affermava che entro il 1996 detto regolamento doveva essere approvato. Poi le solite lobby hanno eliminato il riferimento temporale per cui questo regolamento ad oggi è rimasto lettera morta. Morale grazie a questa "NON ACCELERAZIONE” nella approvazione del regolamento il rumore dai porti vicino a grosse aree urbane (vedi i porti Liguri) è sostanzialmente fuori controllo e a poco servono le finte fasce di rispetto come quella realizzata, con inutili milioni di euro pubblici, a Spezia.  A questo possiamo aggiungere che, grazie proprie a questa lacune normativa, la nuova zoonizzazione acustica a Spezia porterà le aree residenziali dei quartieri limitrofi al porto in classe 5 cioè con i limiti più alti come fossero solo aree industriali quando il porto (intesa come area di movimentazione di navi e container) dovrebbero al massimo stare in classe 4.

 

2. la valutazione del danno alla salute pubblica dal rumore portuale: dalla fine di febbraio è in vigore in Italia (ma si poteva applicare già dallo scorso anno in anticipo sulle scadenze formali) l’allegato III alla Direttiva 2002/49/CE è stata recepita in Italia con Decreto Ministero Transizione Ecologica del 14 gennaio 2022 (QUI). Trattasi dell’allegato che definisce i metodi per determinare gli effetti nocivi del rumore nell’ambiente esterno.  Nessuno tra i politici anche spezzini che strombazzano l’arrivo delle semplificazioni nuove per accelerare le opere portuali che chieda una applicazione immediata di questa norma.

 

3. il rischio incidentale nei porti di interesse nazionale come quelli Liguri:  l’articolo 33 del DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III sul rischio incidenti rilevanti) ha abrogato il Decreto Ministeriale 16 maggio 2001, n.293 che disciplinava il Rapporto di Sicurezza che la Autorità Portuale doveva presentare e aggiornare per valutare in termini cumulativi (rispetto a tutte le attività a rischio nei porti) il rischio di incidente industriale. La questione è tutt’altro che meramente formale non solo perché nei porti (come quelli di Spezia e Genova ad esempio) sono presenti industrie e attività di per se soggette alla normativa Seveso, ma anche per la presenza di sostanze pericolose sulle navi che entrano nei porti italiani potenzialmente associabili alle numerose collisioni che avvengono nei porti come dimostrato dagli studi riportati nel capitolo precedente.

Uno studio del sistema Agenzie Regionale Protezione dell’Ambiente (ARPA) e Corpo Nazionale Vigili del Fuoco (QUI) così conclude: “Con l'abrogazione del Decreto Ministeriale n°293 del 6 maggio 2001 è venuto meno l'obbligo di redazione del Rapporto Integrato di Sicurezza Portuale si configura una possibile "vacatio legis" che potrebbe portare ad una gestione non ottima di un'eventuale emergenza portuale soprattutto in caso di incidente rilevante proveniente da uno stabilimento Seveso o dalle sostanze pericolose presenti a qualsiasi titolo in ambito portuale tra cui si ricordano anche le condotte attualmente escluse dall’ambito di applicazione della Seveso III.”

Ma questo studio non si limita a criticare passivamente la abrogazione ma individua un percorso tecnico e amministrativo per colmare la lacuna legislativa verificatasi.

Lo studio individua gli indirizzi per la redazione di un Piano di Emergenza Portuale (PEP) valido nel caso o meno di presenza di aziende Seveso e dovrà comprendere gli aspetti derivanti dallo stoccaggio, anche temporaneo, ed il trasporto di merci pericolose in ambito portuale.

Ovviamente nonostante il documento sia del 2016 ci fosse stato in questi qualcuno di quelli che urla di gioia per le zone logistiche semplificate che avesse chiesto l’approvazione di un protocollo che recepisca quanto chieste dalle Arpa e dai Vigili del Fuoco.

4. quanto alla elettrificazione delle banchine i fondi non sono adeguati (ce ne vorrebbero almeno tre volte quanto stanziato dal PNRR come affermato da Enel ma anche da altri studi ufficiali) ma qui nessuno chiede accelerazioni per i nuovi finanziamenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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