Il Consiglio di Stato con sentenza n° 1777 del 21 febbraio 2023 (QUI) ha respinto definitivamente il ricorso per revocazione (ex articoli 106 e 107 Dlgs 104/2010 QUI) di una precedente sentenza, sempre del Consiglio di Stato la n° 7490 del 10 novembre 2021 (QUI).
La sentenza del 2021 faceva riferimento ad un
progetto di ampliamento di nuovi reparti dello stabilimento industriale che opera
nel settore della progettazione, produzione e commercializzazione di sistemi
d’arma, destinati alle forze armate nazionali nonché a quelle estere.
Il provvedimento di autorizzazione finale
della Regione aveva escluso la applicazione della VIA ordinaria a questo
progetto.
Il ricorso delle associazioni
ambientaliste locali aveva portato il Consiglio di Stato con la sopra citata
sentenza del 2021 all’annullamento di detta autorizzazione proprio per la
mancata applicazione della VIA ordinaria.
La ditta proprietaria dello stabilimento ha
presentato ricorso in revocazione della sentenza del 2021 respinto come
vedremo, nelle motivazioni, di seguito.
SINTESI DELLE DUE SENTENZE
La sentenza è interessante perché chiarisce
la definizione di stabilimento chimico integrato ai fini della applicazione
della VIA ordinaria al progetto in questione.
In particolare per applicare tale
categoria generale ad un progetto specifico secondo la sentenza è sufficiente:
1. la produzione di esplosivi a legame
polimerico;
2. la esistenza anche di un solo processo chimico in quanto la categoria di stabilimento chimico integrato della Direttiva sulla VIA non fissa un numero di processi chimici per prevedere per i singoli progetti la applicazione della VIA importante che il singolo processo chimico avvenga all’interno di un reparto connesso con gli altri dello stabilimento
Iniziamo intanto a descrivere le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato del 2021 per poi concludere riportando in sintesi i motivi per cui nella nuova sentenza dello scorso febbraio il Consiglio di Stato ha respinto anche il ricorso per revocazione affermando, quest’ultima, che in caso di incertezza nella possibilità di far rientrare il singolo progetto in una delle categorie di opere sottoponibili a VIA ordinaria deve prevalere il principio di precauzione.
LA SENTENZA 7490 DEL 2021
Secondo questa sentenza il progetto di
ampliamento dello stabilimento attraverso la realizzazione
dei due nuovi reparti R200 ed R210 che quello relativo alla realizzazione del
Campo Prove 140 (in quanto funzionalmente connesso ai primi), avrebbero dovuto
essere sottoposti a VIA obbligatoria, sulla base delle seguenti argomentazioni:
a) l’allegato III alla parte II del testo unico ambientale QUI (attuativo dell’Allegato I alla direttiva quadro sulla VIA 2011/92/UE), annovera tra i progetti da sottoporre a VIA obbligatoria in sede regionale gli “impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro, per la fabbricazione di esplosivi”;
b) ai fini della corretta interpretazione di tali allegati e dell’applicazione della direttiva VIA, la Commissione Europea ha adottato il documento denominato “Interpretation of definitions of project categories of annex I and II of the EIA Directive” (QUI), al fine di ridurre le incertezze correlate;
c) in particolare, le definizioni, nelle linee guida, relativamente alla categoria degli impianti chimici integrati, distinguono tra il processo di conversione chimica e i meri processi fisici (es. semplice miscelazione di sostanze che non reagiscano chimicamente e altri processi);
d) la C.T.U. in primo grado aveva escluso che il progetto in questione potesse rientrare nella categoria dei depositi chimici integrati in quanto il ciclo produttivo è caratterizzato solo da processi fisici e non di trasformazione chimica degli esplosivi utilizzati quindi senza produzione di prodotti chimici;
e) ma secondo il Consiglio di Stato nella sentenza del 2021, le conclusioni cui era pervenuto il C.T.U. in primo grado non consentono di escludere in maniera inequivocabile che lo stabilimento, anche solo avuto riguardo ai processi produttivi oggetto del contenzioso, costituisca un “impianto chimico integrato per la produzione di esplosivi”, ai fini della sottoposizione a VIA obbligatoria, atteso che: e1) i nuovi reparti R200 e R210 saranno destinati al potenziamento della produzione di determinati esplosivi militari e in particolare è prevista la realizzazione degli esplosivi PBX la cui composizione, anche in base alla descrizione del Consulente tecnico di parte in primo grado, porta e definirli come “esplosivi a legante polimerico”, in quanto “costituiti da particelle di materiale esplosivo contenute e protette da una matrice polimerica” e sarebbe proprio l’utilizzo della matrice polimerica nella composizione a rendere di natura diversa la struttura del PBX;
