Il Consiglio di Stato
con sentenza n° 4891 del 28 giugno 2021 (QUI) è
intervenuto su una controversia che vedeva da un lato i gestori di un impianto
di stoccaggio di rifiuti da amianto autorizzato e dall’altro un Comune che in
sede di stesura del nuovo Piano urbanistico ha deciso di introdurre una norma
per cui: “per gli Ambiti urbani consolidati all’interno dei quali ricade
l’impianto di stoccaggio in questione… In ogni caso, sono escluse attività non
compatibili con la funzione residenziale ed, in particolare che prevedano il
trattamento ed il deposito di prodotti inquinanti o che determinino condizioni
di rischio igienicosanitario (amianto, rifiuti e scorie di qualsiasi natura e allevamenti
di animali)”.
La sentenza nelle sue conclusioni
è interessante perché affronta un tema diffuso sul territorio di molti Comuni:
possono gli amministratori locali rivedere la destinazione urbanistica futura
di impianti esistenti che peraltro costituiscono industrie insalubri di prima classe.
Come vedremo secondo il Consiglio di Stato la risposta è <<si possono” e
di seguito vediamo come è stato motivata questa decisione.
LE TESI DEI
GESTORI DELL’IMPIANTO DI RIFIUTI
Secondo
i gestori la scelta urbanistica del Comune non sarebbe supportata da idonea motivazione,
avrebbe frustrato il legittimo affidamento maturato dalla ricorrente in merito
alla destinazione urbanistica dell’area e all’esercizio della propria attività
imprenditoriale già autorizzata ed inoltre non avrebbe neppure operato un
bilanciamento ed una valutazione che salvaguardasse la sua posizione.
Inoltre
la decisione del Comune contrasterebbe con la esistenza della autorizzazione
che ai sensi dell’articolo 208 DLgs 152/2006 costituirebbe variante automatica
alla pianificazione urbanistica di livello comunale.
LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO
Il
Consiglio di Stato nella sentenza in esame smonta totalmente le tesi dei
gestori dell’impianto affermando i seguenti principi:
L’ampia discrezionalità pianificatoria dei Comuni
Le scelte urbanistiche
degli Enti preposti al governo del territorio, sia in funzione di
programmazione, sia in funzione di pianificazione, non debbono essere corredate
da una motivazione specifica e puntuale, trattandosi di atti amministrativi
generali connotati da ampia discrezionalità.
Le aspettative di chi
ha impianti esistenti anche autorizzati devono sottostare ad un bilanciamento
degli interessi tra produzione e diritti dei residenti
Di fronte ad un nuovo
piano urbanistico con allegato regolamento edilizio le legittime aspettative
asseritamente maturate dai privati proprietari delle aree che ricadono
all’interno del piano vanno qualificate e commisurate tenendo conto della superiore
esigenza, che è di carattere generale, di raccordare le aree già insediate ed
edificate da un punto di vista strutturale, coordinando le esigenze abitative
con quelle della produzione.
Aggiunge
quindi il Consiglio di Stato che gli insediamenti già presenti sul territorio
non possono costituire di per sé stessi un ostacolo all’esplicazione di un potere
di governo che si sostanzia e che allo stesso tempo rappresenta un tratto
essenziale del ruolo che l’Ente locale riveste nella disciplina del proprio
territorio, rispetto all’intera collettività sullo stesso stanziata.
Il fatto che l’autorizzazione
dell’impianto sia in scadenza non deve facilitare il rinnovo se il Comune vuole
pianificare diversamente il territorio
La ditta ricorrente in
primo grado è titolare di un’autorizzazione all’esercizio di un impianto
prossima alla scadenza decennale, del cui rinnovo o proroga non è stata fornita
la prova in giudizio. Pertanto, l’astratta ed ipotetica prorogabilità del
titolo – peraltro dipendente, anch’essa, da una scelta puramente discrezionale
dell’Amministrazione preposta – non può costituire un limite o un ostacolo
all’esercizio del potere di programmazione del territorio.
Non solo ma, conclude il
Consiglio di Stato, il Comune, nel perseguire l’intento di ridisegnare
l’assetto residenziale del proprio territorio, ha anzi individuato il momento
forse migliore e più opportuno per sacrificare l’interesse privato a fronte
dell’interesse della collettività in generale, ovverossia il momento prossimo
alla scadenza del titolo autorizzatorio all’esercizio dell’impianto di
stoccaggio dei rifiuti.
CONCLUSIONI
La sentenza conferma come
il potere di pianificazione comunale se adeguatamente motivato, resta sovrano e
non è limitato neppure dall’articolo 208 del DLgs 152/2006 che al comma 6 prevede:
“l’autorizzazione… costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico”. Si conferma come questa norma debba essere interpretata non
come un vincolo automatico che escluderebbe ex lege il potere di pianificare
anche per il futuro il proprio territorio da parte di un Comune ma debba essere
frutto di un confronto di merito e di un bilanciamento degli interessi in campo
che vede comunque al centro la massima discrezionalità della Amministrazione
locale.
Vedi anche QUI, QUI,
QUI, QUI,
QUI.
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