La Corte di Giustizia
(sentenza 28 febbraio 2018 causa C117-017 vedi QUI) e il TAR Toscana
(sentenza n. 156 pubblicata lo scorso 30
gennaio 2018 vedi QUI) ritornano sulla Valutazione di Impatto Ambientale
ex post affermando principi generali (al di la del caso
concreto giudicato) che confermano i caratteri di fondo della VIA postuma, val
a dire la applicazione della VIA successivamente alla realizzazione di un
impianto e/o progetto che non ha avuto la VIA quando è stato autorizzato
inizialmente.
Sulla VIA ex post si era
già pronunciata sia la giurisprudenza comunitaria nonché la Corte
Costituzionale vedi QUI. Ora arrivano due nuove sentenze che confermano ormai un indirizzo giurisprudenziale univoco della giurisprudenza comunitaria e nazionale.
LA CORTE DI GIUSTIZIA, nella nuova sentenza del 28 febbraio 2018, partendo
dal caso di un impianto a biomasse ha ribadito i seguenti principi fondanti di
una corretta applicazione della VIA ex post che non violi il diritto
comunitario ed in particolare la Direttiva 2011/92, se l’impianto o
progetto non hanno avuto la VIA al momento della loro prima autorizzazione ed
invece avrebbero dovuto averla. Vediamo i principi:
1. “in caso di omissione di una VIA prescritta dal diritto dell’Unione, gli
Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di detta
omissione”
2. non osta a che tale
impianto/progetto formi oggetto, dopo la sua realizzazione … “, di una nuova procedura di valutazione
da parte delle autorità competenti al fine di verificare la conformità ai
requisiti di tale direttiva e, eventualmente, di sottoporlo a VIA, purché le
norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non forniscano agli
interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di
esimersi dall’applicarle.”
3. “Occorre altresì
tenere conto dell’impatto ambientale intervenuto a partire dalla realizzazione
del progetto.
4. “Le autorità nazionali chiamate a pronunciarsi in tale contesto devono
altresì tenere conto dell’impatto ambientale generato dall’impianto a partire
dalla realizzazione dei lavori”.
La ratio di
questi principi è quella di evitare
che la VIA venga evasa ulteriormente magari in sede di nuove autorizzazioni e
che una volta applicata la VIA ex post (fino ad allora la mancante) questa
rispetti le finalità della Direttiva comunitaria sula VIA secondo la quale:
1.
La VIA deve valutare preventivamente
l’impatto ambientale di un progetto
2.
Per valutare l’impatto ambientale del progetto occorre considerare tutti i
criteri per misurare tale impatto a cominciare da quello della localizzazione.
In sostanza la VIA applicata
postuma non può limitarsi a valutare le modifiche intervenute in un progetto ma
l’impatto dell’intero progetto fin da quando venne realizzato.
Solo così si
colma si sana la violazione della mancata VIA iniziale.
Solo così si
capisce se l’impianto e il progetto sono stati collocati in un sito adeguato e
sostenibile ambientalmente e sotto il profilo sanitario.
Solo così si
possono prevedere a conclusione della VIA ex post, condotta secondo i suddetti
principi, le prescrizioni da applicare all’impianto e al progetto che lo
rendano compatibile con il sito oppure che ne avviino la dismissione.
IL TAR TOSCANA nella sua sentenza partendo da un caso di mancata di
Valutazione di Incidenza (VINCA) ad un progetto edilizio che impattava su un
area tutelata dalla normativa UE sulla biodiversità (SIC) riafferma i principi della VIA ex post
parificando la VINCA ex post con la VIA ex post.
Interessante è l’ulteriore
precisazione che porta la sentenza del TAR. Dove si afferma che se la VIA o
VINCA ex post dimostrino un rilevante impatto ambientale dell’impianto/progetto
si può arrivare anche ad annullare in sede di autotutela la autorizzazione allo
stesso. Aggiunge il TAR che questo può avvenire solo se si dimostra l’esistenza
di un superiore interesse pubblico (ambientale sanitario) a quello
imprenditoriale nel caso specifico. Questo può avvenire (come è avvenuto nel
caso trattato dalla sentenza del TAR Toscana qui esaminata) solo svolgendo una
corretta e completa istruttoria di VIA/VINCA ex post secondo i principi sopra
esaminati.
Ora per fare degli esempi:
possiamo dire che questi
principi siano stati applicati all’impianto della Italiana coke di Cairo Montenotte (SV)? (vedi QUI);
possiamo dire che questi
principi siano stati applicati all’impianto CostaMauro di Albiano
Magra in provincia di Massa
Carrara? (vedi QUI)
possiamo dire che questi
principi siano stati applicati all’impianto LaminaM di
BorgoValdiTaro in provincia di Parma (vedi QUI);
possiamo dire che questi
principi siano stati applicati alla discarica ex cava Fornace
in provincia di Massa Carrara? (vedi QUI);
possiamo dire che questi
principi siano stati applicati nel caso dell’impianto rifiuti in località
Volpara Genova? (vedi QUI).
LA RISPOSTA A QUESTE DOMANDE E' NO!
Tutti i suddetti impianti
hanno avuto una VIA molto in ritardo rispetto agli obblighi di legge e in
nessun caso, anche quando la VIA è stata avviata, sono stati applicati i
principi della VIA ex post,
addirittura nel caso della
Italiana Coke gli uffici competenti della Regione Liguria avevano deciso alla
fine del 2016 di applicare i principi della VIA ex post per poi grazie ad una
decisione della Giunta mai formalizzata
in un atto di non rispettare quanto venne scritto in quella Determina
Dirigenziale del 13/10/2016.
DUE DOMANDE
La prima perché le autorità competenti di ben tre Regioni
(Emilia Romagna,Liguria, Toscana) non vogliono applicare i principi della VIA
ex post ormai recepiti dalla stessa giurisprudenza amministrativa nazionale di
primo grado come visto sopra?
La seconda perché quando c’è stato contenzioso come nel caso
dell’impianto CostaMauro anche gli opponenti all’impianto non hanno utilizzato
nei loro atti processuali i vizi della mancata applicazione della VIA ex post
per non parlare dell’AIA?
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