Dopo l’incontro con gli ambientalisti di qualche giorno fa, l’Autorità di Sistema Portuale ribadisce la possibilità che una buona parte dei fanghi dei prossimi
dragaggi del porto spezzino siano sversati al largo del golfo di Spezia.
Si tratta di una scelta assolutamente discutibile sia sotto il
profilo normativo, giurisprudenziale ma soprattutto sotto il profilo delle
buone tecniche di gestione dei fanghi di dragaggio in un area sensibile come
quella del golfo di Spezia e zone esterne ad esso sedi di aree protette dalla
normativa nazionale e comunitaria.
Le questioni che continuano ad essere rimosse dai tecnici della
Autorità di Sistema Portuale sono tre:
1. l’esistenza di aree e siti protetti sotto il profilo naturalistico
nell’area vasta intorno al golfo spezzino che non è quindi fatto solo di porto
2. la questione del rischio torbidità da fanghi in sospensione a
prescindere dal fatto che questi siano inquinati.
3. gli aspetti inquietanti sul ruolo degli Enti competenti, che sono emersi dalla vicenda del dragaggio precedente finito con la nota sentenza della Cassazione primo esempio di applicazione del reato di inquinamento ambientale.
VALUTARE L’AREA VASTA IN CUI AVVERRANNO I DRAGAGGI E LA
POTENZIALE “DISTRIBUZIONE” DEI FANGHI ESCAVATI
Per sversare in mare i fanghi non è solo la normativa sul
dragaggio che va rispettata nella procedura di autorizzazione. I tecnici della
AdSP ragionano come se il porto e le sue conseguenze esistessero in una bolla
artificiale e non in un complesso ecosistema marino.
Il punto 3.2.1 dell’allegato al Decreto 173/2016 (regolamento
che disciplina i dragaggi nei porti come quello di Spezia) recita: “Le
operazioni di immersione in mare dei materiali di escavo devono avvenire
attuando un monitoraggio ambientale che ponga particolare
attenzione alle vie di eventuale dispersione verso le zone costiere o di
particolare valenza ambientale”.
Quindi intanto il termine “distribuzione” dei fanghi di dragaggio
se lo sono inventati in Autorità di Sistema Portuale perché la legge parla di
immersione, insomma della serie i fanghi non sono “distribuiti” ma immessi in
mare termine più vicino a sversati che a distribuiti o no? Il fatto che
siano sversati con una tubazione al largo del golfo, come propone l’Autorità di
sistema portuale non esclude quindi la dispersione dei fanghi anche in zone a
valenza ambientale.
Comunque al di là delle questioni terminologiche (che comunque in
una normativa tecnica sono importanti) la norma sopra riportata chiarisce che
l’autorizzazione alla attività di dragaggio e poi di immersione deve essere
autorizzata valutando l’area vasta che sta intorno sia alle zone di dragaggio
che a quelle dove verrà realizzata la immersione dei fanghi di dragaggio.
Nel caso del golfo di Spezia sussiste la presenza sia di aree
protette che di siti Habitat a cominciare il Parco naturale regionale
di Portovenere ed essere inserita come Zona Speciale di Conservazione
IT1345104 “ISOLA PALMARIA” nell’ambito della rete Natura 2000.
E’ indiscutibile che questo aspetto debba essere considerato nella istruttoria
della autorizzazione. Il fatto che sia il punto di escavo che quello di
possibile immersione possa non rientrare nella perimetrazione di detti siti
protetti non è sufficiente considerato che secondo la Corte di
Giustizia (sentenza 7 novembre 2018 causa C461-17 (QUI) la normativa sui siti habitat: “sottopone
al meccanismo di tutela ambientale ivi previsto qualsiasi piano o progetto non
direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere
incidenze significative su tale sito”. Non solo ma le stesse Linee
guida UE sulla valutazione di incidenza affermano che: “Relativamente
al campo di applicazione geografico, le disposizioni dell’articolo 6 paragrafo
3 della Direttiva 92/42/CEE non sono limitate a piano e progetti concernenti
esclusivamente un sito protetto e prendono anche in considerazione sviluppi al
di fuori del sito ma che possono avere incidenze significative su esso.”.
