La sentenza del Consiglio di Stato 2245 del 3 marzo 2023 (QUI) interviene su una controversi relativa alla possibilità di applicare, in sede di rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ad impianto di coincenerimento.
La sentenza conclude
favorevolmente, nel caso specifico, sulla possibilità di imporre limiti più
stringenti alle emissioni tanto più che trattasi di impianto vetusto.
L’appellante
gestore dell’impianto, che contesta la sentenza di primo grado, si duole per il
fatto che l’AIA e l’AU non potrebbero prescrivere limiti inferiori ai limiti di
legge, salvo che ricorrano le ipotesi derogatorie dell’art. 29 sexies,
comma 4 ter, del d.lgs. n. 152 del 2006. Sarebbe inoltre stato provato che l’impianto
è conforme alla migliore tecnologia disponibile (BAT, “Best Available
Technology”), per cui non potrebbe essere invocato il principio di precauzione.
Il Consiglio di Stato
nella sentenza qui esaminata sostiene invece che sia possibile applicare limiti
di emissione inferiori a quelli di legge e aggiunge un altro aspetto: i Piani
regionali di gestione dei rifiuti possono limitare l’uso negli impianti di
determinate tipologie di rifiuti come il combustibile solido secondario (CSS).
Vediamo le motivazioni
della sentenza
PERCHÉ
SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO SI POSSONO IMPORRE LIMITI DI EMISSIONE INFERIORI
A QUELLI DI LEGGE
Ai
sensi dell’art. 237-duodecies, comma secondo DLgs 152/2006, “2.
Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di co-incenerimento
sono progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni
nell'atmosfera non superano i valori limite di emissione di cui rispettivamente
all'Allegato I, paragrafo A, e all'Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo”.
Tale
norma vincola i progettisti, i costruttori e i gestori di impianti di
co-incenerimento, i quali non possono progettare, costruire, equipaggiare e
gestire impianti aventi emissioni superiori ai valori limite. La norma,
viceversa, non vieta alle autorità regionali di imporre limiti più rigorosi di
emissioni.
L’art.
237-quattuordecies, comma 2, prescrive che “2. I valori limite di
emissione degli impianti di incenerimento e co-incenerimento si intendono
rispettati se conformi rispettivamente a quanto previsto all'Allegato 1,
paragrafo C, punto 1, e all'Allegato 2, paragrafo C, punto 1”.
Tale
normativa riguarda il campionamento e l’analisi delle emissioni in atmosfera
degli impianti di incenerimento e di coincenerimento e rimanda agli Allegati
per l’individuazione delle soglie dei valori limite.
Rileva quindi la sentenza
del Consiglio di Stato che si tratta, dunque, di una norma che conforma e
vincola l’operato dei gestori e delle autorità preposte al campionamento e
all’analisi delle emissioni gassose e che vincola altresì le autorità preposte
al rilascio delle autorizzazioni regionali, nel senso di vietare loro di
prescrivere valori limite superiori a quelle legali.
L’art. 29
– sexies, comma 4 ter, d.lgs. 152 del 2006, citato
dall’appellante, prevede che l’autorità competente possa fissare valori limite
di emissione più rigorosi delle soglie tecniche di miglior tecnologia, in tre
casi specifici:
1) quando lo richieda
la pianificazione regionale in materia di ambiente, tutela delle acque o
emissioni (art. 29-septies);
2) quando lo richieda
la normativa regionale;
3) quando, in
mancanza di AIA, lo richieda il provvedimento autorizzatorio.
Secondo il Consiglio di
Stato da tale disposizione si desume che l’autorità competente può fissare
livelli di emissione più rigorosi associabili alle migliori tecnologie
disponibili come è avvenuto nel caso in esame, nel quale l’interessata non ha
comprovato che l’impianto, peraltro realizzato ed in attività da molteplici
anni, possegga i requisiti della migliore tecnologia disponibile.
Conclude quindi il
Consiglio di Stato affermando che costituisce scelta ragionevole e non
manifestamente sproporzionata, in adesione al principio di precauzione, che
l’amministrazione abbia imposto limiti e prescrizioni più rigorosi anche in relazione
alla vetustà dell’impianto.
Occorre inoltre precisare
che all’impianto in esame non si applica l’art. 35 del d.l. n. 133 del 2014 (QUI) in quanto, ai sensi del comma 1 della norma
citata, l’impianto non è autorizzato a livello nazionale, bensì regionale, e
non costituisce un’infrastruttura strategica di interesse nazionale come
previsto dal D.P.C.M. del 10 agosto 2016 (QUI).
PIANIFICAZIONE
REGIONALE E LIMITI ALLA TIPOLOGIA DI RIFIUTI NEGLI IMPIANTI
Con
una ulteriore censura l’appellante – nel riproporre il quarto motivo del
ricorso introduttivo e il quarto motivo dei motivi aggiunti - si duole per il
fatto che sarebbe stato limitato l’utilizzo nell’impianto in questione del CSS
proveniente da altre Regioni e ciò violerebbe i principi di proporzionalità e
ragionevolezza poiché nella regione Molise non sono presenti impianti che
producono CSS in misura idonea a saturare la capacità dell’impianto di
Pozzilli.
Secondo
il Consiglio di Stato invero, le previsioni della pianificazione regionale, pur
avendo un carattere ampio, possono contenere indicazioni in merito alla
tipologia di rifiuto utilizzabile all’interno degli impianti e, nel caso in
esame, la scelta del piano corrisponde a motivate ragioni (incensurabili) di
sostenibilità ambientale.
Nessun commento:
Posta un commento