sabato 15 maggio 2021

Il rischio incidentale nei porti liguri: una proposta di lavoro

Ieri 14 maggio ho partecipato, invitato dal gruppo consiliare dei 5stelle, alla audizione nella Commissione del Consiglio Comunale di Genova sulla problematica del rischio incidentale nell'area portuale genovese. In quella sede ho avanzato una proposta operativa per rilanciare la tematica della prevenzione del rischio incidentale nelle aree portuali liguri, in particolare in relazione alla presenza di industrie Seveso o di trasporto di merci e sostanze pericolose. Quella che segue è la versione integrale del mio intervento tenuto in sede di audizione.




IL RISCHIO INCIDENTE NEI PORTI: STUDI INTERNAZIONALI

Uno Studio dell’American Bureau of Shipping ha affrontato tra l’altro il rischio incendi a bordo delle mega-portacontainer anche nei porti. Secondo questo studio sono pochi i porti che possono operare una nave da 20 mila teu o più, e che il numero di queste unità aumenterà nei prossimi anni più rapidamente delle banchine attrezzate per riceverle, comprimendo i tempi di operatività delle strutture a disposizione, è chiaro che nelle scelte commerciali delle compagnie di navigazione dovrà essere preso in considerazione sempre più anche che anche il fattore della sicurezza offerta dai porti.

L’American Bureau of Shipping, noto come ABS, autore dello studio è un ente di classificazione marittima, che è sorto dalla necessità, per armatori e assicuratori marittimi, di individuare un soggetto terzo che valutasse con competenza tecnica la sicurezza delle navi e di conseguenza la loro affidabilità e rischiosità per l'assicuratore. Con un Accordo tra ABS e Governo Italiano alla prima sono stati riconosciti compiti  di ispezione e controllo propedeutici al rilascio dei certificati di  legge, di cui alle Convenzioni SOLAS 1974, MARPOL 1973/78.

La SOLAS Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare, in relazione al rischio incendi ad esempio, nel Capitolo II–2 “Construction – Fire protection, fire detection and fire extinction” raccoglie sia le regole inerenti il progetto della nave, con attenzione al problema dello sviluppo e della diffusione del fuoco a bordo, sia quelle che riguardano la definizione delle tipologie degli impianti da utilizzare in funzione delle caratteristiche della nave.  

La MARPOL Convenzione internazionale sull’inquinamento provocato da navi ha una parte specifica relativa al trasporto di sostanza nocive e pericolose 

Che la questione posta nel nuovo studio ABS sia arcinota ma tutt’ora sostanzialmente rimossa lo dimostra  la discussione apertasi  tra le compagnie di assicurazione dopo l’incendio nel porto cinese di Tianjin il 12 agosto del 2015. In quel giorno alle 23,30 esplose un cargo contenente liquido infiammabile situato ad un terminal dei container . Due giorni dopo le autorità cinesi ordinano l’evacuazione dei residenti.

All’epoca lo  IUMI, l’associazione che riunisce le compagnie assicurative attive nel settore “marine”, spiegò che il gigantismo navale sempre più spinto crea grossi problemi anche dal punto di vista assicurativo. Secondo l’associazione continua a crescere l’aggregazione dei rischi, ossia quando un singolo evento causa un numero eccezionalmente grande di perdite. Nel settore marine, l’aumento di rischi di questa scala è stato trainato dall’arrivo sul mercato di navi portacontainer di dimensioni sempre più grandi e dalla conseguente costruzione di strutture adeguate per la movimentazione e l’’immagazzinamento. Per il Presidente di IUMI Dieter Berg: ”Questo incidente dimostra la crescita persistente dell’aggregazione di valore nei porti e nelle aree di stoccaggio, in particolare nelle regioni molto industrializzate.

 

Peraltro lo stesso Comitato europeo delle regioni della UE in un parere recentissim(30 giugno 2017 - [NOTA 1]), sulla riqualificazione delle città portuali e delle aree portuali, ha affermato in premessa che: “numerose ricerche empiriche che dimostrano e documentano la tesi secondo cui le interrelazioni sviluppatesi attraverso i secoli tra i porti e le città portuali d’Europa sono oggi soggette a un drastico cambiamento dovuto all’aumento delle dimensioni delle navi mercantili e passeggeri nonché alla crescente containerizzazione e alla concentrazione geografica delle funzioni portuali”. Il Parere nelle sue conclusioni tra le raccomandazioni che propone alle Istituzioni UE e agli stati membri c’è quella relativa alla: “valutazione dei rischi e di gestione della sicurezza che siano di aiuto per i lavoratori sono della massima importanza per la continuità operativa dei porti, compresi quelli per le imbarcazioni da diporto. I porti dell’UE e le zone circostanti non possono permettersi di subire un danno d’immagine in questo campo”.

