mercoledì 26 aprile 2023

Le condizioni per imporre limiti di emissioni inferiori a quelli di legge nell’AIA

La sentenza del Consiglio di Stato 2245 del 3 marzo 2023 (QUI) interviene su una controversi relativa alla possibilità di applicare, in sede di rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ad impianto di coincenerimento.

La sentenza conclude favorevolmente, nel caso specifico, sulla possibilità di imporre limiti più stringenti alle emissioni tanto più che trattasi di impianto vetusto.

L’appellante gestore dell’impianto, che contesta la sentenza di primo grado, si duole per il fatto che l’AIA e l’AU non potrebbero prescrivere limiti inferiori ai limiti di legge, salvo che ricorrano le ipotesi derogatorie dell’art. 29 sexies, comma 4 ter, del d.lgs. n. 152 del 2006.  Sarebbe inoltre stato provato che l’impianto è conforme alla migliore tecnologia disponibile (BAT, “Best Available Technology”), per cui non potrebbe essere invocato il principio di precauzione.

Il Consiglio di Stato nella sentenza qui esaminata sostiene invece che sia possibile applicare limiti di emissione inferiori a quelli di legge e aggiunge un altro aspetto: i Piani regionali di gestione dei rifiuti possono limitare l’uso negli impianti di determinate tipologie di rifiuti come il combustibile solido secondario (CSS).

Vediamo le motivazioni della sentenza

 

PERCHÉ SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO SI POSSONO IMPORRE LIMITI DI EMISSIONE INFERIORI A QUELLI DI LEGGE

Ai sensi dell’art. 237-duodecies, comma secondo DLgs 152/2006, “2. Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di co-incenerimento sono progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni nell'atmosfera non superano i valori limite di emissione di cui rispettivamente all'Allegato I, paragrafo A, e all'Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo”.

Tale norma vincola i progettisti, i costruttori e i gestori di impianti di co-incenerimento, i quali non possono progettare, costruire, equipaggiare e gestire impianti aventi emissioni superiori ai valori limite. La norma, viceversa, non vieta alle autorità regionali di imporre limiti più rigorosi di emissioni.

L’art. 237-quattuordecies, comma 2, prescrive che “2. I valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e co-incenerimento si intendono rispettati se conformi rispettivamente a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo C, punto 1, e all'Allegato 2, paragrafo C, punto 1”.

Tale normativa riguarda il campionamento e l’analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincenerimento e rimanda agli Allegati per l’individuazione delle soglie dei valori limite.

Rileva quindi la sentenza del Consiglio di Stato che si tratta, dunque, di una norma che conforma e vincola l’operato dei gestori e delle autorità preposte al campionamento e all’analisi delle emissioni gassose e che vincola altresì le autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni regionali, nel senso di vietare loro di prescrivere valori limite superiori a quelle legali.

 

L’art. 29 – sexies, comma 4 ter, d.lgs. 152 del 2006, citato dall’appellante, prevede che l’autorità competente possa fissare valori limite di emissione più rigorosi delle soglie tecniche di miglior tecnologia, in tre casi specifici:

1) quando lo richieda la pianificazione regionale in materia di ambiente, tutela delle acque o emissioni (art. 29-septies);

2) quando lo richieda la normativa regionale;

3) quando, in mancanza di AIA, lo richieda il provvedimento autorizzatorio.

 

Secondo il Consiglio di Stato da tale disposizione si desume che l’autorità competente può fissare livelli di emissione più rigorosi associabili alle migliori tecnologie disponibili come è avvenuto nel caso in esame, nel quale l’interessata non ha comprovato che l’impianto, peraltro realizzato ed in attività da molteplici anni, possegga i requisiti della migliore tecnologia disponibile.

 

Conclude quindi il Consiglio di Stato affermando che costituisce scelta ragionevole e non manifestamente sproporzionata, in adesione al principio di precauzione, che l’amministrazione abbia imposto limiti e prescrizioni più rigorosi anche in relazione alla vetustà dell’impianto.

Occorre inoltre precisare che all’impianto in esame non si applica l’art. 35 del d.l. n. 133 del 2014 (QUI) in quanto, ai sensi del comma 1 della norma citata, l’impianto non è autorizzato a livello nazionale, bensì regionale, e non costituisce un’infrastruttura strategica di interesse nazionale come previsto dal D.P.C.M. del 10 agosto 2016 (QUI).

 

 

PIANIFICAZIONE REGIONALE E LIMITI ALLA TIPOLOGIA DI RIFIUTI NEGLI IMPIANTI

Con una ulteriore censura l’appellante – nel riproporre il quarto motivo del ricorso introduttivo e il quarto motivo dei motivi aggiunti - si duole per il fatto che sarebbe stato limitato l’utilizzo nell’impianto in questione del CSS proveniente da altre Regioni e ciò violerebbe i principi di proporzionalità e ragionevolezza poiché nella regione Molise non sono presenti impianti che producono CSS in misura idonea a saturare la capacità dell’impianto di Pozzilli.

Secondo il Consiglio di Stato invero, le previsioni della pianificazione regionale, pur avendo un carattere ampio, possono contenere indicazioni in merito alla tipologia di rifiuto utilizzabile all’interno degli impianti e, nel caso in esame, la scelta del piano corrisponde a motivate ragioni (incensurabili) di sostenibilità ambientale.

 

 

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