Da quanto sopra esposto risulta che nel caso in oggetto e tenuto
conto di una lettura integrata del comma 8 articolo 4 (Decreto 173/2016)
con la giurisprudenza europea sopra riportata, nella istruttoria per il
rilascio della autorizzazione all’escavo e immersione occorra coinvolgere
il gestore dell’ente Parco nonché del sito habitat contermine alla zona di
cantiere.
Detto comma 8 articolo 4 recita: "8. L'autorizzazione
all'immersione deliberata in mare, in zone ricadenti in aree protette nazionali
di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, è
rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, previo nulla osta dell'ente parco o dell'ente gestore dell'area marina
protetta, nel rispetto delle specifiche misure di salvaguardia, per i soli
materiali di escavo che, in base alle risultanze della caratterizzazione,
risultino compatibili con la classe di gestione A di cui all'allegato del
presente decreto.”.
Non solo ma la sentenza della Corte di Giustizia cita l’articolo 6
della Direttiva Habitat 92/43/CEE che al comma 3 richiede una valutazione di
incidenza per gli interventi che possano in qualche modo danneggiare il sito
protetto, interventi come abbiamo visto anche (in termini areali) esterni al
perimetro del sito Habitat.
Peraltro la stessa Cassazione con sentenza Sez. III n. 45844
del 12 novembre 2019 (testo sentenza QUI, per un commento QUI) ha avuto modo di precisare che dragare in area
portuale non è un semplice spostamento di sedimenti ma richiede invece una
istruttoria complessa come indicato dagli articolo 3 e seguenti del Decreto
n°173/2016 .
IL RISCHIO TORBIDITÀ DEI FANGHI DI DRAGAGGIO IN
SOSPENSIONE
Nel dragaggio precedente, finito con una sentenza della Cassazione
che confermava il danno al golfo per la dispersione dei fanghi di dragaggio, la
tecnica usata provocò un danno enorme al golfo e alle attività di miticoltura e
itticoltura ivi esistenti anche per le violazioni delle prescrizioni e i
mancati controlli ma pure per non adeguatezza del progetto approvato. Vogliamo
rischiare di nuovo tutto questo?
L’allegato al Decreto 173/2016 non fa
una scelta precisa sulla tecnica di dragaggio ma afferma un principio
importante la cui violazione nei dragaggi precedenti ha prodotto il danno al
golfo riconosciuto anche dalla Cassazione ma perfino dalla sentenza del
Tribunale che ha mandato assolti i responsabili del cantiere di dragaggio
precedente (QUI).
Il punto 3.2. dell’allegato al Decreto 173/2016 afferma:
“l'attività di escavo, trasporto e immersione, qualsiasi modalità venga
scelta (dragaggio meccanico o idraulico) e seguendo il principio di
gradualità a seconda della classe di qualità e del potenziale
trasferimento della contaminazione alla colonna d'acqua e al biota, devono
essere programmate in dettaglio e monitorate, ponendo particolare attenzione
alle vie/aree di eventuale dispersione del materiale verso zone di valenza ambientale.“
La parola d’ordine nel caso di attività di dragaggio e sversamento
in mare è GRADUALITÀ.
L’AdSP e i suoi tecnici hanno un riferimento a cui attingere ed è
il dimenticato ma sempre efficace (anche in termini giuridico amministrativi)
Progetto Preliminare di Bonifica del golfo spezzino all’interno del sito di
bonifica di Pitelli (sito declassificato a regionale ma sempre perimetrato come
sito da bonificare soprattutto l’area a mare e non solo).