 

Secondo il penultimo Rapporto dell'European Maritime Safety Agency, nel quinquennio 2011-2014, il 42% degli incidenti che hanno visto coinvolte navi mercantili, traghetti, petroliere, bulk passeggeri è avvenuto in acque ristrette e specie nelle acque portuali. A questa percentuale, già significativa,

si aggiunge un 27% di incidenti in acque costiere sotto le 12 miglia, sovente negli spazi dove le navi in attesa di ormeggio danno fonda alle ancore e dove comunque si sviluppa la fase iniziale o quella finale delle manovre che la nave compie per entrare o uscire dal porto.

Aggiungo che secondo detto Rapporto il 67% degli errori sono dovuti ad errori umani ponendo quindi un ulteriore elemento di rischio in relazione alla formazione del personale e relativi controlli.

Il Nuovo Rapporto dell'European Maritime Safety Agency [NOTA 2] conferma come quasi il 50% degli incidenti sono avvenuti , nel periodo 2014-2019, nella fasi di arrivo, ancoraggio e partenza delle navi. Quindi pur riducendosi gli incidenti in termini assoluti, le aree portuali restano a rischio, soprattutto quelle che vedono presenze di trasporto di merci e sostanze pericolose, attività classificate Seveso, presenze militari quindi obiettivi sensibili.

Studio [NOTA 3] del National Cargo Bureau Inspection Safety Initiative  (ente americano autorizzato per l’ispezione e la verifica della classe dei container per certificare la loro conformità alle normative internazionali sulle merci pericolose) su numerosi container non dichiarati regolarmente che creano un gravissimo rischio per la sicurezza della navigazione.

I carichi di merci pericolose non dichiarate o dichiarate in modo errato (DG) sono responsabili di un numero crescente di incidenti da navi portacontainer.

Solo nel 2019 sono stati registrati nove grandi incendi di navi da carico e le statistiche mostrano che sono le navi più grandi ad essere più colpite. Tragicamente, molti di questi incendi hanno causato perdite di vite umane e danni significativi alla nave e al carico.

Le statistiche del TT Club , uno dei principali fornitori di assicurazioni per il settore dei trasporti e della logistica internazionale, suggeriscono che, in media, una nave portacontainer è coinvolta in un incendio importante ogni 60 giorni.

Le navi portacontainer stanno diventando più grandi. La capacità di carico individuale è aumentata di oltre il 1500% dalla fine degli anni '60 e la le navi più grandi hanno ora la capacità di trasportare più di 23.000 TEU (unità equivalente di venti piedi).

Un maggior numero di container a bordo equivale a maggiori possibilità che una nave sia esposta a una DG non dichiarato o dichiarato in modo scorretto e le navi più grandi che trasportano più merci rappresentano un maggiore accumulo di rischi, come dimostrano incidenti come la Maersk Honam [NOTA 4] .

 

 

LA QUESTIONE DELLA LACUNA NORMATIVA SULLA PREVENZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO INCIDENTE NELLE AREE PORTUALI

L’articolo 33 del DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III sul rischio incidenti rilevanti) ha abrogato il Decreto Ministeriale 16 maggio 2001, n.293 che disciplinava il Rapporto di Sicurezza che la Autorità Portuale doveva presentare e aggiornare per valutare in termini cumulativi (rispetto a tutte le attività a rischio nei porti) il rischio di incidente industriale.
La questione è tutt’altro che meramente formale non solo perché nei porti (come quelli di Spezia e Genova ad esempio) sono presenti industrie e attività di per se soggette alla normativa Seveso, ma anche per la presenza di sostanze pericolose sulle navi che entrano nei porti italiani potenzialmente associabili alle numerose collisioni che avvengono nei porti come dimostrato dagli studi riportati nel capitolo precedente.

 

 

COSA PREVEDEVA IL DECRETO DEL 2003 ORA ABROGATO

Di seguito analizzo la disciplina abrogata e quella che comunque resta in vigore nonché una analisi critica di questa abrogazione per poi concludere con una proposta istituzionale che garantisca una adeguata prevenzione del rischio incidentale anche nelle aree portuali.