e2) il C.T.U. ha accertato la presenza di almeno un
processo di reazione chimica nello stabilimento RWM con riferimento specifico
alla cosiddetta “reticolazione dell’HTPB”, impiegata nella produzione degli
esplosivi di tipo PBX, di cui la matrice polimerica costituisce una componente
specifica e caratterizzante;
e3) tale dato è di per sé sufficiente a qualificare
l’impianto RWM come “chimico integrato” ai sensi della direttiva VIA, la quale
non reca alcuna distinzione in ordine al numero o alle caratteristiche dei
processi di reazione chimica che avvengono in tali impianti e, unitamente ai
processi fisico – chimici di miscelazione delle materie esplosive, valorizzati
dal C.T.U., anche tale reazione sarebbe un elemento qualificante della loro
produzione, alla quale è indubbiamente funzionale;
e4) nella disciplina europea è sufficiente che, nel
processo di produzione degli esplosivi attraverso uno o più reparti tra loro
funzionalmente connessi, abbia luogo almeno un processo di reazione chimica
funzionale al processo produttivo;
e5) l’interpretazione
delle disposizioni della direttiva VIA deve essere effettuata avuto riguardo al
fatto che essa ha “a wide scope and a broad purpose”, come chiarito
dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per cui, nei casi dubbi, risulta necessario
adottare l’interpretazione più prudente, conforme al principio di precauzione;
g) pure fondate risultano le doglianze relative all’erroneità dell’approccio delle Regione che, ai fini dell’istruttoria relativa all’autorizzazione del Campo prove 140, non ha considerato che esso sarà funzionalmente connesso ai reparti nei quali ha luogo la produzione degli esplosivi realizzando in tal modo un classico frazionamento del progetto volto proprio ad evadere la VIA.
LA
SENTENZA N° 1777 del 2023
La nuova sentenza
respinge il ricorso in revocazione contro la sentenza del 2021 confermandola.
Secondo la nuova sentenza le
questioni poste dal ricorso in revocazione esulano dalle finalità di questo tipo
di ricorso ma riguardano questioni di merito che sono state ampiamente
affrontate e motivate nella sentenza della Sezione e che non possono essere
messe nuovamente in discussione dal Collegio.
Il Consiglio di Stato, con
la sentenza di cui è chiesta la revocazione, ha richiamato la disciplina
vigente (allegato III alla parte II del Codice dell’Ambiente attuativo dell’Allegato
I alla direttiva 2011/92/UE) e ha individuato la disciplina applicabile in
materia di impianti chimici integrati; alla luce della “Interpretation of
definitions of project categories of annex I and II of the EIA Directive”,
ovverosia delle linee guida europee in materia; ha inoltre richiamato la
giurisprudenza di riferimento, europea e nazionale, anche in relazione alla
questione del surrettizio frazionamento degli interventi al fine di evitare una
valutazione complessiva e fare sì che i progetti non fossero sottoposti a VIA.
La sentenza n. 7490/2021 è
giunta pertanto alla conclusione che, alla luce della disciplina vigente, la
reazione chimica individuata dal C.T.U. è di per sé “sufficiente a
qualificare l’impianto RWM come chimico integrato, posto che la direttiva VIA
non reca alcuna distinzione in ordine al numero o alle caratteristiche dei
processi di reazione chimica che avvengono in tali impianti”.
E ancora, la sentenza ha posto
in evidenza che il PBX prodotto dalla RWM è un esplosivo a legame polimerico, e
che tale reazione costituisce un elemento qualificante della produzione. Ha
quindi contestato le affermazioni del C.T.U. secondo cui “la reazione di
reticolazione dell’HTPB non produce un prodotto chimico”, rilevando che
esse non trovano alcun riscontro nella disciplina europea “per la quale è
sufficiente che, nel processo di produzione degli esplosivi attraverso uno o
più reparti tra loro funzionalmente connessi, abbia luogo almeno un processo di
reazione chimica funzionale al processo produttivo”.
Ulteriormente, la sentenza
– qualificando così l’opzione ermeneutica adottata - ha sottolineato che, nei
casi dubbi, la direttiva VIA deve essere interpretata privilegiando il
principio di precauzione.
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