martedì 16 aprile 2024

Il Tribunale UE conferma la decisione della Commissione UE su applicazione imposta società alle Autorità Portuali

Si tratta della
Decisione UE 2021/1757 (QUI) del 4 dicembre 2020 della Commissione (pubblicata nella GUCE dello scorso 6 ottobre) che è intervenuta sul diritto dell’Italia ad esentare dalla imposta sulle società le Autorità di Sistema Portuale (AdSP). Contro questa Decisione, come vedremo nell’ultima parte di questo post, le AdSP hanno fatto ricorso al Tribunale UE e a sua volta la Commissione ha depositato il suo controricorso.

La Decisione per arrivare a concludere sulle responsabilità dell’Italia analizza preventivamente la natura di impresa o meno delle AdSP.

Vediamo di seguito come la Commissione UE ha interpretato la norma italiana ma anche il ruolo della Autorità di Sistema Portuale confusa tra natura di ente pubblico e soggetto che svolge attività economica imprenditoriale. Successivamente descriverò in sintesi il controricorso della Commissione UE al ricorso delle AdSP italiane depositato al Tribunale UE.
Il Tribunale UE con sentenza del 20 dicembre 2023 (QUI) ha respinto in gran parte il ricorso di Assoporti confermando che i canoni concessori costituscono reddito da attività economica e quindi sottoponibili alla imposta di società Significativi questi passaggi della sentenza del Tribunale UE: “la Commissione ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che i canoni di concessione e i canoni portuali (cioè le tasse portuali, ndr) costituivano il corrispettivo per attività di natura economica svolte dalle Adsp”. Inoltre per i giudici “esiste una concorrenza tra alcuni porti italiani e alcuni porti di altri Stati membri, atteso che gli operatori di servizi portuali possono utilizzare diversi porti per raggiungere il medesimo entroterra”, e “diversi porti sono in concorrenza per attirare concessionari che possono gestire le loro aree demaniali, atteso che potenziali concessionari possono cercare di offrire servizi portuali anche in altri porti”, sicché il regime fiscale agevolato delle Adsp ha effetti distorsivi: “L’esistenza di detta concorrenza potenziale è sufficiente per concludere che l’esenzione dall’Ires può falsare la concorrenza e incidere sugli scambi tra Stati membri”. Unica concessione a favore delle Autorità di sistema portuale è stato il riconoscimento che le autorizzazioni alle operazioni portuali non possono essere considerate servizio per il mercato. 
Di seguito una descrizione della Decisione della Commissione UE ora confermata dalla sentenza del Tribunale UE.



PREMESSA: ESISTENZA DI UN AIUTO DI STATO AI SENSI DELL'ARTICOLO 107, PARAGRAFO 1, DEL TRATTATO

Ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato di funzionamento della UE, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.






LE AdSP SONO IMPRESE

Nozione di impresa e AdSP

La Commissione ritiene che la classificazione delle AdSP come enti pubblici non economici ai sensi della legislazione italiana non sia sufficiente per concludere che non sono imprese. Per stabilire se le attività svolte dalle AdSP sono quelle di un'impresa ai sensi del trattato, è necessario verificare la natura di tali attività

Sulla base della descrizione delle attività delle AdSP (cfr. sezioni da 2.1.2 a 2.1.5), la Commissione ritiene che la concessione dell'accesso ai porti dietro remunerazione (tasse di ancoraggio e tasse sulle merci sbarcate e imbarcate), la concessione di autorizzazioni per le operazioni portuali dietro remunerazione e l'aggiudicazione delle concessioni dietro remunerazione costituiscono attività economiche. La Commissione ritiene pertanto che esse svolgano sia attività non economiche che attività economiche

La Commissione non contesta che alle AdSP possa essere delegato l'esercizio di taluni compiti di competenza delle autorità pubbliche di natura non economica (quali il controllo e la sicurezza del traffico marittimo o la sorveglianza antinquinamento, effettuati singolarmente o in collaborazione con altri organismi pubblici quali l'Autorità marittima) (48). Nello svolgimento di tali attività, esse non sono imprese ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato

Tuttavia, il fatto che, nell'esercizio di una parte delle loro attività, le AdSP esercitino poteri di pubblica autorità non impedisce, di per sé, che esse possano essere considerate come imprese. Le AdSP svolgono anche attività economiche. Esse forniscono un servizio generale agli utenti dei porti (armatori e operatori delle navi), consentendo l'accesso delle navi all'infrastruttura portuale in cambio di un corrispettivo che prende generalmente il nome di «canoni portuali» (vale a dire le tasse sulle merci sbarcate e imbarcate e le tasse di ancoraggio). Offrendo autorizzazioni e concessioni a fronte di una remunerazione, i porti mettono alcuni terreni o infrastrutture a disposizione delle imprese, che utilizzano questi spazi per le proprie necessità o per fornire agli armatori e agli operatori delle navi servizi particolari.

