Assisto sconcertato alla
discussione aperta in città sul nuovo cento commerciale non alimentare previsto
nell’area ex SIO nella zona est della città. Si dice che è previsto dal Piano
Urbanistico vigente e quindi non si può fermare se non con l’approvazione del
nuovo Piano.
L’affermazione è una sorta
di assurdo urbanistico, infatti se con uno strumento di pianificazione nuovo si
può fermare un progetto già previsto non si capisce perché non si possa fermare
comunque visto che la pianificazione è in mano al Comune territorialmente
competente salvo non contrasti con la pianificazione di ordine superiore cosa
che non è nel caso in esame visto che qui si tratterebbe di fermare un progetto non di approvarne uno nuovo.
Non solo ma l’area dove
dovrebbe sorgere il nuovo centro commerciale risulterebbe inquinata quindi da
bonificare. Se è così prima della bonifica non può essere rilasciato alcun
permesso di costruire quindi non si creano diritti quesiti, oppure l’Amministrazione
Comunale ha prodotto l’ennesimo orrore amministrativo come fece sull’area ex IP
dove per “blindare” l’area rilasciò le concessioni edilizie condizionate alla
bonifica che avvenne in realtà solo molti anni dopo ma che di fatto sottopose l’Amministrazione
alla “necessità” di realizzare il centro commerciale “senza se e senza ma”!
Peraltro un centro commerciale simile era previsto anche nell’area della ex raffineria IP vicino al centro commerciale Le Terrazze (un superBrico) di cui avevo trattato in questo post QUI. Sarebbe interessante sapere che fine ha fatto questo progetto e la relativa bonifica dell’area che lo interessava!
Vediamo quindi la questione sotto un duplice profilo: ambientale e di pianificazione urbanistica.
ILRAPPORTO TRA DESTINAZIONE URBANISTICA DI
UN AREA INQUINATA E LA PROCEDURA DI BONFICA
La procedura di bonifica come è noto è complessa e vede un ruolo determinante del Comune che coordina la conferenza dei servizi che gestisce l’istruttoria e ne approva alla fine il progetto di bonifica o di messa in sicurezza. Tutto ciò è ulteriormente confermato dal fatto che il sito in esame non risulta neppure nella Anagrafe regionale dei siti di bonifica, quindi non ci possono essere interpretazioni sul riparto di competenze tra Regione e Comune.
Come afferma il comma 3 articolo 8 della legge regionale 10/2009: “3. La Regione, successivamente
all'inserimento di un sito in anagrafe, ne dà comunicazione:
a) al comune interessato, affinché l'inserimento in
anagrafe venga riportato nel certificato di destinazione urbanistica,
nella cartografia e nelle norme tecniche di attuazione dello strumento
urbanistico comunale;
b) alla conservatoria dei registri immobiliari presso
l'agenzia del territorio, affinché l'inserimento in anagrafe venga iscritto nel
catasto immobiliare.
b-bis) all'ufficio erariale, ai sensi dell'art. 251,
comma 2 del decreto legislativo n. 152/2006.”
Il comma 2 articolo 251
DLgs 152/2006 recita: “2. Qualora,
all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento
delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal
certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme
tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del Comune e viene
comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.”
Risulta quindi una stretta
correlazione tra destinazione urbanistica dell’area, livelli di inquinamento
accertati in essa, obiettivi di disinquinamento raggiunti con la bonifica o la
messa in sicurezza permanente, non a caso il comma 7 articolo 242
del DLgs 152/2006 afferma che l’approvazione del progetto di
bonifica/messa in sicurezza permanente : “costituisce,
altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di
urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
QUALI PASSAGGI PER LA BONIFICA DI UNA AREA
INQUINATA
Le fasi della bonifica
prevedono: caratterizzazione, analisi di rischio, bonifica o messa in sicurezza
permanente.
Caratterizzazione: l’insieme delle attività che permettono di
ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in
modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili
e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. (allegato II al
Titol V della Parte IV del DLgs 152/2006)
Analisi di rischio
sanitario e ambientale sito specifica:
analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti
dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici
ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'allegato 1 alla
parte quarta del presente decreto (lettera s) comma 1 articolo 240 DLgs
152/2006)
Bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le
fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni
delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un
livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio
(Csr) cioè dei limiti dei diversi inquinanti da raggiungere secondo
l’Analisi di rischio, tenuto della destinazione urbanistica dell’area (lettera
p) comma 1 articolo 240 DLgs 152/2006)
Messa in sicurezza
permanente: l'insieme degli
interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle
matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di
sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti
piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni
degli strumenti urbanistici (lettera o) comma 1 articolo 240 DLgs 152/2006).
Domanda: a che punto è l’iter di
valutazione dell’inquinamento dell’area ex SIO?
