La
Corte di Giustizia (sentenza 2 Marzo 2023 QUI) si è
pronunciata su un piano di gestione forestale e sull’impatto dello stesso su
siti tutelati dalla normativa sulla biodiversità (Direttiva Habitat 92/43/CCE
QUI).
In
particolare la sentenza afferma quindi l’obbligo di una valutazione di
incidenza sui siti tutelati per detti piani di gestione forestale anche se
incidono indirettamente sui siti tutelati, allo stesso tempo afferma il diritto
delle associazioni ambientaliste non solo di partecipare al procedimento di
valutazione di incidenza ma anche di impugnare le decisioni finali di fronte
alla giustizia nazionale.
NECESSITÀ DELLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA
La
Corte di Giustizia della UE aveva già avuto modo di esaminare un piano di
gestione forestale, quale previsto dalla normativa dello stato membro in
questione, alla luce della Direttiva Habitat e ha applicato, a questo
proposito, i requisiti stabiliti all’articolo 6, paragrafo 3, di detta Direttiva
[nella stessa direzione sentenza del 17 aprile 2018 (QUI),
Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża - Polonia), C‑441/17, EU:C:2018:255,
punti da 106 a 193]. Pertanto la nuova sentenza conclude che tale disposizione,
che riguarda “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e
necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su
tale sito”, può trovare applicazione rispetto ai piani di gestione
forestale previsti all’articolo 22 della legge sulle foreste polacca.
RAPPORTI TRA TUTELA BIODIVERSITÀ E NORMATIVA
SULL’ACCESSO INFORMAZIONI LA PARTECIPAZIONE E LA GIUSTIZIA IN MATERIA
AMBIENTALE
Per
quanto riguarda i rapporti tra, da un lato, l’articolo 6, paragrafo 3, della
Direttiva Habitat e, dall’altro, l’articolo 9, paragrafo 2, della
Convenzione di Aarhus (QUI), la
Corte ha già dichiarato che le decisioni adottate dalle autorità nazionali
competenti nell’ambito di detto articolo 6, paragrafo 3, della Direttiva Habitat,
che riguardino una domanda di partecipazione al procedimento di autorizzazione,
o la valutazione della necessità di una valutazione dell’impatto ambientale di
un piano o progetto su un sito protetto o anche il carattere appropriato delle
conclusioni tratte da tale valutazione dei rischi di detto progetto o piano per
l’integrità di un tale sito, e che siano autonome o integrate in una decisione
di autorizzazione, sono decisioni che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo
9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (sentenza dell’8 novembre
2016 QUI,
Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 56).
Infatti,
le decisioni adottate dalle autorità nazionali rientranti nel campo di
applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che non
riguardano un’attività elencata nell’allegato I alla Convenzione di Aarhus,
sono contemplate nell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di tale
Convenzione e rientrano, quindi, nel campo di applicazione dell’articolo 9,
paragrafo 2 della stessa, poiché tali decisioni comportano che le autorità
competenti valutino, prima di autorizzare una qualunque attività, se essa,
nelle circostanze del caso di specie, possa avere effetti significativi
sull’ambiente (sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15,
EU:C:2016:838, punto 57).
Quanto
all’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, tale
disposizione circoscrive il margine di discrezionalità di cui dispongono gli
Stati membri nella determinazione delle modalità dei ricorsi cui essa si
riferisce, in quanto tale disposizione persegue l’obiettivo di garantire un
«ampio accesso alla giustizia» al pubblico interessato, che comprende le
organizzazioni per la tutela dell’ambiente che soddisfano i requisiti
prescritti dall’articolo 2, paragrafo 5, di tale convenzione (sentenza dell’8
novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto
58).
A
tal riguardo, la nuova sentenza rileva che, sebbene la Convenzione di Aarhus
e, in particolare, il suo articolo 6, paragrafo 1, lettera b), lasci
agli Stati parti contraenti un certo margine di discrezionalità per quanto
riguarda l’esame di effetti significativi sull’ambiente dell’attività di cui
trattasi, resta tuttavia il fatto che, tenuto conto della giurisprudenza
richiamata dalla nuova sentenza, la Direttiva Habitat concretizza i requisiti
da stabilire per quanto riguarda il carattere significativo degli effetti
sull’ambiente nel settore della tutela europea della natura. Aggiunge quindi la
nuova sentenza della Corte di Giustizia che gli effetti negativi rispetto agli
obiettivi di conservazione delle zone europee di tutela dovrebbero, in linea di
principio, essere considerati significativi ai sensi di tale disposizione della
Convenzione di Aarhus, sicché le organizzazioni per la tutela dell’ambiente
avrebbero, quindi, il diritto di chiedere che le autorità competenti
verifichino, caso per caso, se le attività proposte possano avere un tale
effetto importante.
Alla
luce delle suddette considerazioni la sentenza conclude che l’articolo 6,
paragrafo 3, della Direttiva Habitat, in combinato disposto con l’articolo
6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della
Convenzione di Aarhus, prevede l’obbligo, per la Repubblica di Polonia ( e
quindi per tutti gli stati membri), di garantire alle organizzazioni di tutela
dell’ambiente la possibilità di investire un organo giurisdizionale di una
domanda diretta a verificare, in modo effettivo, la legittimità, nel merito e
sotto il profilo procedurale, dei piani di gestione forestale, ai sensi delle
disposizioni della legge sulle foreste, nei limiti in cui tali piani rientrino
nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva
«habitat».
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