venerdì 14 aprile 2023

Le condizioni per sospendere l'AIA in caso di emissioni anomale da un inceneritore

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 1096 del 2023 (QUI) ha chiarito partendo dal caso oggetto della controversia legale, le condizioni per potere esercitare da parte della Autorità Competente (nel caso la Regione) la funzione di sospensione della attività di un forno inceneritore in caso di emissioni anomale o comunque in contrasto con la normativa vigente e le prescrizioni della autorizzazione vigente (nel caso una Autorizzazione Integrata Ambientale di seguito AIA).

 

IL CASO OGGETTO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Il caso nasce dalla uscita, in data 2 novembre 2014, di fumi anomali (emissione di iodio in atmosfera in concentrazione oltre i valori limite) da uno dei camini (E2) annessi al forno rotante e destinato ai rifiuti speciali di provenienza industriale.

Il Tar su ricorso della ditta che gestisce il forno inceneritore aveva annullato il provvedimento di sospensione dell’AIA da parte della Regione su parere dell’Arpa competente territorialmente.

La Regione e l’’Arpa hanno depositato appello contro la sentenza del TAR per chiederne l’annullamento.

 

 

LA SENTENZA

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR sulla base della descrizione delle condizioni normative sulla base delle quali sussistono le condizioni per la sospensione dell’AIA e quindi della attività dell’impianto autorizzato, nel caso specifico un inceneritore.


Cosa dice la normativa sul potere di diffida e sospensione della Autorità che ha rilasciato l'AIA

Il Consiglio di Stato riporta quando affermato nella normativa applicabile, il comma 9 articolo 29-decies DLgs 152/2006 (QUI).

Secondo detta norma sia nella versione precedente che in quella attualmente in vigore pone le seguenti condizioni per imporre la sospensione di una attività assoggettata ad AIA:

a) il manifestarsi di situazioni pericolose e che producano un pericolo immediato per la salute umana e l’ambiente;

b) la reiterazione di violazioni per più di due volte all’anno.

c) la sospensione può essere disposta solo “per un tempo determinato”.

d) la proroga e/o il rinnovo automatico della sospensione è subordinata alla persistente mancata ottemperanza e ripristino della conformità dell’impianto da parte del gestore soprattutto in relazione alle situazioni che possano costituire un rischio per la salute umana e l’ambiente.

 

Le motivazioni della sospensione devono essere fondate tecnicamente e scientificamente

Secondo il Consiglio di Stato, nella sentenza qui esaminata, l’impugnato provvedimento di diffida e sospensione non reca motivazioni in ordine alla situazione di pericolo alla salute o all’ambiente, né fissa un termine per la durata della sospensione.

Afferma la sentenza del Consiglio di Stato: “ARPAB, con la nota in data 9 dicembre 2014, rilevava, in assenza di una prova idonea, la non appropriata gestione dei rifiuti e il non corretto funzionamento del sistema di abbattimento dei fumi e, sulla base di tali conclusioni, la Regione imponeva la sospensione dell’attività dell’impianto.”

 

La tempistica della diffida per adeguarsi deve essere ragionevole

Sottolinea la sentenza che con l’ultima delle richieste di adeguamento, dopo le emissioni anomale registrate di iodio da cui scaturiva la diffida e la sospensione da parte della Regione, l’ARPAB concedeva un termine di sole 48 ore (che peraltro cadevano nelle giornate di sabato e domenica), sebbene nel corso dell’ultimo sopralluogo fossero stati pattuiti termini più lunghi per la trasmissione dei dati.

Questo secondo comportamento istituzionale viola, secondo la sentenza la lettera a) del comma 9 articolo 29-decies DLgs 152/2006 che recita: “In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie: … l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni: a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità”.

 

Le prescrizioni violate devono essere presenti nell’AIA sospesa

Afferma la sentenza del Consiglio di Stato: “Ad ogni modo, pur a voler prescindere dalla mancata indicazione nell’ambito del provvedimento della pericolosità della situazione, tale carattere non può essere riconducibile alla presenza di iodio, considerato che l’AIA rilasciata all’impianto con la D.G.R. n. 428 del 14 aprile 2014 non indica tale sostanza tra i contaminanti che richiedono particolare attenzione o controllo.”.

 

L’utilizzo del principio di precauzione deve essere motivato fin dalla emanazione della sospensione non introdotto in giudizio ex post

Afferma la sentenza del Consiglio di Stato: “l’introduzione in giudizio del tema del principio di precauzione sostanzia un inammissibile tentativo di integrazione postuma della motivazione, atteso che il gravato provvedimento indica chiaramente come unica base normativa il solo art. 29-decies, ut supra citato. Al riguardo, come noto, la costante giurisprudenza limita l’ammissibilità dell’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo al caso in cui questa sia stata effettuata mediante gli atti del procedimento oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida, restando invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio mediante atti processuali o, comunque, scritti difensivi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 28 novembre 2022, n. 10448 QUI).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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