Oggetto

Il Decreto disciplinava le modalità di redazione del rapporto integrato di sicurezza portuale, del piano di emergenza portuale e dei sistemi di controllo relativi ai porti industriali e petroliferi

 

Definizioni 

a) porto industriale e petrolifero: le aree demaniali marittime a terra e le altre  infrastrutture  portuali - individuate nel Piano regolatore portuale, o delimitate con provvedimento dell'autorità competente - nelle quali si effettuano, attività di carico, scarico, trasbordo e deposito di sostanze pericolose, destinate a stabilimenti  industriali, impianti produttivi o depositi, ovvero dagli stessi inviate al porto per l'imbarco.

b) "autorità  competente": l'autorità portuale nei porti in cui essa è istituita ai sensi dell'articolo 6 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e l'autorità marittima negli altri porti.

 

Contenuto del Rapporto Integrato di Sicurezza Portuale 

Il rapporto integrato di sicurezza portuale, contenente le informazioni e gli elementi di  cui all'allegato 1 al decreto in esame, dovrà comunque evidenziare:

1. i pericoli e i rischi di incidenti rilevanti derivanti dalle attività svolte nell'area portuale;

2. gli scenari  incidentali per ciascuna sequenza incidentale individuata;

3. le procedure e le condotte operative finalizzate alla riduzione di rischi di incidenti rilevanti;

4. le eventuali misure tecniche atte a garantire la sicurezza dell'area considerata.

In particolare di grande rilievo, per capire i rischi incidentali nell’area portuale e come poi prevenirli, è la sezione Sicurezza del Rapporto Integrato dove occorre effettuare una analisi  sulla  sicurezza  delle  aree  portuali soggette agli obblighi previsti art. 6 e 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, con particolare riferimento alla presenza ed  al trasporto delle sostanze di cui all'allegato I.

In questa analisi occorre riportare:  

1. Sanità e sicurezza: problemi particolari;  esperienza storica del porto in esame (incidenti verificatisi negli ultimi cinque anni); esperienza storica da dati internazionali.

2. Dati del sito:  meteorologici e geofisici;

3. identificazione degli eventi incidentali: incidenti individuati nelle analisi di rischio degli impianti fissi;  incidenti durante le operazioni di trasferimento tra nave e terraferma; incidenti durante le operazioni di carico/scarico automezzi; incidenti durante le operazioni di carico/scarico carri ferroviari.

4. Stime incidentali : Stima delle conseguenze degli eventi incidentali individuati; stima delle probabilità degli eventi incidentali individuati; possibili effetti domino anche in relazione al transito di sostanze pericolose; possibili effetti domino legati alle operazioni di trasferimento delle sostanze pericolose tra navi ed installazioni di terra; ricomposizione di eventuali rischi d'area.

 

Contenuto del Piano di emergenza portuale

L'Autorità Portuale, sentito il prefetto, predispone il piano di emergenza portuale al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti nei porti industriali e petroliferi e ne coordina l'attuazione.

Il piano d'emergenza deve almeno indicare:

1. le misure per controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzare gli effetti e limitare i danni per l'uomo, per l'ambiente e per le cose;

2. la  procedura di attivazione di tutte le misure di protezione dalle conseguenze di incidenti rilevanti;

3. le misure per il rapido ripristino delle condizioni di sicurezza operative dopo incidente rilevante.

 

Piano di emergenza esterno

L'autorità competente predispone e trasmette al prefetto e alla provincia tutte le informazioni utili per l'elaborazione del piano di emergenza esterno dell'area portuale

 

Sistema permanente di controlli 

Nei porti industriali e petroliferi le misure di controllo predisposte ai fini della applicazione del presente regolamento consistono in verifiche ispettive intese ad accertare il rispetto delle indicazioni e prescrizioni contenute nel rapporto di sicurezza integrato. Le verifiche ispettive di cui sopra sono effettuate almeno ogni biennio, e  comunque dopo ogni aggiornamento del rapporto di sicurezza integrato, da una commissione composta da un rappresentante del Ministero dell'ambiente, del Ministero  dei trasporti e della navigazione, del Ministero della sanità e dell'Autorità Portuale .

 

Competenze regionali 

Le Regioni dovevano dare attuazione al decreto in oggetto con apposita disciplina ai sensi dell’articolo 72 dlgs 112/1998 che trasferisce, alle Regioni, le competenze amministrative in materia di industrie a rischio nonché di aree ad elevata concentrazione di industrie a rischio .

