lunedì 14 febbraio 2022

Corte Costituzionale sui principi per definire le aree regionali non indonee alla installazione impianti geotermia

La Corte Costituzionale è intervenuta per giudicare la costituzionalità di una norma regionale che prevede l'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana effettuata mediante la delibera del Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41 (Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana. La adozione, ai sensi dell'articolo 19 della legge regionale 65/2014 QUI, è immediatamente efficace e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

foto (onte il Tirreno

 

La Corte con sentenza n° 11 del 20 gennaio 2022 (QUI) ha dichiarato la costituzionalità di detta norma regionale.

La Corte nel motivare la decisione è partita dal paragrafo 17 delle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con Decreto Ministro Sviluppo Economico. Il paragrafo 17 prevede che la Regione è chiamata a compiere «un'apposita istruttoria, avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale (paragrafo 17.1)». All'esito di tale istruttoria, la Regione indica, nell'atto di pianificazione, la non idoneità di ciascuna area in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, motivando le riscontrate incompatibilità con riferimento agli obiettivi di protezione perseguiti. Le aree individuate come non idonee sono destinate a confluire nell'atto di pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome «conciliano le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e del necessario rispetto della quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing) (paragrafo 17.2)» (così, da ultimo, sentenza n. 177 del 2021 - QUI).

In particolare nella citata sentenza n° 177 del 2021 si afferma che l'atto di pianificazione della Regione, nell'individuare le aree non idonee, non comporta un divieto assoluto, bensì - come si evince sempre dalle linee guida - vale a segnalare "una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione" e, dunque, ha la funzione di "accelerare" la procedura (paragrafo 17.1)» (sentenza n. 177 del 2021). Di conseguenza, quella di non idoneità costituisce solo una «valutazione di "primo livello"», che impone poi di verificare, in sede di autorizzazione, «se l'impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull'area, possa essere realizzabile»

 

Alla luce di quanto sopra riportato la Corte Costituzionale nella nuova sentenza afferma che la Regione Toscana ha agito secondo le indicazioni provenienti dalle linee guida nazionali. L'individuazione delle aree non idonee è stata preceduta da un'apposita istruttoria che ha condotto alle valutazioni finali, confluite nell'apposito elaborato allegato all'atto di adozione consiliare, rapportate alla tipologia, alle dimensioni e alla potenza degli impianti. Le conseguenti segnalazioni di non idoneità, conformemente alle linee guida nazionali, costituiranno - una volta intervenuta l'approvazione della modifica di piano - una valutazione di "primo livello", tale da non pregiudicare definitivamente la localizzazione degli impianti geotermici, ma atta solo a orientare i futuri progetti di installazione che dovranno essere assentiti all'esito della procedura di autorizzazione unica, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003.

Quindi conclude la Corte Costituzionale la disposizione regionale impugnata costituisce una norma di salvaguardia ambientale, volta a regolare il periodo che va dall'adozione della modifica del PAER alla sua approvazione. In tale contesto, la finalità perseguita dal legislatore regionale è quella di evitare che la non ancora intervenuta conclusione del procedimento amministrativo concernente l'individuazione delle aree «non idonee» possa consentire ai proprietari dei luoghi interessati di realizzare nuove installazioni di impianti, in tal modo eludendo, nelle more della conclusione del procedimento di approvazione, la stessa individuazione di quelle aree in via amministrativa. Quella impugnata assume, quindi, i contorni di una norma transitoria con finalità cautelare: essa punta esclusivamente a preservare le aree in questione, impedendo - secondo le finalità proprie delle misure di salvaguardia, come enucleate dalla giurisprudenza di questa Corte - «quei cambiamenti degli assetti urbanistici ed edilizi, che potrebbero contrastare con le nuove previsioni pianificatorie, in pendenza della loro approvazione» (sentenza n. 102 del 2013 QUI; analogamente, anche sentenze n. 84 del 2017 QUI, n. 232 del 2009 QUI, n. 379 del 1994 QUI, n. 617 del 1987 QUI e n. 83 del 1982 QUI). 

Risulta smentito l'assunto del ricorrente secondo cui la disposizione impugnata inciderebbe sui procedimenti amministrativi ancora in corso (modifica al PAER e VAS), pregiudicandone l'esito. Al contrario, come appena visto, essa tende a preservarne lo svolgimento e la conclusione, cristallizzando la situazione di fatto esistente ed evitando temporaneamente il rilascio di nuove autorizzazioni con riferimento alle aree che, al momento, sono state selezionate come «non idonee» ad ospitare quegli impianti. Nel frattempo, il procedimento di modifica del piano potrà proseguire con le modalità ordinarie, senza subire alcun condizionamento da parte della disposizione in questione, la quale, come già anticipato, è destinata ad esaurire la propria efficacia al momento dell'approvazione della modifica di piano.


 



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