La sentenza qui esaminata:
1. chiarisce le condizioni affinché le Comunità Energetiche (di seguito CER) stipulino accordi con Arera (QUI);
2. definisce i confini della normativa che prevede la possibilità per le Regioni di approvare schemi di protocolli di intesa a cui dovranno attenersi gli enti locali che partecipano alla costituzione delle CER;
3. dichiara la incostituzionalità della norma regionale che affida all’ente Regione la definizione dei requisiti per partecipare ad una CER vista la visione larga di detta partecipazione definita dalla normativa nazionale anche nella sua versione più recente sopra richiamata;
4. stabilisce la possibilità delle Regioni di spalmare ad esercizi di bilancio successivi la copertura dei finanziamenti alle CER;
5. non si pronuncia sulla possibilità che le Regioni possano sanzionare le CER se non raggiungono dati obiettivi di riduzione dei consumi energetici. Sul punto la Corte Costituzionale dichiara la inammissibilità della impugnazione da parte del Governo Nazionale.
ACCORDI TRA CER ED ARERA
Il
ricorso del Governo poi impugna la norma regionale che prevede la possibilità
di fare accordi tra le CER e ARERA. Secondo il Governo questa norma è
interferente con la funzione regolatoria che l'art. 32, comma 3, del d.lgs.
n. 199 del 2021 (QUI) assegna
ad ARERA, nel momento in cui le affida il compito di adottare «i provvedimenti
necessari a garantire l'attuazione» della normativa statale.
Secondo
la sentenza della Corte Costituzionale a ben guardare, tuttavia, nel
riconoscere alle CER la possibilità di stipulare accordi e convenzioni con
ARERA e con i gestori della rete di distribuzione al fine di ottimizzare la
gestione e l'utilizzo delle reti di energia, la disposizione regionale impugnata
non limita in alcun modo la funzione regolatoria assegnata ad ARERA, né
interferisce con le funzioni di quest'ultima e dei gestori della rete, come
disciplinate dalla legge statale. La disposizione si limita piuttosto a
riconoscere alle CER una facoltà di collaborare con ARERA e con i gestori della
rete, che potrà trovare realizzazione solamente se, e nella misura in cui, tali
ultimi soggetti intendano, nell'esercizio della rispettiva autonomia,
effettivamente darvi corso, senza che in capo ad ARERA o ai gestori della rete
sia imposto alcun obbligo non previsto dalla legge statale.
LA PARTECIPAZIONE DEI COMUNI ALLA CER DISCIPLINATA DALLA
REGIONE
Altra
norma regionale impugnata dal Governo è quella che assegna alla Giunta
Regionale il compito di redigere uno schema tipo di protocollo d'intesa a cui
dovranno attenersi gli enti locali che intendano partecipare ad una CER, la
norma censurata violerebbe, ad avviso del ricorrente, l'art. 42-bis, comma
8, lettera d), del d.l. n. 162 del 2019 (QUI), come
convertito, ai sensi del quale spetterebbe «solamente ad ARERA individuare le
modalità per favorire la partecipazione diretta dei comuni e delle pubbliche
amministrazioni alle comunità energetiche rinnovabili».
La
Corte Costituzionale nella sua sentenza accoglie la eccezione di
inammissibilità della Regione secondo la quale la previsione di cui al
menzionato art. 42-bis, comma 8, che attribuiva ad ARERA la competenza ad
adottare i provvedimenti attuativi della disciplina transitoria e sperimentale
in materia di CER dettata dallo stesso art. 42-bis, “non ha trovato conferma
nella regolazione a regime introdotta successivamente dall'art. 32 del D.Lgs.
n. 199/2021” per quanto concerne la specifica competenza a individuare le
modalità per favorire la partecipazione diretta dei Comuni e delle pubbliche
amministrazioni.
VISIONE LARGA DEI SOGGETTI PARTECIPANTI ALLA CER
L'art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021 detta, al comma 1, i requisiti
che i clienti finali devono possedere per poter organizzarsi in CER, e, al
comma 2, le condizioni nel rispetto delle quali devono operare le CER. Tali
requisiti e tali condizioni sono improntati al principio, espresso dalla Direttiva
(UE) 2018/2001 (QUI) della
massima apertura delle CER.
