Sentenza del Consiglio
di Stato n° 100 del 3 gennaio 2023 (QUI) che decide su una
controversia tra un privato proprietario di immobili in un area che una
variante del Comune ampliava sul territorio comunale l’estensione delle aree di
protezione dei contesti paesaggistici, già individuati dal p.u.p. (piano
urbanistico provinciale), vietando gli incrementi volumetrici sugli edifici
esistenti ad eccezione di quelli collegati ad interventi di efficientamento
energetico.
Premesso che la sentenza nel merito non
accoglie le tesi del privato quello che qui interessa è riportare sia pure
sinteticamente alcuni principi e indirizzi generali che emergono dalla
decisione del Consiglio di Stato in relazione alla possibilità che la pianificazione urbanistica, anche nella forma delle
varianti, possa introdurre vincoli ambientali o paesaggistici in zona agricola.
DESTINAZIONE AGRICOLA A TUTELA DEL TERRITORIO
Secondo il Consiglio di
Stato la destinazione a zona agricola di una porzione di territorio, in sede di
pianificazione del territorio, assolve oltre che a esigenze prettamente agrarie
ed urbanistiche, anche a quelle di tutela dell’ambiente.
Il Comune conserva, pertanto, la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, della competenza ad introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici (Consiglio Stato sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7478 QUI).
VINCOLI AMBIENTALI INTRODOTTI DALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
Più in particolare, si è avuto modo di affermare che in sede di adozione del Piano Regolatore Generale (p.r.g.), il Comune può legittimamente introdurre vincoli o limitazioni di carattere ambientale (Cons. di Stato, sez. V, 24 aprile 2013, n. 2265 QUI).
L’art. 1, l. 19 novembre 1968, n. 1187 (QUI), ha esteso, infatti, il contenuto del p.r.g. anche all’indicazione dei “vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico”, legittimando l’autorità comunale titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni.
Ne consegue che, la sussistenza di competenze statali e regionali (nella fattispecie, provinciali) in materia di tutela di determinati ambiti territoriali storicamente qualificati e di pregio naturale non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita in sede di adozione e approvazione di un p.r.g.
Il p.r.g., nell'indicare i limiti da osservare per l'edificazione nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre, infatti, che determinate aree siano sottoposte a vincoli conservativi, indipendentemente da quelli disposti da altri livelli di pianificazione nel perseguimento della salvaguardia delle cose di interesse ambientale. Il p.r.g. può, pertanto, recare previsioni vincolistiche incidenti su singoli ambiti (o edifici), configurati in sé quali "zone", quante volte la scelta, pur se puntuale sotto il profilo della portata, sia rivolta non alla tutela autonoma delle realità "ex se" considerate bensì al soddisfacimento di esigenze urbanistiche evidenziate dal carattere qualificante che la singola area o zona assume nel contesto dell'assetto territoriale.
VARIANTI PER LA TUTELA DEL TERRITORIO
Pur se non sufficiente al fine di giustificare l'adozione di un provvedimento impositivo di vincolo paesaggistico in base alla considerazione atomistica delle caratteristiche del bene, costituendo affermato principio in giurisprudenza quello secondo cui l'Amministrazione può utilizzare lo strumento della variante per risolvere specifici problemi di disciplina urbanistica, anche solo con scopo di tutela del territorio.
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