 

Le finte ragioni della avvenuta abrogazione

Si è sostenuto che al contrario di uno stabilimento industriale che è un sistema “statico”, il sistema portuale è un sistema “dinamico” nel quale ogni giorno si susseguono arrivi e partenze e per il quale non è mai possibile delineare un “quadro” definitivo; esso varia in continuazione non solo con arrivi e partenze, quindi con sbarchi e imbarchi di contenitori, ma anche per quanto attiene i depositi temporanei dei contenitori, e del tipo, quantità e caratteristiche della merce pericolosa.

Per l’estrema complessità e variabilità dei dati che si devono gestire, tutti i terminal portuali si sono dotati di sistemi informatizzati che consentono non solo lo scambio di dati, documenti, autorizzazioni e procedure in modo veloce e in tempo reale, ma anche la possibilità di gestione informatizzata delle merci presenti in porto comprese quelle pericolose.

L’applicazione di un sistema informatico specifico consente quindi di adempiere alle prescrizioni del decreto e di soddisfare, le normative sulla sicurezza dei lavoratori e, in particolare, il D.M. 293/2001 (applicazione della direttiva Seveso II), che prevede la predisposizione del piano di emergenza portuale e del rapporto di sicurezza portuale.

Non solo ma il Decreto del 2001 (ora abrogato) definiva non solo procedure e documenti da attivare ma anche indirizzi tecnici sulle informazioni necessarie sia per radiografare il rischio incidentale nel porto e come prevenirlo che per pianificare la gestione della eventuale emergenza

In realtà il vero motivo che ha portato a questa abrogazione lo troviamo negli atti preparatori alla emanazione del DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III): “al fine di non gravare di ulteriori oneri i gestori delle infrastrutture portuali nazionali, provocando effetti distorsivi del mercato anche rispetto ai competitors europei.

Oneri sui gestori delle infrastrutture portuali? Premesso che il risparmio è di circa 20.000/25.000 euro per singolo porto (dati dalla discussione parlamentare  sulla eliminazione dei porti industriali dalla normativa Seveso) quindi cifra ridicola rispetto ai costi che potrebbero produrre un incidente portuale in area con forte presenza di trasporti pericolosi e di industrie Seveso (vedi porti liguri ad es.). Premesso questo la sburocratizzazione qui non c’entra nulla perché anche un non esperto capisce perfettamente la differenza tra gli obblighi ex normativa Seveso dei singoli impianti classificati come tali e il rischio esponenziale di un’area portuale dove sussistono contemporaneamente più attività pericolose.

Non solo ma con le ultime modifiche alla legge quadro sui Porti [NOTA 5] è stato abrogato anche l’ultimo riferimento (era nell’articolo 5) alla normativa Seveso eliminando l’obbligo di redigere il rapporto di sicurezza portuale in allegato al piano regolatore portuale almeno per i porti di interessa nazionale con presenza di attività industriale o trasbordo di merci pericolose.


 

COSA FARE PER EVITARE QUESTA LACUNA NORMATIVA PRODOTTA DALLA ABROGAZIONE DESCRITTA IN PRECEDENZA

Uno studio del sistema Agenzie Regionale Protezione dell’Ambiente (ARPA) e Corpo Nazionale Vigili del Fuoco [NOTA 6] così conclude: “Con l'abrogazione del Decreto Ministeriale n°293 del 6 maggio 2001 è venuto meno l'obbligo di redazione del Rapporto Integrato di Sicurezza Portuale si configura una possibile "vacatio legis" che potrebbe portare ad una gestione non ottima di un'eventuale emergenza portuale soprattutto in caso di incidente rilevante proveniente da uno stabilimento Seveso o dalle sostanze pericolose presenti a qualsiasi titolo in ambito portuale tra cui si ricordano anche le condotte attualmente escluse dall’ambito di applicazione della Seveso III.”

Ma questo studio non si limita a criticare passivamente la abrogazione ma individua  un percorso tecnico e amministrativo per colmare la lacuna legislativa verificatasi.

Lo studio individua gli indirizzi per la redazione di un Piano di Emergenza Portuale (PEP) valido nel caso o meno di presenza di aziende Seveso e dovrà comprendere gli aspetti derivanti dallo stoccaggio, anche temporaneo, ed il trasporto di merci pericolose in ambito portuale.

