mercoledì 19 aprile 2023

Agrivoltaico le Regioni devono rispettare le procedure delle linee guida nazionali

Sentenza del Consiglio n° 441 del 13 gennaio 2023 (QUI) che si è pronunciata su una controversia relativa alla realizzazione di un progetto di agrivoltaico vale a dire un sistema che coniuga la produzione agricola col fotovoltaico, ospitando i due termini nel medesimo terreno. Recentemente per questi progetti è stata prevista una agevolazione procedurale (vedi articolo 49 Decreto legge 13/2023 analizzato a pagina 48 di NewsAmbiente Febbraio 2023 QUI).

La sentenza del Consiglio di Stato interviene su una controversia tra una società che voleva realizzare un progetto di agrivoltaico e la Regione che voleva imporre al posto della procedura di PAUR (su istanza peraltro della stessa ditta che voleva realizzare il progetto) prima la verifica di assoggettabilità. Secondo la sentenza la Regione non poteva imporre una procedura, peraltro meno vincolante da un punto di vista ambientale, che peraltro contrastava con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (citata più volte nella sentenza) e le linee guida nazionali del 2010 sulla localizzazione e approvazione impianti da fonti rinnovabili.

La sentenza è interessante, al di la del caso specifico, perché chiarisce il ruolo vincolante delle linee guida nazionali ex Decreto Ministeriale 10 settembre 2010 (QUI) rispetto ad eventuali scelte normative ma anche di amministrativa attiva (vedi provvedimenti autorizzatori o di rigetto di istanze)  che non rispettano i criteri di dette linee guida.

Vediamo nello specifico cosa afferma la sentenza.


LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO RESPINGE IL RILIEVO DELLA REGIONE PER CUI LE LINEE GUIDA NAZIONALI DEL 2010 HANNO UN LIMITATO RILIEVO VINCOLANTE

Ricorda sul punto la sentenza che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, “la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, Cost.), deve conformarsi ai principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003, nonché, in attuazione del suo art. 12, comma 10, dalle menzionate Linee guida (ex plurimis, sentenze n. 258 del 2020 (QUI), n. 106 del 2020 (QUI), n. 286 del 2019 (QUI) e n. 69 del 2018 QUI).

In particolare, queste ultime, approvate in sede di conferenza unificata, sono espressione della leale collaborazione tra Stato e Regioni e sono, pertanto, vincolanti, in quanto «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria» (sentenza n. 86 del 2019 QUI). Nell'indicare puntuali modalità attuative della legge statale, le Linee guida hanno «natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)» (sentenza n. 106 del 2020)” (Corte Cost. sentenza n. 177 del 30 luglio 2021 QUI).

 

 

LE LINEE GUIDA NAZIONALI FISSANO CRITERI ANCHE PROCEDURALI VINCOLANTI PER LE REGIONI

La sentenza del Consiglio di Stato rileva inoltre che ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 287 del 2003 (QUI), le suddette Linee guida non disciplinano solamente il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio ma anche “lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3” ovvero il procedimento autorizzatorio unico per tutti gli impianti c.d. FER.

Nello stesso senso depongono:

- la rubrica dell’Allegato al D.M. 10 settembre 2010, recante le “Linee guida per il procedimento di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi”;

- le premesse al D.M. 10 settembre 2010 in cui, tra l’altro, si mette in luce che “la definizione di linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico fornisce elementi importanti per l’azione amministrativa propria delle regioni ”;

- il par. 2.1 delle Disposizioni generali dell’Allegato che, nell’individuare il relativo “Campo di applicazione”, prevede espressamente che “Le modalità amministrative e i criteri tecnici di cui alle presenti linee guida si applicano alle procedure per la costruzione e l'esercizio degli impianti sulla terraferma di produzione di energia elettrica alimentati da fonti energetiche rinnovabili ”;

- la parte III del medesimo Allegato, recante la disciplina del “Procedimento Unico” per l’autorizzazione degli impianti FER.

Quindi conclude la sentenza de Consiglio di Stato la Regione era tenuta ad uniformarsi alle suddette previsioni anche nella parte in cui, al par. 14.8, fanno espressamente salva la possibilità per il proponente di presentare direttamente istanza di valutazione di impatto ambientale senza previo esperimento della procedura di verifica di assoggettabilità.

 

 

LA RIFORMA DELLA DISCIPLINA DELLA VIA DEL 2017 NON HA DEROGATO E NEPPURE ABROGATO LE LINEE GUIDA DEL 2010

Non ha poi fondamento la tesi secondo cui la sopravvenuta riforma delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale, di cui al d.lgs. n. 104 del 2017, avrebbe comportato l’abrogazione implicita della disciplina recata dalle Linee guida, nella parte di interesse. Al riguardo, giova richiamare i tratti caratterizzanti della nuova disciplina, quali sintetizzati dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 198 del 2018 QUI, paragrafi 5.3. e seguenti).

La Corte Costituzionale nella sentenza 198/2018 (QUI) ha ricondotto le disposizioni in materia di procedimento unico ambientale “alla competenza esclusiva in materia ambientale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost”.

Tale disciplina, in quanto avente carattere di “riforma economico – sociale”, si impone, inoltre, anche alle Regioni a statuto speciale.

Quindi conclude la sentenza del Consiglio di Stato qui esaminata, nella nuova disciplina della VIA riformata nel 2017, non è invero possibile individuare alcun profilo di incompatibilità con le disposizioni del D.M. del 10 settembre 2010 che consentono al proponente di presentare direttamente istanza di valutazione di impatto ambientale in luogo della verifica di assoggettabilità a VIA.

Si tratta, in sostanza, di una disciplina, integrativa della fonte primaria, che lascia all’operatore la facoltà di avvalersi, o meno, di tale strumento di semplificazione, senza correlativamente recare alcuna lesione agli interessi oggetto di tutela.

La tesi dell’abrogazione implicita, sostenuta dalla Regione, non ha pertanto alcun fondamento.

 

 

IMPORRE LA VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ INVECE CHE LA PROCEDURA DI PAUR NON RAPPRESENTA UNA FOMRA DI TUTELA PIÙ VINCOLANTE PER L’AMBIENTE

Va infine sottolineato che l’obbligo di screening VIA introdotto dalla Regione Basilicata, oltre a porsi in diretto contrasto con un principio fondamentale della materia, contenuto nella legislazione statale tuttora vigente, non risulta nemmeno conforme al principio di sussidiarietà declinato dall’art. 3-quinquies, comma 2, del DLgs 152/2006 QUI.

Esso non rappresenta, infatti, una forma sostanziale di tutela dell’ambiente più restrittiva rispetto a quella prevista dal legislatore nazionale (come tale, esplicitamene ammessa dal Codice) bensì soltanto una misura di carattere procedimentale.

Inoltre, le disposizioni regionali non possono nemmeno qualificarsi come una forma di semplificazione “ulteriore” del procedimento (ai sensi dell’art. 7 – bis, comma 8, del DLgs 152/2006), poiché, al contrario, esse comportano l’indiscriminata obbligatorietà della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA anche qualora quest’ultima possa in concreto comportare un aggravio procedimentale, in particolare nei casi in cui vi sia, a giudizio del proponente, una elevata probabilità che il procedimento medesimo si concluda con una determinazione di assoggettamento a VIA.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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