Sentenza del Consiglio
n° 441 del 13 gennaio 2023 (QUI)
che si è pronunciata su una controversia relativa alla realizzazione di un
progetto di agrivoltaico vale a dire un sistema che coniuga la produzione agricola col fotovoltaico,
ospitando i due termini nel medesimo terreno. Recentemente per questi progetti
è stata prevista una agevolazione procedurale (vedi articolo 49 Decreto
legge 13/2023 analizzato a pagina 48 di NewsAmbiente Febbraio 2023 QUI).
La sentenza del Consiglio di Stato interviene su una controversia tra una società che voleva realizzare un progetto di agrivoltaico e la Regione che voleva imporre al posto della procedura di PAUR (su istanza peraltro della stessa ditta che voleva realizzare il progetto) prima la verifica di assoggettabilità. Secondo la sentenza la Regione non poteva imporre una procedura, peraltro meno vincolante da un punto di vista ambientale, che peraltro contrastava con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (citata più volte nella sentenza) e le linee guida nazionali del 2010 sulla localizzazione e approvazione impianti da fonti rinnovabili.
La sentenza è
interessante, al di la del caso specifico, perché chiarisce il ruolo vincolante
delle linee guida nazionali ex Decreto Ministeriale 10 settembre 2010 (QUI) rispetto ad eventuali scelte normative ma anche di
amministrativa attiva (vedi provvedimenti autorizzatori o di rigetto di
istanze) che non rispettano i criteri di
dette linee guida.
Vediamo nello specifico cosa afferma la sentenza.
LA SENTENZA
DEL CONSIGLIO DI STATO RESPINGE IL RILIEVO DELLA REGIONE PER CUI LE LINEE GUIDA
NAZIONALI DEL 2010 HANNO UN LIMITATO RILIEVO VINCOLANTE
Ricorda sul punto la
sentenza che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, “la
disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, Cost.), deve conformarsi ai
principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003, nonché, in
attuazione del suo art. 12, comma 10, dalle menzionate Linee guida (ex
plurimis, sentenze n. 258 del 2020 (QUI), n. 106 del 2020 (QUI), n. 286 del 2019 (QUI) e n. 69 del 2018 QUI).
In particolare, queste
ultime, approvate in sede di conferenza unificata, sono espressione della leale
collaborazione tra Stato e Regioni e sono, pertanto, vincolanti, in quanto
«costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della
normativa primaria» (sentenza n. 86 del 2019 QUI). Nell'indicare puntuali modalità attuative della
legge statale, le Linee guida hanno «natura inderogabile e devono essere
applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69
del 2018)» (sentenza n. 106 del 2020)” (Corte Cost. sentenza n. 177 del 30
luglio 2021 QUI).
LE LINEE
GUIDA NAZIONALI FISSANO CRITERI ANCHE PROCEDURALI VINCOLANTI PER LE REGIONI
La sentenza del Consiglio
di Stato rileva inoltre che ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 287
del 2003 (QUI), le suddette Linee guida non disciplinano solamente
il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio ma anche “lo
svolgimento del procedimento di cui al comma 3” ovvero il procedimento
autorizzatorio unico per tutti gli impianti c.d. FER.
Nello stesso senso
depongono:
- la rubrica dell’Allegato
al D.M. 10 settembre 2010, recante le “Linee guida per il procedimento di
cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per
l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di
elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti
stessi”;
- le premesse al D.M. 10 settembre 2010 in cui, tra l’altro, si mette in luce che “la definizione di linee guida nazionali
per lo svolgimento del procedimento unico fornisce elementi importanti per
l’azione amministrativa propria delle regioni ”;
- il par. 2.1 delle
Disposizioni generali dell’Allegato che, nell’individuare il relativo “Campo di
applicazione”, prevede espressamente che “Le modalità amministrative e i
criteri tecnici di cui alle presenti linee guida si applicano alle procedure
per la costruzione e l'esercizio degli impianti sulla terraferma di produzione
di energia elettrica alimentati da fonti energetiche rinnovabili ”;
- la parte III del
medesimo Allegato, recante la disciplina del “Procedimento Unico” per
l’autorizzazione degli impianti FER.