Un'AdSP sarà pertanto considerata un'impresa se e nella misura in cui svolge effettivamente una o più attività economiche (54). Le AdSP concedono l'accesso all'infrastruttura portuale agli armatori e agli operatori delle navi in cambio di un corrispettivo (vale a dire le tasse sulle merci sbarcate e imbarcate e le tasse di ancoraggio). Esse concedono autorizzazioni per le operazioni portuali a pagamento (canoni di autorizzazione) e danno in locazione il demanio pubblico dietro remunerazione (canoni di concessione). Queste attività sono considerate attività economiche. La Commissione conclude pertanto che le AdSP si configurano come imprese in relazione alle attività economiche che svolgono.

 



L'assenza di uno scopo di lucro non è sufficiente per escludere la qualifica di impresa

La Commissione osserva che né l'Italia né le parti interessate sostengono che le tariffe applicate da AdSP siano puramente simboliche o non correlate al costo dei servizi forniti. La Commissione osserva inoltre che i canoni portuali (ossia le tasse sulle merci sbarcate e imbarcate e le tasse di ancoraggio) e i canoni di autorizzazione e di concessione sono le principali fonti di entrata delle AdSP. Secondo una relazione del ministero italiano delle Infrastrutture e dei trasporti, nel 2017 i canoni portuali (tasse sulle merci sbarcate e imbarcate e tasse di ancoraggio) e i canoni di concessione hanno rappresentato rispettivamente il 53,2 % e il 27,1 % delle entrate delle AdSP.


La determinazione dei canoni per legge non esclude l'esistenza di un'attività economica

La Commissione ritiene pertanto che argomentare che i canoni di concessione sono stabiliti per legge non sia sufficiente per concludere che le AdSP non svolgono attività economiche. La Commissione osserva inoltre che la legge fissa solo tariffe minime per le concessioni, lasciando alle AdSP un margine di manovra per incidere sui canoni in linea con le loro strategie commerciali. In ogni caso, anche se fosse vero che i canoni di concessione sono interamente stabiliti per legge, sarebbe irrilevante, in quanto le AdSP mettono a disposizione infrastrutture o terreni dietro corrispettivo, il che è considerata un'attività economica.

La Commissione conclude che l'assegnazione di concessioni dietro remunerazione dovrebbe essere qualificata come attività economica.

 

I canoni di concessione sono fissati su base economica e non solo ex lege

La Commissione osserva che la fissazione dei canoni per legge non esclude che questi siano fissati almeno in parte sulla base di una logica economica. Nel caso in esame, prima che i canoni per le concessioni e le autorizzazioni per le operazioni portuali siano fissati a livello nazionale, vengono consultati numerosi soggetti pubblici e privati (autorità nazionali e regionali, AdSP e altri enti pubblici, imprese che forniscono servizi e operazioni portuali, sindacati). Lo stesso vale per i canoni portuali (tasse per le merci imbarcate e sbarcate e tasse di ancoraggio).

Inoltre, nel caso delle concessioni, solo una parte del canone (canone minimo) è fissata a livello nazionale, e corrisponde alla componente fissa del canone di concessione. La componente variabile consente alle AdSP di perseguire le loro strategie aziendali in funzione delle specifiche circostanze di mercato. La componente fissa è generalmente proporzionale alla superficie delle zone interessate dalla concessione e tiene conto di diversi altri parametri (ubicazione e livello delle infrastrutture delle zone interessate). La componente variabile comprende meccanismi di incentivazione economica volti a conseguire una maggiore produttività, migliori prestazioni energetiche e ambientali e il miglioramento dei livelli dei servizi, in particolare per quanto riguarda il trasporto e l'integrazione intermodale dei porti.

