Il Consiglio di Stato
con sentenza n° 2279 del 6 marzo 2023 (QUI) ha annullato la sentenza di primo grado che a sua
volta aveva annullato il Provvedimento autorizzativo unico regionale (PAUR) che
autorizzava nuovi impianti di sci.
La sentenza del Consiglio
di Stato motiva l’annullamento della sentenza del TAR, in sintesi, per due
motivi:
1.non ha dimostrato nel merito i motivi per cui il PAUR non ha esaminato
adeguatamente gli impatti prodotto dal progetto in relazione in particolare a
specie tutelate dalla direttiva Habitat sulla biodiversità
2. non ha effettuato un
adeguato contemperamento del bilanciamento degli interessi tra tutela
dell’ambiente e della economia secondo la nostra Costituzione.
La sentenza come vedremo
quindi afferma due indirizzi preoccupanti soprattutto per le associazioni
ambientaliste che ritengano di dovere impugnare atti che non hanno
adeguatamente valutato e quindi autorizzato gli impatti di un dato progetto:
IL PRIMO è che non basta più dimostrare che non si sono
considerati correttamente i parametri di legge per valutare detti impatti, ma
occorre entrare nel merito dimostrando il potenziale danno ambientale e alla
salute pubblica prodotto dalla non adeguata applicazione di detti parametri.
IL SECONDO ancora più grave è che la sentenza rimuove
completamente la recente riforma della costituzione che ha introdotto l’ambiente
nella nostra Costituzione.
SUL PRIMO
INDIRIZZO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Afferma il Consiglio di
Stato:
Il gestore della riserva
naturale orientata, dopo aver richiesto di partecipare alla conferenza di
servizi per offrire il suo contributo avendo esaminato gli Studi di impatto
ambientale, non avrebbe dovuto limitarsi a dire che non erano stati esaminati i
possibili effetti anche indiretti, ma avrebbe dovuto indicare quale parte degli
studi era carente ed in che direzione si sarebbero dovuti muovere gli
approfondimenti salvo fornire il supporto tecnico scientifico anche con
riferimento alle banche dati.
La sentenza impugnata ha
affermato che la legge attribuisce all’ente gestore “ una funzione
consultiva di natura tecnica non derogabile, né surrogabile”, ma nel momento in
cui questa funzione avrebbe dovuto riempirsi di contenuto, l’ente si è limitato
a richiedere un approfondimento del parere di incidenza ambientale. Nella nota
in data 11 dicembre 2019 Il Raggruppamento aveva elencato le specie protette
esistenti all’interno della riserva che giustificavano la partecipazione al
procedimento, ma nella successiva nota del 12 dicembre 2019 non veniva svolta
alcuna considerazione sui possibili effetti negativi su tali specie, di cui gli
studi di impatto ambientale non avevano tenuto conto, e che soli giustificavano
la richiesta di un approfondimento.
In conclusione, il vizio
procedimentale rilevato dalla sentenza del T.a.r. non sussiste.
SUL SECONDO
INDIRIZZO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Afferma il Consiglio di
Stato:
Laddove si
parta dal presupposto che qualsiasi attività che presenti controindicazioni
rispetto alla significativa permanenza della vipera oggetto di tutela debba
essere vietata, sarebbe necessario vietare anche il pascolo di animali indicato
nello studio come fonte di pericolo, la presenza di escursionisti.
E’,
invece, necessario contemperare le esigenze di carattere ambientali con altri
interessi parimenti meritevoli di tutela tenendo conto nel caso in esame che il
Piano Paesistico Regionale, la cui concreta articolazione è il PST Bacini
Sciistici, ha previsto la realizzazione di nuove piste.
La
Corte Costituzionale con la sentenza 85 del 2013 ha affermato che tutti
i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di
integrazione reciproca e non è possibile individuare uno di essi che abbia la
prevalenza assoluta sugli altri, e premesso altresì che la tutela deve essere
sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in
potenziale conflitto tra loro, giacché se così non fosse, si verificherebbe
l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno"
nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute
e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità
della persona.