LA QUESTIONE DELLA VALUTAZIONE AMBIENTALE
STRATEGICA
Ho letto dichiarazioni
confuse degli amministratori comunali spezzini su richieste di applicazione
della VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Se fosse così visto che la VAS
si applica ai Piani vuol dire che siamo di fronte ad una necessaria Variante al
PUC oppure a un progetto urbanistico operativo secondo la legge urbanistica
attuale che deve essere soggetto a verifica di assoggettabilità a VAS anche se
conforme al PUC, ma in questo caso come risulta dall’articolo 51 della legge
regionale urbanistica (LR 36/1997) la Giunta Comunale dopo un iter complesso
può tranquillamente modificare il PUO se di iniziativa privata anche tenuto
conto di tutti i parere ed osservazioni che emergono dalla suddetta procedura
di approvazione e soprattutto di valutazione ambientale strategica (VAS).
Peraltro se è vero che la legge urbanistica prevede che il PUO sia prima deliberato dalla Giunta e poi posto in pubblicazione e trasmesso a Regione, Provincia per eventuali osservazioni nonchè per la procedura di VAS, occorre precisare che questa procedura appare in contrasto con la normativa sulla VAS,ex DLgs 152/2006 secondo la quale non è possibile adottare un Piano o uno strumento urbanistico senza aver prima ottenuto il parere motivato di VAS. Recita l'articolo 16 del DLgs 152/2006: " "1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma". Quindi prima la VAS poi l'adozione. Il fatto che ora la VAS passerà alla competenza dei Comuni per i piani urbanistici locali non cambia di una virgola quanto sopra anche perchè una cosa è l'Autorità Procedente (che adotta e approva il Piano) altra è quella Competente (che rilascia il Parere motivato di VAS).
Peraltro se è vero che la legge urbanistica prevede che il PUO sia prima deliberato dalla Giunta e poi posto in pubblicazione e trasmesso a Regione, Provincia per eventuali osservazioni nonchè per la procedura di VAS, occorre precisare che questa procedura appare in contrasto con la normativa sulla VAS,ex DLgs 152/2006 secondo la quale non è possibile adottare un Piano o uno strumento urbanistico senza aver prima ottenuto il parere motivato di VAS. Recita l'articolo 16 del DLgs 152/2006: " "1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma". Quindi prima la VAS poi l'adozione. Il fatto che ora la VAS passerà alla competenza dei Comuni per i piani urbanistici locali non cambia di una virgola quanto sopra anche perchè una cosa è l'Autorità Procedente (che adotta e approva il Piano) altra è quella Competente (che rilascia il Parere motivato di VAS).
Ma c’è di più, c’è la
questione della VIA decisiva per la localizzazione di una attività come quella
in esame in un area già congestionata in tutti sensi, centri commerciali
compresi.
LA QUESTIONE DELLA VALUTAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE
Comunque al di la della
VAS prima di dare il via libera al centro commerciale (variante o meno, nuovo
PUC o meno) occorre la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Sul
punto è intervenuta con chiarezza la stessa Corte Costituzionale (sentenza
n. 251 del 28/10/2013 vedi QUI) che ha
dimostrato come la stessa legge ligure sulla VIA sul punto sia superata dal
Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006).
In sostanze le soglie dimensionali
per l’applicabilità della VIA ai centri commerciali sono nettamente più basse
di quelle della legge ligure e farebbero sicuramente rientrare il progetto in
esame nella applicazione della VIA quanto meno a procedura di Verifica di
Assoggettabilità a VIA. Per una analisi di questa importantissima sentenza
della Corte Costituzionale vedi QUI.
IL RAPPORTO TRA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E
APPROVAZIONE DI CENTRI COMMERCIALI
Ma torniamo alla questione
urbanistica peraltro come visto non certo slegata da quella ambientale.
Ebbene la giurisprudenza
dalla Corte di Giustizia UE fino alla Corte Costituzionale per arrivare al
Consiglio di Stato da la possibilità ad un Comune con una variante di
modificare la destinazione di un area senza attendere una nuova pianificazione
complessiva (un nuovo PUC) come sembrano voler far credere
anche gli Amministratori spezzini nel caso citato all’inizio di questo post. Tutto
questo a prescindere dal giudizio sul nuovo PUC che esula dal mio ragionamento
in questo post.
Ecco come stanno le cose
giuridicamente parlando:
Come ha affermato la Corte di Giustizia della UE (Sentenza 24 marzo 2011 n.C400/08) all'interno
degli stati membri, l'apertura dei grandi centri commerciali non può essere
subordinata a valutazioni di carattere economico. Non si può, cioè, impedire
l'insediamento degli ipermercati e/o centri commerciali tipo grandi strutture
di vendita perché potrebbero danneggiare il commercio al dettaglio o sulla base
del fatto che l'impresa già detenga una fetta consistente del mercato.