Quindi conclude la sentenza de Consiglio di Stato la Regione era tenuta ad uniformarsi alle suddette previsioni anche nella parte in cui, al par. 14.8, fanno espressamente salva la possibilità per il proponente di presentare direttamente istanza di valutazione di impatto ambientale senza previo esperimento della procedura di verifica di assoggettabilità.
LA RIFORMA
DELLA DISCIPLINA DELLA VIA DEL 2017 NON HA DEROGATO E NEPPURE ABROGATO LE LINEE
GUIDA DEL 2010
Non ha poi fondamento la
tesi secondo cui la sopravvenuta riforma delle norme in materia di valutazione
di impatto ambientale, di cui al d.lgs. n. 104 del 2017, avrebbe comportato
l’abrogazione implicita della disciplina recata dalle Linee guida, nella parte
di interesse. Al riguardo, giova richiamare i tratti caratterizzanti della
nuova disciplina, quali sintetizzati dalla Corte Costituzionale (sentenza n.
198 del 2018 QUI, paragrafi 5.3. e
seguenti).
La Corte Costituzionale
nella sentenza 198/2018 (QUI) ha ricondotto le disposizioni in materia di
procedimento unico ambientale “alla competenza esclusiva in materia ambientale,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost”.
Tale disciplina, in quanto
avente carattere di “riforma economico – sociale”, si impone, inoltre, anche
alle Regioni a statuto speciale.
Quindi conclude la
sentenza del Consiglio di Stato qui esaminata, nella nuova disciplina della VIA
riformata nel 2017, non è invero possibile individuare alcun profilo di
incompatibilità con le disposizioni del D.M. del 10 settembre 2010 che
consentono al proponente di presentare direttamente istanza di valutazione di
impatto ambientale in luogo della verifica di assoggettabilità a VIA.
Si tratta, in sostanza, di
una disciplina, integrativa della fonte primaria, che lascia all’operatore la
facoltà di avvalersi, o meno, di tale strumento di semplificazione, senza
correlativamente recare alcuna lesione agli interessi oggetto di tutela.
La tesi dell’abrogazione
implicita, sostenuta dalla Regione, non ha pertanto alcun fondamento.
IMPORRE LA
VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ INVECE CHE LA PROCEDURA DI PAUR NON RAPPRESENTA
UNA FOMRA DI TUTELA PIÙ VINCOLANTE PER L’AMBIENTE
Va infine sottolineato che
l’obbligo di screening VIA introdotto dalla Regione Basilicata, oltre
a porsi in diretto contrasto con un principio fondamentale della materia,
contenuto nella legislazione statale tuttora vigente, non risulta nemmeno
conforme al principio di sussidiarietà declinato dall’art. 3-quinquies,
comma 2, del DLgs 152/2006 QUI.
Esso non rappresenta,
infatti, una forma sostanziale di tutela dell’ambiente più restrittiva rispetto
a quella prevista dal legislatore nazionale (come tale, esplicitamene ammessa
dal Codice) bensì soltanto una misura di carattere procedimentale.
Inoltre, le disposizioni
regionali non possono nemmeno qualificarsi come una forma di semplificazione
“ulteriore” del procedimento (ai sensi dell’art. 7 – bis, comma 8, del DLgs
152/2006), poiché, al contrario, esse comportano l’indiscriminata
obbligatorietà della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA anche
qualora quest’ultima possa in concreto comportare un aggravio procedimentale,
in particolare nei casi in cui vi sia, a giudizio del proponente, una elevata
probabilità che il procedimento medesimo si concluda con una determinazione di
assoggettamento a VIA.
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