domenica 9 maggio 2021

La Corte Costituzionale ribadisce il ruolo vincolante della Pianificazione pubblica nella gestione del ciclo dei rifiuti

La Corte Costituzionale con sentenza n° 76 del 21 Aprile 2021 (QUI) ha giudicato la costituzionalità di varie norme regionali in materia di trasferimento rifiuti fuori regione e  di tipologia di rifiuti da collocare in discarica. 

La sentenza è interessante al di la del caso specifico perché ribadisce alcuni principi generali della vigente normativa in materia di pianificazione pubblica (regionale e di ambito) nella localizzazione degli impianti, nel loro dimensionamento in rapporto ai principi di autosufficienza di ambito (regionale e provinciale) e di prossimità cioè di realizzazione degli impianti più vicino possibile alle aree di maggior produzione di rifiuti.

I principi generali affermati dalla Corte Costituzionale li riassumo qui di seguito per poi rinviare al resto del post per un approfondimento sulle motivazioni della sentenza anche in rapporto al caso specifico di per se comunque altrettanto interessante:

1. le Regioni esercitano le proprie competenze concernenti l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti in base a quanto previsto dai Piani regionali ex articoli 199 (Piano Regionale) e 200 (pianificazione di ambito) e nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità;

2. l’autosufficienza di ambito (regionale e provinciale) per la realizzazione di impianti di gestione rifiuti urbani non può avvenire al di fuori degli strumenti di pianificazione previsti dal DLgs 152/2006 (QUI) o con una iniziativa legislativa in deroga alla pianificazione vigente

3. si possono prevedere sospensione di procedimenti di autorizzazione di impianti di trattamento rifiuti in corso nelle more dell’aggiornamento del Piano o dei criteri regionali di localizzazione. Quindi si possono sospendere le autorizzazioni non rilasciarle quando il piano sta per essere modificato/aggiornato

4. i principi affermati ai punti sopra riportati valgono solo per i rifiuti urbani non pericolosi e non anche per altri tipi vedi rifiuti speciali di origine industriale.

 

Ma vediamo le complessive motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale…

 

POTERI REGIONALI NEL DEFINIRE I LIMITI ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI AL POSTO DEL RECUPERO NONCHÉ ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI FUORI REGIONE

La prima norma regionale impugnata definisce lo smaltimento dei rifiuti quale fase residuale della loro gestione, da esperire solo nel caso in cui vi sia l'impossibilità tecnica ed economica di porre in essere operazioni di recupero. Inoltre, stabilisce il divieto di smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali che, in ragione di particolari aspetti territoriali o per opportunità tecnico-economica, prevedano diversamente per raggiungere livelli ottimali di utenza servita.

Secondo la Corte Costituzionale nella sentenza in esame in base a quanto previsto dai rispettivi piani regionali, regolati dagli artt. 199 (Piani Regionali) e 200 (organizzazione servizio gestione rifiuti urbani per ambiti) DLgs 152/2006, le Regioni esercitano le proprie competenze concernenti l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti e l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, nel rispetto dei ricordati principi di autosufficienza e prossimità.

Ciò premesso, nel caso di specie non viene in discussione la facoltà della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste di valutare l'opportunità di realizzare nuove discariche, né risulta di per sé illegittimo il disincentivo al ricorso alla discarica, che appare anzi conforme ai più recenti indirizzi in materia espressi anche dal d.lgs. n° 121 del 2020. Rilevano piuttosto le modalità con le quali tali obiettivi sono realizzati. Sotto tale profilo, non sono fondate le censure di incostituzionalità relative alla norma regionale in questione , nella parte in cui si prevede che, salva la sottoscrizione di appositi accordi di programma con le Regioni interessate, è vietata l'esportazione di rifiuti urbani verso altri ambiti territoriali ottimali o l'importazione di rifiuti urbani da altri ambiti territoriali ottimali.  Tale previsione, infatti, è conforme all'art. 182 cod. ambiente, che, come ricordato, prevede esso stesso il divieto di smaltire i rifiuti urbani in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi gli accordi regionali e internazionali sul punto.

 

 

SUL POTERE REGIONALE CONTENIMENTO DELLA MOVIMENTAZIONE DEI RIFIUTI NEL TERRITORIO REGIONALE, AL FINE DI DISINCENTIVARE LA REALIZZAZIONE E L'UTILIZZO DELLE DISCARICHE PER IL CONFERIMENTO DI RIFIUTI SPECIALI PROVENIENTI DA ALTRE REGIONI

Nella norma regionale impugnata questo obiettivo viene realizzato attraverso il divieto di completare i lavori relativi alle attività finalizzate alla gestione di siffatti rifiuti  (salvo che per quelli di cui alla Tabella 1 allegata all'art. 5 del d.m. 27 settembre 2010 (oggi individuati dalla Tabella 1 dell'Allegato 4 del d.lgs. n. 36 del 2003), ossia i rifiuti inerti non soggetti a caratterizzazione) nelle discariche non ancora in esercizio alla data del 1° gennaio 2020, con revoca delle autorizzazioni e delle eventuali proroghe già concesse a decorrere dal 15 febbraio 2020.