Invece le
amministrazioni interessate , in primo luogo il Comune, potevano e possono
intervenire utilizzando gli strumenti di pianificazione urbanistica, non a caso
a presupposto della procedura di autorizzazione di qualsiasi centro
commerciale. Infatti la Corte di Giustizia nella sentenza sopra
riportata afferma che restrizioni alla libertà di stabilimento di grandi centri
commerciali: “possono essere
giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano
atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano
oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso. Fra tali motivi
imperativi figurano, tra gli altri, la protezione
dell’ambiente, la razionale gestione del territorio, nonché la tutela dei
consumatori.” .
Nella stessa direzione si
veda Corte Costituzionale (sentenza n. 430 del 2007, nel solco di una
giurisprudenza più volte confermata: n. 80 del 2006, n. 242 del 2005):
precisa che: ” limitazioni
all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché
non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle
vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo
dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda. I principi
del Trattato e del nostro ordinamento costituzionale impongono che i poteri
pubblici non interferiscano sul libero gioco della concorrenza, astenendosi
dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da
autorizzare in una determinata area.”
Quindi non solo la Regione
ma ancora più semplicemente una Amministrazione Comunale poteva e può, con
apposita variante di indirizzo al PUC, introdurre i criteri di
esclusione come delineati dalla Corte di Giustizia fermando la
realizzazione di nuovi centri commerciali, certo avrebbe dovuto motivare
bene questo provvedimento con apposita istruttoria ma sotto il profilo
formale la legge riconosce questo potere se esercitato nella chiave
interpretativa della Corte di Giustizia.
Relativamente ai poteri comunali in materia di pianificazione urbanistica in rapporto ai diritti dei privati, soccorre anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato (ad esempio sentenza n. 02843/2010 REG.DEC. - N. 11964/2003 REG.RIC.): “In sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, l'Amministrazione pubblica può validamente introdurre innovazioni atte a migliorare e ad aggiornare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze anche quando ciò imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto ad altri che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione di zona. I piani regolatori, infine, possono dettare norme a tutela dell'ambiente rientrando nell’ampia discrezionalità del Comune la facoltà di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare determinati equilibri dell'assetto territoriale.”
Si veda anche Consiglio di Stato sentenza n.1202 del 27 febbraio 2013,relativa
alla procedura di approvazione di una variante al piano di fabbricazione
finalizzata alla realizzazione di una media struttura di vendita
alimentare-misto, che conferma l’indirizzo giurisprudenziale sopra
riportato. Indirizzo peraltro confermato dalla articolo 31 della stessa
legge di liberalizzazione del commercio (Legge 214/2011) secondo il quale
l’attività commerciale è liberalizzata ma nel rispetto della tutela
dell’ambiente e dell’ambiente urbano, concetto nel quale è ricompreso anche la
razionale gestione del territorio citata anche dalla giurisprudenza
comunitaria.
In particolare secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. 1202 del 2013
1. il potere di pianificazione urbanistica si pone
su un piano di prevalenza rispetto agli atti di gestione attinenti la materia
commerciale (cfr. Consiglio Stato sez. V 12 luglio 2004 n. 5057 ). Si
veda anche più recentemente TAR Toscana sentenza n. 1783 del 2012
secondo cui: “Il principio di contestualità tra procedimento
urbanistico-edilizio, preordinato alla costruzione di medie e grandi strutture
di vendita, e procedimento di rilascio delle connesse autorizzazioni
commerciali è finalizzato ad evitare insediamenti commerciali in contrasto con
le previsioni urbanistiche”.
2. l'art. 6, DLgs. 31 marzo 1998 n. 114
(riforma della disciplina del commercio, vedi QUI),
è comunque finalizzato ad assicurare l'integrazione tra la pianificazione
territoriale ed urbanistica e la programmazione commerciale, in quanto pone la
stretta correlazione tra titoli edilizi e autorizzazioni all'esercizio, nel
novero dei criteri di programmazione riferiti al settore commerciale
(cfr. Consiglio Stato, sez. IV 08 giugno 2007 n. 3027). Infatti e
non a caso tra i criteri che garantiscono tale integrazione c’è anche quello di
tenere conto dei centri storici, al fine di salvaguardare e qualificare
la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un
servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e
artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e
artigianali.
3. le prescrizioni e le disposizioni del
piano urbanistico sono sempre prevalenti su quelle del piano commerciale, in
quanto rispondono all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del
territorio, e le relative disposizioni possono legittimamente porre limiti alla
libertà di iniziativa economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI 10 aprile
2012 n. 2060, vedi QUI).
Grazie per l'esauriente spiegazione alla mia domanda un po' troppo superficiale.
RispondiElimina