La Commissione conclude pertanto che il fatto che la componente variabile dei canoni di concessione potrebbe ridurre il gettito complessivo dei canoni di concessione quando i concessionari raggiungono gli obiettivi economici del contratto di concessione non sia sufficiente per escludere che le AdSP svolgono attività economiche. La Commissione ritiene inoltre che il fatto che le entrate provenienti dai canoni di concessione possano finanziare anche talune attività non economiche non tolga nulla al fatto che i canoni siano riscossi in cambio di un servizio quale la messa a disposizione dell'infrastruttura portuale.

 

I canoni non sono tasse

Secondo la Commissione i canoni riscossi dalle AdSP costituiscono remunerazioni versate dagli utenti in cambio della fornitura di servizi specifici. Come già osservato dal Tribunale nel caso dei porti spagnoli (QUI), in cui i porti hanno sostenuto l'argomentazione secondo cui i canoni portuali corrisponderebbero a tasse, i canoni portuali sono equiparabili ai canoni riscossi per l'utilizzo dell'infrastruttura portuale.


Le attività economiche delle AdSP non sono attività ausiliarie

Secondo la Commissione le attività economiche della AdSP anche se secondarie rispetto alle altre non escludono che la stessa svolga attività di impresa (QUI).


Il monopolio legale non è sufficiente per considerare le attività delle adsp come attività non economiche

La Commissione osserva che un'entità che gode di un monopolio legale può facilmente offrire beni e servizi su un mercato e quindi essere un'impresa ai sensi dell'articolo 107 del trattato. La nozione di attività economica è una nozione oggettiva, che risulta dai fatti, in particolare dall'esistenza di un mercato per i servizi interessati.

 




MANCATA APPLICAZIONE IMPOSTA SULLE SOCIETÀ ALLA ADSP È AIUTO DI STATO


Utilizzo di risorse statali e imputabilità allo Stato

Secondo la Commissione esentando le AdSP che esercitano un'attività economica dall'imposta sul reddito delle società, le autorità italiane rinunciano a un'entrata che costituisce risorse statali. La Commissione ritiene pertanto che la misura in questione comporti una perdita di risorse statali e che sia pertanto concessa tramite risorse statali.

Vantaggio

Per configurarsi come aiuto di Stato, la misura deve altresì conferire un vantaggio finanziario al beneficiario. La nozione di vantaggio designa non soltanto le prestazioni positive ma anche gli interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa.

Secondo la Commissione esentando le AdSP che esercitano un'attività economica dall'imposta sul reddito delle società, le autorità italiane concedono loro un vantaggio. La Commissione conclude pertanto che la misura in questione conceda un vantaggio alle AdSP




CONCORRENZA VIOLAZIONE

Il fatto che le AdSP siano le uniche entità abilitate a gestire le proprie infrastrutture portuali (e ad offrire l'accesso alle infrastrutture portuali) non mette in discussione l'esistenza di un mercato concorrenziale più ampio, in cui i servizi di trasporto (l'accesso all'infrastruttura portuale) forniti dalle AdSP entrano in concorrenza con i servizi offerti da altri operatori di trasporto stabiliti in Italia e da altri porti o operatori di trasporto stabiliti in altri Stati membri. Gli utenti delle infrastrutture portuali sono liberi di utilizzare altri porti (in Italia o all'estero) e altre modalità di trasporto, per cui le AdSP forniscono servizi in concorrenza con altri operatori nel mercato più ampio dei servizi di trasporto e nel mercato più ristretto dei servizi portuali (altri porti dell'Unione offrono un accesso al mercato dell'Unione — e quindi all'Italia — talvolta in combinazione con servizi stradali, ferroviari o per vie navigabili).

La Commissione ritiene che le AdSP possano competere tra loro e con altri porti in Europa e che pertanto l'esenzione fiscale concessa alle AdSP possa incidere anche sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri.

Inoltre la Commissione aggiunge che, esentando le AdSP che esercitano un'attività economica dall'imposta sul reddito delle società, le autorità italiane concedono loro un vantaggio che può incidere sulla concorrenza.




CONCLUSIONE DELLA COMMISSIONE NELLA DECISIONE


L'esenzione dall'imposta sul reddito delle società a favore delle AdSP italiane costituisce un regime di aiuti di Stato esistente che è incompatibile con il mercato interno.