Nella
vicenda esaminata in quella sentenza il bene di rilievo costituzionale da
contemperare con la tutela dell’ambiente era il diritto all’esercizio di
un’attività di impresa cui era connesso il diritto al lavoro dei dipendenti.
Il
caso in esame presenta lo stesso apparente contrasto tra le esigenze di
sviluppo economico di una comunità e il rischio di compromettere l’ambiente che
va ridotto al minimo, ma che non può diventare un ostacolo insormontabile salvo
che l’intervento da autorizzare presenti delle caratteristiche assolutamente
incompatibili con la tutela ambientale.
COSA
NON TORNA NELLA SENTENZA
In
questa sentenza del Consiglio di Stato pur pubblicata lo scorso 6 marzo si
assiste ad una curiosa rimozione della nuova versione degli articoli 9 e 41
della Costituzione
All’articolo 41 della Costituzione la legge n° 1 del 11 febbraio 2022 ha introdotto una modifica rilevante per cui la iniziativa economica privata pur restando libera non deve arrecare danno, non solo alla utilità sociale ma anche a salute e ambiente
Inoltre al secondo comma
della articolo 41 della Costituzione, la legge del 2022 ha previsto che la
legge ordinaria determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali ma anche ambientali.
L’articolo 41 da quindi
sostanza applicativa (da eseguirsi appunto con la legge ordinaria ma anche
dalla amministrazione attiva) al nuovo dettato dell’articolo 9 della
Costituzione (come modificato sempre dalla legge 1/2022) elevando al rango
costituzionale princìpi già previsti dalle 12 norme ordinarie e affiancando altresì la salute all’ambiente
per la stretta correlazione tra i due aspetti.
La
giurisprudenza costituzionale precedente a questa riforma afferma che la qualificazione come “primari” dei
valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non
possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente
tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine
gerarchico assoluto. La giurisprudenza costituzionale, nel quadro delle norme
costituzionali vigenti, evidenziava quindi un 'punto di equilibrio', dinamico e
non prefissato in anticipo, che deve essere valutato – dal legislatore nella
statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo –
secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire
un sacrificio del loro nucleo essenziale.
Con la riforma ultima sopra riportata si può sostenere: “a proposito dell’art. 41, la lettura complessiva delle modifiche apportate alla Costituzione porta a ritenere che esse, in sostanza, hanno anche introdotto il cd. principio dello “sviluppo sostenibile”, oggi tanto di moda (pare che ormai sia tutto “sostenibile”), chiarendo opportunamente che, poiché l’attività economica deve essere indirizzata e coordinata dalla legge “a fini sociali e ambientali” (e cioè, ex art. 9 novellato, tenendo conto anche dell’interesse delle future generazioni), la “sostenibilità” deve essere valutata e perseguita con riferimento alla tutela dell’ambiente e della collettività nel suo complesso e con un occhio al futuro, e non, come spesso si intende, alle esigenze dell’economia e del profitto immediato” (L’inserimento dell’ambiente in Costituzione non è né inutile né pericoloso di Gianfranco AMENDOLA pubblicato su giustiziainsieme,it. ).
Indiscutibile che la sentenza del Consiglio di
Stato mantenga ancora una vecchia concezione “paritaria” del confronto
tra i diversi interessi costituzionali mentre il nuovo articolo 41 va
sicuramente in una direzione che vede l’ambiente e la sua tutela come il
paradigma del futuro sviluppo sociale ed economico. D’altronde se così non
fosse e al di là delle interpretazioni giurisprudenziali non si
comprenderebbero i nuovi indirizzi normativi della stessa UE sulla transizione
ecologica come obiettivo prioritario rispetto al vecchio modo di produrre
consumare usare il territorio e i beni naturali.
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