Diciamo la verità
in realtà la transizione ecologica non è mai partita del tutto affossata in
parte dalla guerra ma anche e soprattutto dalle scelte del governo Draghi (come ho spiegato all’apposita sezione del mio
blog QUI) ed ora questo nuovo Ministero della sicurezza energetica potrebbe costituire la
pietra tombale di questa sbandierata transizione ecologica magari con l’aiuto
del Ministro uscente visto che è stato nominato advisor dell’energia nel
nuovo Governo evidentemente per i suoi meriti nell’avere favorito l’utilizzo del
gas ancora prima dell’emergenza Ucraina come è noto ad esempio dalla vicenda dell’uso
degli incentivi del capacity market (QUI).
Nella politica il cambio di nomi di Ministeri non è mai un
fatto meramente formale ma di solito anticipa le future decisioni del
nuovo Governo, è avvenuto in passato anche recente e accadrà anche con il nuovo
Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica peraltro finito nelle mani
di un totale incompetente in materia, ma come dicono i tifosi lui deve
coordinare, direi meglio eseguire le decisioni prese fuori del circuito
democratico e fuori dal nostro Paese come dimostra questa inchiesta QUI!
Intanto alcune prime riflessioni che dimostrano come le modifiche del nome del
Ministero erano inutili se si voleva continuare sulla strada della Transizione
Ecologica magari migliorando gli errori fatti dal Ministero uscente.
Il nuovo nome del
Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica è chiaramente una mera mossa di
propaganda magari per mettere in secondo piano una politica energetica fondata
sulle rinnovabili rispetto al ritorno del gas e nucleare con la scusa della
emergenza Ucraina, processo in atto già con il Ministero precedente ma che ora rischia di degenerare con questo nuovo Ministero.
Sapete perché faccio questa affermazione? Perché se
il problema era la sicurezza energetica non c'era bisogno di un nuovo nome al
Ministero togliendo il riferimento alla
Transizione Ecologica visto che il DPCM 128/2021 (regolamento di
organizzazione del ormai ex Ministero transizione ecologica QUI) prevedeva specificamente all'interno della
Dipartimento Energia un'apposita Direzione generale infrastrutture e sicurezza
(IS) insieme alle altre due che si occupavano con ruoli paritari di efficienza
energetica e di incentivi all'energia.
A proposito di questa ultima direzione che fine farà il compito assegnato al
neo Comitato interministeriale per la transizione ecologica CITE
(insediato il 31 maggio 2021) ed in
particolare il Comitato Tecnico interministeriale di supporto del CITE
che deve sostituire la Commissione per la programmazione della riduzione
dei sussidi ambientalmente dannosi ex legge 160/2019 comma 98 articolo 1
(QUI) al fine di deliberare la rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi e
relativo Catalogo (la quarte versione QUI) ex articolo 68 della legge 28 dicembre 2015,
n. 221 (QUI)?
Soprattutto che fine farà il previsto (da parte del CITE) piano di uscita dai sussidi ambientalmente dannosi, in linea con il pacchetto europeo Fit-for-55 (QUI), entro la metà del 2022?
Voglio ricordare che la Corte dei Conti UE con un rapporto del 2022 (QUI) dimostra come: le sovvenzioni ai combustibili fossili sono rimaste stabili dal 2008 al 2019 compensando negativamente la quasi quadruplicazione degli incentivi alle rinnovabili. Per non parlare del recentissimo Rapporto OCSE e AIE (agenzia internazionale per l’energia) che conferma il progressivo aumento degli incentivi alle fonti fossili (QUI).
In
questo quadro sono curioso di vedere come il nuovo Ministero tutto incentrato
sulla sicurezza energetica (leggi alla voce “troviamo il gas”) rispetterà la Raccomandazione
del CONSIGLIO della UE del 12
luglio 2022 (QUI) sul programma nazionale di riforma 2022 dell'Italia
e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2022
dell'Italia, In particolare il Consiglio UE raccomanda all’Italia:
1. aumentare gli investimenti pubblici per le transizioni
verde e digitale e per la sicurezza energetica tenendo conto dell'iniziativa
REPowerEU, anche avvalendosi del dispositivo per la ripresa e la resilienza e
di altri fondi dell'Unione;
2. ridurre la dipendenza complessiva dai combustibili
fossili e diversificare le importazioni di energia; superare le strozzature per
accrescere la capacità di trasporto interno del gas, sviluppare
interconnessioni delle reti di energia elettrica, accelerare il dispiegamento
di capacità supplementari in materia di energie rinnovabili e adottare misure
per aumentare l'efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile.
In realtà il rischio che
questo nuovo Ministero costituisca la continuazione peggiorata dei limiti del
Ministero della Transizione Ecologica precedente è alto visto che come ha avuto
modo di rilevare l’Osservatorio Conti Pubblici italiani
(QUI) Il PNRR,
versione attuale, destina alla transizione ecologica 71,7 miliardi (37,5 per
cento del totale), superando di poco il minimo richiesto dall’Unione Europea
(37 per cento), il livello più basso dopo la Lettonia.
Il tutto ulteriormente
aggravato dal fatto che dopo la Deliberazione del Comitato Interministeriale
per la Transizione Ecologica del 8 marzo 2022 che ha approvato il Piano per
la Transizione Ecologica (QUI), la tappa intermedia del 2030 comporterà rivedere
gli obiettivi stabiliti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC)
solo alla fine del 2019. Questo perché l’apporto delle
fonti rinnovabili alla sola generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il
72% al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100% del mix energetico
primario complessivo, nel rispetto degli altri valori fondanti il processo di
transizione.
Insomma alla luce del quadro normativo e
programmatico sopra delineato ci voleva un vero Ministero alla Transizione
delle Fonti Rinnovabili altro che una generica e pericolosa dizione di
Sicurezza Energetica, tanto più in un Paese come l’Italia che dovrebbe avere
come principale se non unica Sicurezza Energetica quella di ridurre le importazioni di qualsiasi
fonte energetica a partire ovviamente dalle fossili.
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