L’Italia deve sopprimere la esenzione suddetta entro due mesi dalla data di notifica della Decisione. La misura in questione si applica dall'inizio dell'esercizio fiscale successivo all'adozione della misura e al più tardi nel 2022





IL RICORSO AL TRIBUNALE UE DELLE AdSP

Le Autorità di Sistema Portuale hanno presentato ricorso al Tribunale UE per annullare la Decisione della Commissione sopra descritta

Il punto centrale del ricorso riguarda l’elemento, fondamentale per i ricorrenti, rimosso dalla Decisione della Commissione UE, per nella legislazione italiana i porti fanno parte del demanio pubblico inalienabile.






ORDINANZA DELLA CASSAZIONE

La Cassazione con ordinanza n° 27035 del 2021 (QUI) ha affermato che : “… le Autorità Portuali, quali soggetti regolatori e non produttori di servizi portuali, vanno qualificate sul piano sia funzionale, sia finanziario, quali enti pubblici non economici (Cass., Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17930). Tale soluzione, già fatta propria dalla giurisprudenza amministrativa, è frutto della scelta del legislatore - effettuata con la I. 28 gennaio 1984, n. 94 di riordino della legislazione in materia portuale - di adottare per le Autorità portuali il modello della cd. landlord port model, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo sia del territorio, sia delle infrastrutture portuali, affidate alle Autorità portuali, rispetto alle funzioni di gestione del traffico e dei terminali (banchine), affidate a privati, ferma restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture. La natura di ente pubblico non economico dell'Autorità portuale è, poi, confermata dall'evoluzione normativa, la quale qualifica espressamente le Autorità di sistema portuale (ADSP), già Autorità portuali, quali enti pubblici non economici (art. 7, quinto comma, d. Igs. 4 agosto 2016, n. 169). Per effetto di tale impostazione, deve ritenersi che i canoni percepiti dalle Autorità portuali per la concessione di aree demaniali marittime non sono soggetti né ad IVA, né ad IRES, trattandosi di importi corrisposti per lo svolgimento di attività proprie delle finalità istituzionali di tali enti pubblici non economici”.






IL CONTRORICORSO DELLA COMMISSIONE


L’ordinanza della Corte di Cassazione punta tutto sulla natura di ente pubblico non economico ex lege nazionale ed il ricorso delle AdSP sulla proprietà pubblica dei porti ma la Decisione della Commissione, come sopra descritta, è ben più articolata nel motivare le sue conclusioni. In particolare sulla natura di impresa delle AdSP per cui la Commissione ritiene che la concessione dell'accesso ai porti dietro remunerazione (tasse di ancoraggio e tasse sulle merci sbarcate e imbarcate), la concessione di autorizzazioni per le operazioni portuali dietro remunerazione e l'aggiudicazione delle concessioni dietro remunerazione costituiscono attività economiche. La Commissione ritiene pertanto che esse svolgano sia attività non economiche che attività economiche.

La Commissione ha comunque deposito un controricorso (QUI) con il quale ribadisce le tesi espresse nella Decisione sopra descritta contestando puntualmente i motivi del ricorso delle AdSP come di seguito sintetizzato:

1. La natura giuridica dell’ente non è un aspetto dirimente ai fini dell’analisi: quello che conta è la natura delle attività esercitate dall’ente. Non vi è dubbio che anche le entità infrastatali possano esercitare attività economiche: tali entità saranno pertanto imprese ai sensi del diritto della concorrenza, in relazione allo svolgimento di dette attività economiche. La Commissione ha rilevato che le AdSP svolgono anche attività economiche, come per esempio la fornitura di un servizio generale agli utenti dei porti, consentendo l’accesso delle navi all’infrastruttura portuale in cambio di un corrispettivo (rappresentato dai c.d. “canoni portuali”), e la locazione di terreni e infrastrutture portuali a imprese terze, a fronte di una remunerazione. Come confermato anche da questo Tribunale, tali attività costituiscono attività economiche (QUI)

2. Per il diritto della UE sono possibili vari modelli di gestione dei porti, a condizione che il quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e le norme comuni in materia di trasparenza finanziaria siano rispettati. Resta inteso che, a prescindere dal sistema posto in essere dagli Stati membri, deve essere in ogni caso garantito il rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato.