In particolare:

1. Il PEP deve coordinarsi ed integrarsi con gli altri strumenti di pianificazione inerenti la realtà portuale, ad esempio:

1.1. Piani di protezione civile a livello locale e d’area più vasta;

1.2. Piani specifici per le emergenze portuali; in particolare: Piani antincendio e Piani antinquinamento;

1.3. Piani di security del porto;

1.4. Piani di emergenza esterna per gli stabilimenti a rischio d’incidente rilevante predisposti dalle Prefetture e relativi Piani di emergenza interna;

2. Il PEP deve prima di tutto delimitare l'area d'interesse cioè l’area entro cui l’Autorità Portuale svolge un ruolo attivo nella gestione delle emergenze secondo il PEP predisposto.

3. Il PEP deve poi stabilire e descrivere la catena di comando e controllo e il sistema di allertamento in emergenza;

4. Riguardo all'organizzazione ed alla gestione di situazioni incidentali il PEP deve definire:  

4.1. il ruolo, la responsabilità e le competenze dell’Autorità Portuale e degli altri Enti coinvolti

4.2. gli aspetti di interoperabilità fra i vari Enti;

4.3. gli altri piani vigenti che interessano l'area;

4.4. l'organizzazione ed i servizi utili alla gestione delle emergenze;

4.5. le attrezzature ed i mezzi di prevenzione e protezione;

4.6. le modalità e mezzi di comunicazione in emergenza.

5. Le procedure operative per la gestione dell’emergenza e dell’evacuazione.

 

 

COME ATTUARE QUANTO INDICATO DAL DOCUMENTO SNPA E VVFF

Nell’attuale quadro costituzionale la materia dei porti rientra nella legislazione concorrente (Stato – Regioni) e la recente riforma della legge quadro sui porti (legge 84/1994) ha confermato questa impostazione prevedendo in particolare che il Piano regolatore di sistema portuale (PRSP) sia adottato dal Comitato di Gestione della nuova Autorità di sistema portuale di intesa con i Comuni interessati territorialmente dal porto.

È altrettanto noto come la materia ambiente (di cui fa parte la normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante) rientri nella competenza esclusiva dello Stato.

Il quadro sopra delineato potrebbe in parte cambiare se passasse, previa referendum confermativo, la riforma costituzionale per cui anche la materia dei porti nazionali, oltre che come avviene già oggi per l’ambiente, diventerà di competenza esclusiva dello Stato. Resterebbe però il dato normativo della vigente (ed appena riformata) legge quadro sui porti che come abbiamo visto riconosce un ruolo chiarissimo alla Regione e anche ai Comuni nella elaborazione e approvazione del PRSP integrato dal Rapporto di Sicurezza ai sensi della normativa Seveso.

Quindi alla luce del quadro normativo ordinario e costituzionale sopra delineato è assolutamente possibile un Accordo Stato e Regioni anche con singole Regioni (vedi attuale disciplina Conferenza Stato Regioni) per definire un Protocollo operativo che preveda:

1. la possibilità di integrare nei PRSP un Rapporto che inquadri il livello di rischio incidentale esistente nell’area portuale (il vecchio rapporto di sicurezza portuale per intenderci);

2. la previsione di approvare un Piano di Emergenza Portuale tenuto conto delle linee guida per le emergenze in ambito portuale [NOTA 7]

3. la predisposizione da parte del Sindaco della Città Metropolitana e/o Comune/i territorialmente interessato/i di una scheda informativa per il pubblico sui contenuti dei documenti di cui ai punti 1 e 2, ai sensi della lettera b) comma 1 articolo 8 DLgs 105/2015 e degli articolo 23 e 24 di questo DLgs [NOTA 8].

Per la approvazione di entrambi i documenti il Comitato di Gestione della nuova Autorità di Sistema Portuale dovrà coordinarsi con il Comitato Tecnico regionale ex DLgs 105/2015 (attuazione Direttiva Seveso III).


 

 



[NOTA 1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52016IR5650&from=IT

[NOTA 3] https://www.natcargo.org/Holistic-Approach-For-Undeclared-Misdeclared-And-Other-Non-compliant-Dangerous-Goods_White-Paper-by-NCB.pdf

[NOTA 4] https://gcaptain.com/maersk-honam-final-report-inconclusive-on-fires-source/

[NOTA 5] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1994;84

[NOTA 7] redatte nell’ambito del progetto finanziato dalla Comunità Europea, all’interno del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, denominato Safeport - il porto e la gestione dei rischi industriali ed ambientali 

[NOTA 8] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2015;105 

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