mercoledì 27 ottobre 2021

Nuovi dragaggi per il porto di Spezia: NO allo sversamento in mare dei materiali escavati

Ieri in Commissione del Consiglio Comunale spezzino i rappresentanti della Autorità di Sistema Portuale hanno presentato il progetto di dragaggio necessario per realizzare il Terzo Bacino del porto commerciale.

Si parla di oltre 1 milione di m3 di fanghi di dragaggio molti dei quali potrebbero essere reimmessi in mare magari al largo del nostro golfo.

Ma il versare i materiali di dragaggio è inevitabile? Non è che tutto dipende dal risparmio sui costi di smaltimento? La Normativa cosa dice? Infatti la normativa perché una delle prime cose che emerge dalle dichiarazioni pubbliche (poi magari nel progetto ci saranno anche) è l’assenza dei riferimenti normativi che permettano lo sversamento dei fanghi.

 

Non si tratta di fare il processo alle intenzioni ma la storia ha un peso e voglio ricordare che perfino la sentenza del GUP del Tribunale spezzino, con la quale è stato chiuso senza responsabili il processo per il dragaggio, ha ammesso che l’inquinamento c’è stato e per realizzarlo bastarono solo 3 sversamenti (QUI). Sappiamo bene i danni che al golfo e alle attività di mitilicoltura e ittica fecero quei “3 sversamenti”.

Per questi motivi credo che, prima ancora di analizzare la normativa, alla luce di quello che è già accaduto, alla luce della peculiarità ambientale del nostro golfo e dei tratti di mare esterni allo stesso, non sia tollerabile adombrare anche solo la possibilità di uno sversamento dei fanghi di dragaggio.

 

IL PREGRESSO INCIDE SUI DRAGAGGI FUTURI

Intanto partiamo da un presupposto non banale, se fosse in vigore la vecchia normativa, i dragaggi non potrebbero essere svolti senza una preventiva bonifica. Non solo ma grazie alla declassificazione del sito di bonifica di Pitelli da nazionale a regionale ai dragaggi nel nostro golfo si applica una normativa che rimuove la presenza di detto sito di bonifica. Perché sia chiaro lo puoi chiamare anche regionale oppure “pippo” ma sempre un sito da bonificare resta e tutt’ora molta parte del nostro golfo dentro diga bonificato non lo è. Come dire è bastata una parolina “REGIONALE” per aggirare la normativa sulle bonifiche, una vera vergogna! Non solo ma non contenti di questa porcata i nostri “legislatori” (io li chiamerei piuttosto posteggiatori) hanno introdotto l’ossimoro legislativo del “dragaggio bonifica”.

Quello in precedenza descritto è il quadro storico (peraltro recente) che ha portato ai danni al golfo del precedente dragaggio, perché è indiscutibile che al di la degli errori od omissioni di chi ha gestito quei dragaggi nel nostro golfo la normativa sempre più permissiva e confusa è stata il presupposto per favorire quegli errori sempre che errori siano stati visto che secondo la Cassazione, nel 2016, che confermò il sequestro del cantiere affermò:  "Emerge, inoltre, dal ricorso, che le modalità di esecuzione dei lavori erano conseguenza di una precisa scelta imprenditoriale, il cui fine era quello di concludere celermente l'intervento, abbattendo i costi ed ottenendo, così, un maggiore profitto e che detta attività, all'atto del sequestro, si era protratta per oltre dieci mesi.".

 

LA CILIEGINA SULLA TORTA DELL’AFFAIR DRAGAGGI IN ITALIA

D’altronde a dimostrazione di come il legislatore sui dragaggi giochi con le parole lo abbiamo potuto notare nella recentissima legge 108/2021 (QUI)  che introduce un altro ossimoro legislativo quello del piano nazionale dragaggi sostenibili. Ovviamente questa norma non fornisce alcun parametro tecniche per dimostrare detta sostenibilità ma in cambio afferma l’ennesima semplificazione pro operatori portuale: le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale! Come dire ormai pensare di applicare la Valutazione Ambientale Strategica ai piani portuali è utopia: tra varianti automatiche, adeguamenti tecnici funzionali (altra definizione magica per aggirare la VAS e la VIA) e baggianate di altro tipo.

La deregulation selvaggia nei porti continua ad avanzare compresa quella di rimozione del rischio di incidente industriale (QUI).