3. È chiaro che l’infrastruttura dei porti italiani non è messa a disposizione di chiunque a titolo gratuito. L’infrastruttura portuale è utilizzata a fini commerciali. Il fatto che le autorità portuali non possano svolgere, né direttamente né tramite società partecipate, “operazioni portuali ed attività ad esse strettamente connesse”, come indicato dall’articolo 6 della legge n. 84/1994, non significa che le autorità portuali non possano svolgere alcuna attività economica. Come chiaramente indicato dalla stessa legge n. 84/1994, il divieto in parola è limitato allo svolgimento di operazioni portuali e attività strettamente connesse.

4. quando si tratta di importi riscossi in contropartita all’accesso delle navi alle infrastrutture portuale, tali importi costituiscono remunerazione per un servizio reso e non una tassa statale come sostengono i ricorrenti.

5. Anche qualora si versasse in un caso dove i canoni sono interamente stabiliti per legge, questo non influirebbe sul fatto che le AdSP mettono a disposizione infrastrutture e terreni dietro il pagamento di un corrispettivo.

6. L’assoggettamento ad IVA non è oggetto della Decisione (questa può essere anche una risposta parziale alla ordinanza della Cassazione sopra riportata).

7. nel momento in cui lo Stato e gli enti pubblici svolgono una attività economica essi si qualificano come imprese e quindi sono soggetti alle norme UE sugli aiuti di Stato.

8. La decisione impugnata dà atto del fatto che l’articolo 74 TUIR esenta lo Stato e altri enti pubblici dall’imposta sul reddito delle società, nella misura in cui le loro attività riguardano l’esercizio di prerogative dei pubblici poteri. La normativa italiana limita pertanto l’esenzione dal reddito sulle società allo Stato e agli altri enti pubblici esclusivamente per le attività che si concretano nell’esercizio di funzioni di pubblica utilità. Tuttavia, considerato che le AdSP svolgono anche attività di natura economica, la decisione impugnata ha ritenuto che qualora l’articolo 74 TUIR venga applicato tout court alle AdSP, anche quando svolgono attività economiche, questo comporta una discriminazione tra imprese che svolgono attività economiche, i cui proventi sono assoggettati all’imposta sul reddito delle società. La Commissione ha invece rilevato che nessuno degli argomenti invocati dall’Italia per dimostrare che le AdSP non sono imprese e non esercitano attività economiche era coerente con l’obiettivo del sistema di tassazione del reddito delle società.

9. È fuor di dubbio che le AdSP, nello svolgimento di attività di natura economica, si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga agli enti che svolgono attività di natura economica e che sono pertanto soggetti ad IRES sui redditi prodotti. Le AdSP, quando svolgono attività di natura economica (come per esempio la gestione delle infrastrutture e la relativa riscossione dei canoni demaniali), non si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga a quella dello Stato e degli enti pubblici nell’esercizio di funzioni di pubblica autorità.

10. Si tenga presente che un ente che dispone di un monopolio legale può senz’altro proporre beni e servizi in un mercato e, pertanto, essere un’«impresa» ai sensi dell’articolo 107 TFUE.72 Ad ogni modo, anche qualora sussistesse un monopolio legale ed in Italia non vi fossero operatori in concorrenza con le AdSP per le attività in questione, è fuor di dubbio che vi è concorrenza a livello UE fra i porti marittimi in particolare sull’asse Nord Ovest Italia/Francia sud , per attirare navi o altri prestatori di servizi.

11. L’assenza di liberalizzazione su un determinato mercato non esclude che vi sia un altro mercato, aperto alla concorrenza. E questo è proprio il caso analizzato nella decisione impugnata, che ha preso in esame anche il più ampio mercato (liberalizzato) dei servizi di trasporto, nel quale le AdSP offrono i loro servizi. Come innanzi ricordato, tale elemento non è stato contestato dalle ricorrenti, che si sono limitate ad affermare che le AdSP non svolgerebbero altre attività oltre a quella dell’amministrazione del demanio pubblico. Le contestazioni mosse dalle ricorrenti in merito al fatto che la Commissione non avrebbe individuato alcuna impresa concorrente delle AdSP (punto 181 del ricorso), non tengono conto delle conclusioni (non contestate dalle ricorrenti) cui è giunta la Commissione nella decisione impugnata, dove – come innanzi ricordato - si è argomentato e concluso che esiste un mercato più ampio, liberalizzato, che è quello dei servizi di trasporto.








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