Il Progetto Preliminare di bonifica della parte a
mare del sito di Pitelli, progetto predisposto dall’ICRAM (vedi QUI) costituisce tutt’ora atto prescrittivo
preliminare vincolante per qualsiasi intervento di dragaggio bonifica nel golfo
spezzino. Da pagina 127 in poi il Progetto analizzava varie tecniche di
dragaggio. Quindi anche alla luce della evoluzione tecnologica di questi anni
(il suddetto Progetto Preliminare è del 2005) era ed è necessario che in modo
trasparente e sulla base della caratterizzazione del sito da dragare si mettano
a confronto le migliori tecniche e si renda pubblica questa istruttoria.
Soprattutto il progetto preliminare indicava come prioritaria la scelta di
tecniche che eliminassero quasi del tutto la possibile dispersione nella
colonna d’acqua del punto di dragaggio solidi in sospensione evitando altresì
fenomeni di torbidità. Questo dimostra che oltre agli inquinanti anche
la semplice torbidità o concentrazioni di fanghi possono danneggiare
l’ecosistema marino e le attività ittiche e di mitilicoltura esistenti!
Afferma in modo chiarissimo il Progetto Preliminare a pagina
127: “Nel caso particolare dell’area marina perimetrata come sito di
bonifica di interesse nazionale di Pitelli, in considerazione dell’elevata
contaminazione riscontrata nei sedimenti e della presenza di obiettivi
sensibili ai potenziali effetti delle attività di dragaggio (impianti di
mitilicoltura all’interno della diga foranea ed in località Porto Venere,
praterie di Posidonia oceanica in località Porto Venere, etc.), nella breve
descrizione riportata nel seguito delle tipologie di draghe ambientali utilizzabili, sarà
data priorità all’analisi della produzione di torbidità e dell’aumento dei
solidi in sospensione.”
LA RIMOSSA SENTENZA DELLA CASSAZIONE SUI DANNI DA
DRAGAGGIO PRODOTTI AL GOLFO SPEZZINO E ALLA ATTIVITÀ ITTICHE PRESENTI
La sentenza (sentenza n.46170 del 3 novembre 2016) riguardava
la dispersione anomala dei fanghi di dragaggio dal cantiere per violazione
delle prescrizioni ma soprattutto perché chi doveva controllare non lo fece con
la adeguata attenzione e soprattutto dopo le prime dispersione non blocco il
cantiere.
Quindi la fattispecie è certamente diversa da quella di uno
sversamento controllato da parte della Autorità di Sistema Portuale proposto
oggi ma quella sentenza contiene affermazioni pesantissime sulla efficacia dei
controlli e della gestione del dragaggio da parte di tutte le autorità
competenti, rinvio in questo senso a questo mio post QUI
In particolare la sentenza della Cassazione afferma testualmente
che il livello di torbidità delle acque dopo il dragaggio è stato: “accertato
nonostante l'ARPAL avvisasse preventivamente dei controlli gli interessati, i
quali, opportunamente evitavano il dragaggio in previsione dei
controlli…. (il Tribunale indica le dichiarazioni di una persona informata
sui fatti)”. Una affermazione gravissima che non ha comportato neppure una
inchiesta interna alla Agenzia da parte della Regione Liguria!
Qualcuno dirà a questo punto furono tutti assolti alla fine del
processo. Si furono assolti sotto il profilo della responsabilità penale
individuale ma le motivazioni della sentenza di assoluzione hanno confermato la
violazione delle prescrizioni e il danno al golfo per il modo in cui i dragaggi
furono gestiti come ho spiegato QUI.
Diciamo la verità dietro la intenzione della Autorità di Sistema
Portuale di sversare grandi quantità di fanghi (con tubazione o meno) al largo
del golfo di Spezia mi pare ci sia una concezione che venne stigmatizzata anche
dalla sentenza della Cassazione: "Emerge, inoltre, dal ricorso, che le
modalità di esecuzione dei lavori erano conseguenza di una precisa scelta
imprenditoriale, il cui fine era quello di concludere celermente l'intervento,
abbattendo i costi ed ottenendo, così, un maggiore profitto e che detta
attività, all'atto del sequestro, si era protratta per oltre dieci mesi.".
Nessun commento:
Posta un commento