In
questo senso si esprimono: l'art. 2, paragrafo 2, numero 16), lettera a),
della Direttiva UE 2018/2001, secondo cui la CER “si basa sulla
partecipazione aperta e volontaria»; l'art. 22, paragrafo 1, ai sensi del quale
“gli Stati membri assicurano che i clienti finali, in particolare i clienti
domestici, abbiano il diritto di partecipare a comunità di energia rinnovabile,
[...] senza essere soggetti a condizioni o procedure ingiustificate o
discriminatorie che ne impedirebbero la partecipazione a una comunità di
energia rinnovabile …”; e l'art. 22, paragrafo 4, lettera f), che
richiede agli Stati membri di fornire “un quadro di sostegno atto a
promuovere e agevolare lo sviluppo delle comunità di energia rinnovabile”,
che garantisca, tra l'altro, che “la partecipazione alle comunità di energia
rinnovabile sia aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a
famiglie a basso reddito o vulnerabili”.
In
questo contesto, l'evocato parametro interposto esprime dunque un principio
fondamentale della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia”, finalizzato a garantire in maniera uniforme su tutto il
territorio nazionale la più ampia possibilità di partecipare a una CER, in
attuazione di quanto disposto dal legislatore europeo. La disposizione
regionale impugnata contrasta con tale principio fondamentale, affidando alla
Regione il compito di definire i requisiti per poter partecipare a una CER,
laddove essi sono invece già esaustivamente definiti dalla legge statale. Né
vale a escludere il vizio di illegittimità costituzionale il carattere non
immediatamente lesivo della norma regionale, che non stabilisce essa stessa
requisiti diversi da quelli stabiliti dal menzionato d.lgs. n. 199 del 2021,
bensì fa rinvio ad un successivo atto della Giunta regionale. La violazione si
concreta infatti già nel momento in cui la Regione si appropria di una
disciplina che, a tutela della massima apertura delle CER, deve invece essere
uniforme su tutto il territorio nazionale.
Deve,
pertanto, dichiararsi l'illegittimità costituzionale della norma regionale
impugnata limitatamente alle parole “i requisiti dei soggetti che possono
partecipare alle CER e”.
FINANZIAMENTI REGIONALE ALLE CER E COPERTURE IN BILANCIO
Con
riferimento alle azioni di comunicazione volte a favorire la diffusione delle
CER e il sostegno finanziario alla fase di attivazione o costituzione delle
stesse, previste per l'appunto dalla legge reg. oggetto della sentenza qui
esaminata, hanno previsto un primo stanziamento pari a euro 40.000 per l'anno
2022, mentre il comma 4 rinvia la quantificazione e la copertura degli oneri
per gli anni successivi alle rispettive leggi di bilancio.
Attesa
la natura degli interventi in esame, che sono finalizzati a promuovere la
diffusione e costituzione delle CER, la scelta della Regione è stata quella di
impegnare sin da subito 40.000 euro per favorire la prima istituzione delle
CER, e di riservare alla successiva valutazione compiuta in sede di legge
annuale di bilancio, come previsto norma regionale, ogni decisione relativa
alla prosecuzione di tali attività, anche alla luce dei risultati conseguiti
dai primi interventi e dell'evoluzione della diffusione delle CER.
Le
spese funzionali all'eventuale prosecuzione oltre il 2022 delle attività
indicate norma regionale impugnata, non possono dunque essere ritenute di
carattere obbligatorio. Conseguentemente, la scelta del legislatore regionale
di rinviare la quantificazione e la copertura di quelle spese alle future leggi
di bilancio non vìola l'art. 19, comma 1, della legge n. 196 del 2009,
invocato dal Governo nazionale ricorrente quale parametro interposto, né - più
in generale - i principi desumibili dall'art. 81, terzo comma, Cost. (“Ogni
legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”),
risultando conforme a quanto consentito allo stesso legislatore regionale
dall'art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 (QUI).
SANZIONI DELLE REGIONI ALLE CER
La norma regionale impugnata dal Governo prevede che le CER: predispongano un bilancio energetico annuale e adottino un programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all'efficientamento dei consumi energetici. Inoltre, sempre detta norma regionale, l'esito dei controlli effettuati dai predetti organismi regionali potrebbe anche condurre, laddove siano riscontrati risultati negativi nell'attuazione del programma triennale degli interventi volti alla riduzione ed all'efficientamento dei consumi, all'irrogazione delle sanzioni previste sempre dalla stessa legge regionale, che determinerebbero il venire meno del diritto all'incentivo economico regionale fino al raggiungimento, entro il termine massimo di due anni, degli obiettivi prefissati.
Peccato che sul punto il Governo non ha impugnato la norma regionale che introduce la sanzione per cui sul punto il ricorso è inammissibile secondo la sentenza della Corte Costituzionale qui esaminata.
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