Si tratta di una previsione che, come espressamente indicato dalla difesa regionale, realizza una "cristallizzazione" in via legislativa dell'esistente, sull'assunto che il fabbisogno regionale sarebbe sufficientemente coperto, sia per quanto concerne la domanda interna, sia per quella extraregionale.

Siffatta valutazione di autosufficienza avviene al di fuori degli strumenti di pianificazione previsti dal codice dell'ambiente e attraverso un intervento legislativo ben diverso da quelli già oggetto d'esame da parte di questa Corte, in casi concernenti misure sospensive dei procedimenti autorizzativi relativi agli impianti di trattamento dei rifiuti nelle more dell'aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti, ovvero dei criteri regionali di localizzazione (sentenza n. 289 del 2019 QUI, sentenza n. 150 del 2018 QUI).

In tali casi, le Regioni interessate avevano adottato misure transitorie e di salvaguardia, per questo motivo compatibili con l'assetto costituzionale delle competenze.

Nel caso di specie, invece, la Regione ha sottratto in via legislativa agli strumenti di pianificazione la valutazione sul fabbisogno di smaltimento dei rifiuti. Il che, sebbene lo Stato non richiami nel proprio ricorso le disposizioni del codice dell'ambiente relative al piano regionale, si pone comunque in contrasto con l'art. 182 cod. ambiente, questo sì invocato quale norma interposta, che rinvia al d.lgs. n. 36 del 2003, ove, per lo smaltimento dei rifiuti in discarica e l'autorizzazione dei relativi impianti, sono appunto richiamate le procedure e la pianificazione di cui al codice dell'ambiente.

 

IL PRINCIPIO DI AUTOSUFFICIENZA LOCALE IN AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI VALE SOLO PER I RIFIUTI URBANI NON PERICOLOSI

Infine la sentenza esamina la costituzionalità di un ultima norma regionale che consente il conferimento di rifiuti speciali provenienti da altre Regioni solo nelle discariche per rifiuti inerti già in esercizio alla data del 1° gennaio 2020, entro e non oltre il limite del 20 per cento della loro capacità annua autorizzata. Tale disposizione, infatti, realizza un'ulteriore cristallizzazione dell'esistente, che non riguarda solo gli impianti, ma anche le tipologie e i quantitativi di rifiuti extraregionali conferibili nelle discariche del territorio regionale interessato, al dichiarato fine di ridurre la movimentazione dei rifiuti nella Regione. Fra l'altro, come affermato dalla difesa regionale, l'importazione dei rifiuti ha riguardato sinora essenzialmente quelli per cui non è consentita la realizzazione o l'ampiamento delle discariche, cioè i rifiuti inerti soggetti a caratterizzazione.

Secondo la Corte Costituzionale nella sentenza qui esaminata un criterio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali vale solo per i rifiuti urbani non pericolosi e non anche per altri tipi, per i quali vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati. Un limite quantitativo e qualitativo non derogabile per lo smaltimento di rifiuti extraregionali diversi da quelli urbani non pericolosi, pertanto, contrasta con il vincolo generale imposto alle Regioni dall'art. 120, primo comma, Cost., che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le stesse Regioni e che s'impone anche alle autonomie speciali (sentenze n. 12 del 2007 QUI, n. 161 del 2005 QUI , n. 62 del 2005 QUI, n. 505 del 2002 QUI, n. 335 del 2001 QUIn. 281 del 2000 QUI). Per tali tipologie di rifiuti, infatti, non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento (sentenza n. 10 del 2009 QUI).

Non è consentito alle Regioni individuare tetti percentuali di trattamento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale, al fine di limitarne lo smaltimento nel proprio territorio, come avviene appunto nel caso di specie, trattandosi di misure incompatibili con le finalità e con lo stesso concetto di rete integrata, che esigono una possibilità di interconnessione tra i vari siti del sistema, in particolare privilegiando la vicinanza fra luogo di produzione e luogo di raccolta (sentenza n. 227 del 2020 QUI).

 

SUL POTERE REGIONALE DI INDIVIDUARE  I RIFIUTI, SOGGETTI A CARATTERIZZAZIONE, DERIVANTI DA PROCESSI INDUSTRIALI DA VIETARE IN DISCARICA

La sentenza in esame dichiara incostituzionale anche la norma regionale che attribuisce alla Giunta regionale l'individuazione dei rifiuti, soggetti a caratterizzazione, derivanti da processi industriali, il cui conferimento è vietato presso le discariche per rifiuti inerti. Questa norma, secondo la sentenza della Corte Costituzionale - pur non facendo riferimento ai soli rifiuti extraregionali (sebbene, come ricordato, i rifiuti importati siano principalmente proprio quelli soggetti a caratterizzazione) - in virtù della stretta connessione con i precedenti commi dell’articolo esaminato nel paragrafo precedente, consente in se ulteriori restrizioni al conferimento dei rifiuti speciali nelle discariche per inerti (si veda ancora la sentenza n. 227 del 2020), i cui criteri di ammissibilità sono tra l'altro previsti dalla normativa europea e dal d.lgs. n. 36 del 2003 e, quindi, non sono nella disponibilità delle Regioni.

 

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