Alcune
precisazioni, dopo aver letto alcuni commenti all'articolo del Secolo XIX di
ieri con le mie dichiarazioni, sono doverose.
La vertenza sullo sviluppo del porto di Spezia non è stata solo per difendere i posti barca di qualcuno, le Marine non erano solo questo, erano un pezzo storico della città l'ultimo esempio di affaccio diretto al mare di abitazioni civili e si poteva difenderle riqualificando quella parte di costa ridando un fronte mare ai quartieri est della città.
Non
è neppure vero che fu una vertenza che vedeva da una parte ambientalisti del no
CONTRO chi voleva lo “sviluppo” dell’economia cittadina.
Si
potevano tenere insieme ambiente e sviluppo e su questo presentammo un
progetto, nel 2001, che teneva insieme:
1. la riduzione drastica dell’impatto ambientale
(soprattutto per aria e rumore) dell’attività del porto nei confronti dei
quartieri est della città;
2. la
necessità di non vedere nella fascia di rispetto solo uno strumento per
risolvere i pur importanti problemi ambientali della zona est ma anche per dare
qualità urbanistica, di spazi di vita pubblici, di nuove opportunità economiche
ai quartieri della zona, troppo penalizzati in questi anni da uno sviluppo poco
pianificato delle diverse attività industriali della zona;
3. la capacità di sostenersi da solo economicamente
grazie alle nuove opportunità dettate dalla, già allora in vigore, normativa
nazionale e comunitaria in materia di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili nonché dei finanziamenti all’uso delle fonti rinnovabili quali
appunto l’energia solare attraverso la tecnica del fotovoltaico
Ma
non ci fu nulla da fare perchè doveva vincere una parte sola e dovevano,
al posto di una vera fascia di rispetto, essere realizzate le speculazioni
edilizie che fanno ora bella mostra di se lungo il viale san Bartolomeo!
Aggiungo
che da Assessore all’Ambiente nel 1999 avevo fatto sottoscrivere in un
incontro un impegno al Presidente della Autorità Portuale dell’epoca a
svolgere uno studio che metteva a confronto la situazione ambientale e sanitaria
della zona est della città con gli scenari di sviluppo del porto a cominciare
dal terzo bacino. Uno studio che sarebbe stato utile per capire quanto era
sostenibile uno sviluppo incontrollato del porto in una zona così densamente
abitata. Ma appena sottoscritto a parole quell’impegno venne cancellato il
giorno dopo da chi lo aveva sottoscritto. Come è finita è noto a tutti compreso
il fatto che il sottoscritto, completamente isolato anche dalla Amministrazione
di cui faceva parte, si dimise pochi mesi dopo per non avvallare lo scempio che
avvenne negli anni successivi.
Non
solo ma la ragione principale di quella vertenza è stata che lo sviluppo
incontrollato e non correttamente pianificato del porto di Spezia avrebbe distrutto,
come infatti è accaduto, la qualità della vita (prima di tutto in termini di
salute pubblica) a migliaia di cittadini residenti nei quartieri della zona est
della città. Tutto questo realizzato senza
neppure rispettare le prescrizioni del Ministero dell’Ambiente all’epoca della
approvazione del Piano Regolatore del Porto (2006) e violando gli impegni presi
nel Tavolo di concertazione pur approvato con un ordine del giorno del
Consiglio Regionale quasi all’unanimità.
Questo è stata la vertenza sull’ampliamento del porto di Spezia altro che la difesa di qualche privilegio privato come i soliti noti vorrebbero far credere.
Insomma ho scritto tutto ciò non per fare del sentimentalismo storico perché chi scrive, insieme con pochi altri, ha provato sul serio a costruire un rapporto diverso porto città spendendo anni dietro questo obiettivo. Penso che sia importante invece far capire che un'altra soluzione era possibile e che quindi le ragioni che ci smossero allora e in tutti questi anni sono ancora valide e possono essere, sia pure tenendo conto del nuovo contesto in cui si opera, per affrontare le questioni ancora aperte sullo sviluppo del porto sia container che passeggeri. Ne ho scritto QUI proprio per dimostrare che non si sta guardando solo al passato!
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