Il Consiglio di Stato con sentenza n° 1096
del 2023 (QUI) ha chiarito
partendo dal caso oggetto della controversia legale, le condizioni per potere
esercitare da parte della Autorità Competente (nel caso la Regione) la funzione
di sospensione della attività di un forno inceneritore in caso di emissioni
anomale o comunque in contrasto con la normativa vigente e le prescrizioni
della autorizzazione vigente (nel caso una Autorizzazione Integrata
Ambientale di seguito AIA).
IL CASO OGGETTO DELLA
SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Il caso nasce dalla uscita, in data 2 novembre
2014, di fumi anomali (emissione di iodio in atmosfera in concentrazione oltre
i valori limite) da uno dei camini (E2) annessi al forno rotante e destinato ai
rifiuti speciali di provenienza industriale.
Il Tar su ricorso della ditta che gestisce il forno inceneritore aveva annullato il provvedimento di sospensione dell’AIA da parte della Regione su parere dell’Arpa competente territorialmente.
La Regione e l’’Arpa hanno depositato appello contro la sentenza del TAR per chiederne l’annullamento.
LA SENTENZA
Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del
TAR sulla base della descrizione delle condizioni normative sulla base delle
quali sussistono le condizioni per la sospensione dell’AIA e quindi della
attività dell’impianto autorizzato, nel caso specifico un inceneritore.
Cosa dice la normativa sul potere di diffida e sospensione della Autorità che ha rilasciato l'AIA
Il Consiglio di Stato riporta quando affermato nella normativa applicabile, il comma 9 articolo 29-decies DLgs 152/2006 (QUI).
Secondo detta norma sia nella versione
precedente che in quella attualmente in vigore pone le seguenti condizioni per
imporre la sospensione di una attività assoggettata ad AIA:
a) il
manifestarsi di situazioni pericolose e che producano un pericolo immediato per
la salute umana e l’ambiente;
b) la reiterazione di violazioni per più di due volte
all’anno.
c) la sospensione può essere disposta solo “per un tempo
determinato”.
d) la proroga
e/o il rinnovo automatico della sospensione è subordinata alla persistente
mancata ottemperanza e ripristino della conformità dell’impianto da parte del
gestore soprattutto in relazione alle situazioni che possano costituire un
rischio per la salute umana e l’ambiente.
Le motivazioni della sospensione devono essere fondate tecnicamente e scientificamente
Secondo
il Consiglio di Stato, nella sentenza qui esaminata, l’impugnato provvedimento di diffida e sospensione non
reca motivazioni in ordine alla situazione di pericolo alla salute o
all’ambiente, né fissa un termine per la durata della sospensione.
Afferma la sentenza del
Consiglio di Stato: “ARPAB, con la nota in data 9 dicembre 2014, rilevava,
in assenza di una prova idonea, la non appropriata gestione dei rifiuti e il
non corretto funzionamento del sistema di abbattimento dei fumi e, sulla base
di tali conclusioni, la Regione imponeva la sospensione dell’attività
dell’impianto.”
La tempistica della diffida per adeguarsi deve essere ragionevole
Sottolinea la sentenza che
con l’ultima delle richieste di adeguamento, dopo le emissioni anomale
registrate di iodio da cui scaturiva la diffida e la sospensione da parte della
Regione, l’ARPAB concedeva un termine di sole 48 ore (che peraltro cadevano
nelle giornate di sabato e domenica), sebbene nel corso dell’ultimo sopralluogo
fossero stati pattuiti termini più lunghi per la trasmissione dei dati.
Questo secondo comportamento istituzionale viola, secondo la sentenza la lettera a) del comma 9 articolo 29-decies DLgs 152/2006 che recita: “In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie: … l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni: a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità”.
Le prescrizioni violate
devono essere presenti nell’AIA sospesa
Afferma la sentenza del
Consiglio di Stato: “Ad ogni modo, pur a voler prescindere dalla mancata
indicazione nell’ambito del provvedimento della pericolosità della situazione,
tale carattere non può essere riconducibile alla presenza di iodio, considerato
che l’AIA rilasciata all’impianto con la D.G.R. n. 428 del 14 aprile 2014 non
indica tale sostanza tra i contaminanti che richiedono particolare attenzione o
controllo.”.
L’utilizzo del
principio di precauzione deve essere motivato fin dalla emanazione della
sospensione non introdotto in giudizio ex post
Afferma la sentenza del
Consiglio di Stato: “l’introduzione in giudizio del tema del principio di
precauzione sostanzia un inammissibile tentativo di integrazione postuma della
motivazione, atteso che il gravato provvedimento indica chiaramente come unica
base normativa il solo art. 29-decies, ut supra citato. Al riguardo,
come noto, la costante giurisprudenza limita l’ammissibilità dell’integrazione
in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo al caso in cui
questa sia stata effettuata mediante gli atti del procedimento oppure
attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida, restando
invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio
mediante atti processuali o, comunque, scritti difensivi (cfr., da ultimo,
Cons. Stato, sez. III, 28 novembre 2022, n. 10448 QUI).”
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