 

Quello sopra descritto è il quadro fattuale di questi anni e il quadro evolutivo normativo sulla materia dei dragaggi. Faccio una domanda a chi sta leggendo: con un quadro così dovremmo fidarci delle dichiarazioni e dei discorsi da audizioni sui nuovi dragaggi oppure sarà il caso di applicare in modo più restrittivo la vigente normativa che, come vedremo, pur essendo stata violentata e depotenziata lascia ancora un minimo di strumenti di tutela del nostro golfo a chi li vorrà esercitare.

 

 

LA NORMATIVA APPLICABILE AI NUOVI DRAGAGGI

Il golfo di Spezia è in gran parte perimetrato dentro un sito di bonifica (quello di Pitelli) ad oggi non ancora completamente bonificato. Grazie alle indecente declassificazione del sito di Pitelli da nazionale a regionale (lascito delle pessime giunte di sinistra che hanno governato in Comune nel passato recente) al dragaggio nel porto di Spezia si applica il Decreto 15 luglio 2016, n.173 : “Regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini.” (QUI) Questo Decreto permette di sversare in mare i fanghi di dragaggio a condizioni molto precise e rigorose ma comunque lo permette cosa che se fossimo rimasti nel sito di bonifica nazionale non sarebbe stato possibile (vedi Decreto 172/2016 QUI).

Ma al di là delle procedure da seguire per lo sversamento dei fanghi di dragaggio in mare, che ho illustrato in questo post QUIl’articolo 4 comma 8 del Decreto 173/2016 applicabile al caso spezzino chiarisce che per autorizzare lo sversamento occorre valutare l’area vasta dal punto di escavo fino quello di immersione. Nel caso del golfo di Spezia sussiste la presenza sia di aree protette che di siti Habitat a cominciare il Parco naturale regionale di Portovenere ed essere inserita come Zona Speciale di Conservazione IT1345104 “ISOLA PALMARIA” nell’ambito della rete Natura 2000, per non parlare del sito Unesco Palmaria e santuario dei cetacei. È indiscutibile che questo aspetto debba essere considerato nella istruttoria della autorizzazione. Il fatto che sia il punto di escavo che quello di possibile immersione possa non rientrare nella perimetrazione di detti siti protetti non è sufficiente considerato che secondo la Corte di Giustizia  (sentenza 7 novembre 2018  causa C461-17 QUI) la normativa sui siti habitat: “sottopone al meccanismo di tutela ambientale ivi previsto qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”. Non solo ma le stesse Linee guida UE sulla valutazione di incidenza affermano che: “Relativamente al campo di applicazione geografico, le disposizioni dell’articolo 6 paragrafo 3 della Direttiva 92/42/CEE non sono limitate a piano e progetti concernenti esclusivamente un sito protetto e prendono anche in considerazione sviluppi al di fuori del sito ma che possono avere incidenze significative su esso.”.

Da quanto sopra esposto risulta che nel caso in oggetto e tenuto conto di una lettura integrata del citato comma 8 articolo 4 nella istruttoria per il rilascio della autorizzazione all’escavo e immersione occorra coinvolgere il gestore dell’ente Parco nonché del sito habitat contermine alla zona di cantiere.  Non solo ma visto che la citata sentenza della Corte di Giustizia cita l’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE che al comma 3 richiede una valutazione di incidenza per gli interventi che possano in qualche modo danneggiare il sito protetto, interventi come abbiamo visto anche (in termini areali) esterni al perimetro del sito Habitat.

Ma c’è di più non dimentichiamo che anche se il sito di Pitelli non è più considerato SIN tutta l’area del golfo dentro diga rientra in un sito di bonifica regionale inserito nella anagrafe dei siti di bonifica della Regione Liguria.

Ora il fatto che un SIN sia declassificato a SIR non significa che non debba essere bonificato e non significa quindi che interventi all’interno del perimetro del SIR richiedano non solo una istruttoria specifica a questi ma anche il rispetto delle procedure e dei parametri della normativa sulle bonifiche.

 

Ci sono quindi tutti i presupposti di legge per impedire che i fanghi di dragaggio vengano sversati al largo del nostro golfo.

Quindi nessun pregiudizio ma necessità di applicare nel modo più rigoroso possibile la normativa tenendo conto della specificità ambientale del sito nel quale i dragaggi dovranno essere svolti.

 

 

 

 

 

 

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